Nel capoluogo lombardo, dove i prezzi delle case salgono alle stelle e c'è un'emergenza abitativa, il dossier sui Giochi punta alla riqualificazione delle aree periferiche e alla futura trasformazione del Villaggio olimpico in alloggi per studenti. Gli esperti: "Importante imparare dagli errori del passato e puntare a una crescita equilibrata. Il rischio è un aumento della polarizzazione, con le fasce deboli ancora più messe ai margini"
Attenzione alle periferie e agli esclusi. Il giorno dopo l’euforia per la vittoria di Milano e Cortina – che regalerà all’Italia le seconde Olimpiadi invernali nell’arco di un ventennio – c’è chi inizia a guardare all’altro lato della medaglia. Che non è solo il pericolo corruzione (per quanto l’impianto sportivo da costruire ex novo sarà soltanto uno) ma anche il timore che l’indotto portato dai Giochi si trasformi in un catalizzatore di diseguaglianze. Soprattutto in una città, Milano, dove i prezzi degli immobili sono già alle stelle, con le zone centrali o semicentrali da tempo off limits persino per la classe media. E dove l’emergenza abitativa e le occupazioni di case popolari sono problemi all’ordine del giorno. Il dossier presentato dall’Italia punta forte sulla riqualificazione di periferie e aree urbane abbandonate: a Rogoredo sorgerà il PalaItalia (il nuovo palazzetto per pattinaggio di figura e short track), al posto dell’ex scalo ferroviario di Porta Romana ci sarà il villaggio olimpico, mentre il Palasharp di Lampugnano, in disuso ormai da otto anni e sporadicamente usato dal Comune come rifugio per senzatetto, diventerà la Milano Hockey Arena.
“Della crescita senza la solidarietà non me ne frega niente”, diceva Sala pochi giorni fa al Corriere della Sera. Aggiungendo: “La politica ha il dovere di indirizzare gli investimenti dove servono: per gli anziani e per i giovani che hanno scelto Milano e fanno fatica perché le case sono troppo care”. Ma esiste il rischio che le Olimpiadi portino una nuova gentrification, trasformando nuovi quartieri in parchi giochi per ricchi? “In questo momento bisogna avere fiducia che non sarà così”, dice a ilfattoquotidiano.it Alessandro Maggioni, presidente di Confcooperative Habitat.
“Un processo di selezione ed esclusione abitativa purtroppo è già in atto a prescindere dalle Olimpiadi e dipende dall’aumento del valore immobiliare. A Milano si vende tutto e si vende a caro prezzo. Se si vuol essere competitivi, però – avverte Maggioni – bisogna puntare a una crescita equilibrata, che non lasci nessuno indietro. Credo che il sindaco ne sia consapevole”. E in questo senso è fondamentale far tesoro degli errori passati: “Torino 2006, per quanto ben organizzata, si è lasciata dietro alcune scorie. Ad esempio le strutture per bob e salto di Cesana e Pragelato, in disuso dalla fine dei Giochi. O l’ex villaggio olimpico, occupato per anni da centinaia di migranti senza fissa dimora”.
E a proposito di villaggio olimpico, il progetto del comitato organizzatore di riconvertirlo in alloggi studenteschi piace agli addetti ai lavori. “Programmare già quello che sarà dopo è fondamentale”, dice Maggioni. “A patto, però, che il tutto sia sostenuto da fondi pubblici e che i prezzi degli affitti siano agevolati, non lasciati al mercato”. “L’idea è molto buona, perché a Miano c’è bisogno come l’aria di posti letto per gli studenti”, conferma Gabriele Pasqui, direttore del Dipartimento di studi umani del Politecnico di Milano.
Centrale, dicono gli urbanisti, è il concetto di legacy, cioè dell’”eredità” che il grande evento lascia alle generazioni future. “Tutto sta nel creare le condizioni affinché lo sviluppo immobiliare abbia un impatto sociale positivo. Il rischio di un aumento della polarizzazione, con le fasce deboli ancora più messe ai margini, è alto. Si può combattere con una pianificazione attenta, avendo ben presente dove si vuole arrivare. Sarà importante riqualificare le strutture e possibilmente, come si pensa di fare per il villaggio olimpico, metterli a disposizione dei giovani: in questo senso è positivo che il 93% degli impianti siano già esistenti. Meno si costruisce, meglio è, perché il rischio è sempre quello di realizzare cattedrali nel deserto”.
“Mi aspetto dall’amministrazione che sia in grado di pensare le Olimpiadi anche come un progetto sociale: che le riqualificazioni non siano isolate, ma parte di un progetto più ampio”, aggiunge Pasqui. “A Milano c’è un problema di disuguaglianze, una tendenza a concentrare spazialmente il disagio al di fuori del centro attrattivo per i più abbienti. Ma una città solo per ricchi non è una città. Raramente le Olimpiadi portano vantaggi in termini strettamente economici, ma se gestite bene possono essere il volano per uno sviluppo sociale a lungo termine. Il sindaco ha parlato tante volte di piani di riqualificazione delle periferie, ma senza mai far seguire i fatti. Questa può essere l’occasione giusta”, conclude Pasqui.