Tasse record dal 2015, mentre a fronte dell’aumento del potere d’acquisto delle famiglie – dopo due cali consecutivi – i consumi scendono, con una crescita della propensione al risparmio. Ma i dati diffusi dall’Istat parlano anche del Nord est, sul podio per crescita e occupazione rispetto alla media nazionale, e dei profitti delle imprese, ai minimi storici degli ultimi 20 anni. L’Istituto registra infatti che nei primi tre mesi del 2019 la quota di profitto – che riguarda le società non finanziarie e il reddito da capitale ottenuto sul valore aggiunto prodotto – è al 40,7%, in calo di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Si tratta del valore più basso registrato nell’attuale serie storica di riferimento, avviata nel 1999.
Pressione fiscale – Nei primi tre mesi del 2019 è risultata del 38,0%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’istituto nazionale di statistica, specificando che si tratta del picco dal 2015 nel confronto fra trimestri, precisa che anche in questo caso vale solo il confronto annuo, tra stessi trimestri. Nel primo la pressione fiscale mostra un livello più basso rispetto al resto dell’anno. Ripercorrendo a ritroso i livelli registrati dalla pressione fiscale, sempre nel confronto tra primi trimestri, l’Istat ricorda che, appunto, nel 2018 era stata pari al 37,7%, stesso dato rilevato nel 2017, mentre nel 2016 era stata pari al 37,9%. Per trovare un dato superiore a quello del primo trimestre del 2019 si deve torna quindi a inizio 2015, quando era stato toccato un valore pari al 38,9%.
Nord Est sul podio per crescita e occupazione rispetto alla media nazionale – Nella ‘stima preliminare del pil e dell’occupazione territoriale 2018’, si legge che nel 2018 il Pil messo a segno dall’area è stato pari al +1,4%, con una dinamica particolarmente vivace del settore dell’industria in senso stretto che ha registrato un +3,2%. Modesta invece la performance nel Mezzogiorno , +0,4%, nonostante il risultato positivo delle costruzioni con un +4,1%. Sul fronte occupazione il Nord-est segna il +1,1%, +2,3% nell’industria; più contenuti i valori al Sud, nel Mezzogiorno che registra +0,7% ma con un marcato aumento nel settore dei servizi finanziari, immobiliari e professionali +3%.
Consumi e risparmi delle famiglie – Dopo due cali consecutivi, si registra però un aumento del potere d’acquisto delle famiglie, cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,9%. Torna così a segnare un nuovo massimo dal 2012, ma resta ancora sotto il picco pre-crisi, toccato nel 2007 (-5,7%). Per l’istituto si tratta di “un marcato recupero” del reddito che, “grazie alla frenata dell’inflazione, si è trasferito direttamente in crescita del potere d’acquisto”. I consumi delle famiglie nei primi tre mesi del 2019 sono cresciuti in termini nominali dello 0,2%, frenando su base congiunturale (erano aumentati dello 0,6% alla fine del 2018). Invece, la propensione al risparmio delle famiglie è stata pari all’8,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Rapporto deficit-Pil – L’incidenza dell’indebitamento, invece, è lievemente scesa rispetto allo stesso periodo del 2018: nel primo trimestre del 2019 il rapporto tra deficit e Pil, infatti, è stato pari al 4,1%, mentre nello stesso trimestre del 2018 era al 4,2% e a 1,7% nell’ultimo trimestre 2018. L’Istat ricorda che il deficit mostra un andamento stagionale e che il confronto può essere fatto solo su base annua. Nel primo trimestre dell’anno il deficit risulta infatti sempre più alto a confronto con gli altri trimestri. Secondo l’ultimo aggiornamento, l’indebitamento era al 4,2% nel 2018, nel 2017 al 4,0%, nel 2016 al 5,2%. Quanto al saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo, con un’incidenza sul Pil dell’1,3% (-0,9% nel primo trimestre del 2018). In questo caso quindi si rileva un peggioramento. Anche il saldo corrente è stato negativo, con un’incidenza sul Pil dell’1,6% (-1,5% nel primo trimestre del 2018).
Zonaeuro: i rischi da Usa e Uk – L’introduzione dei dazi voluti da Trump e l’incertezza della Brexit possono “condizionare negativamente il percorso di crescita della zona euro”. In particolare, spiega l’Istat nell’European economic outlook, “un ulteriore elemento sfavorevole potrebbe riguardare l’introduzione di nuove tariffe degli Stati Uniti nei confronti delle autovetture provenienti dai paesi europei”. La crescita del Pil nell’area dell’euro dovrebbe subire un rallentamento nel secondo trimestre (+0,3%), per poi accelerare lievemente nella seconda parte dell’anno (+0,4% per entrambi i trimestri successivi).
All’interno di una fase caratterizzata da un forte rallentamento del commercio mondiale e da un aumento dell’incertezza sui mercati, nel primo trimestre del 2019 il Pil nell’area dell’euro è aumentato dello 0,4% (+0,2% nel quarto trimestre 2018). Una crescita che è stata trainata principalmente dalla domanda interna, caratterizzata sia da un andamento positivo dei consumi privati (+0,5%) e, in misura maggiore, degli investimenti fissi lordi (+1,1%), spinti dalla ripresa di quelli in costruzioni. Nel primo trimestre il declino del commercio su scala mondiale ha condizionato l’andamento delle esportazioni e delle importazioni dell’area dell’euro, anche se la domanda estera netta ha fornito un contributo positivo alla crescita del Pil. Il miglioramento dei ritmi produttivi appare diffuso tra i principali paesi seppure con intensità diverse: la Germania ha segnato un significativo recupero (+0,4%) dopo una stagnazione nel quarto trimestre del 2018; Francia e Spagna hanno mantenuto un orientamento positivo (+0,3% e +0,7% rispettivamente) mentre l’Italia ha interrotto la fase negativa che aveva caratterizzato i due trimestri precedenti (+0,1%).