Da una parte la diagnosi è la stessa del ministro dell’Interno Matteo Salvini: “La Sea Watch così si fa pubblicità”. La terapia, invece, no: “Servono corridoi umanitari legali” secondo il vicepremier e capo politico del M5s Luigi Di Maio. “Il Movimento 5 Stelle non ha né il ministero degli Affari Esteri, né quello dell’Interno, né quello dell’Unione europea – scrive – Le politiche dell’immigrazione vanno fatte soprattutto sul lungo periodo. Altrimenti ci aspetta una estate lunga, con gli stessi problemi di sempre!”. Il messaggio è chiaro, il destinatario pure. Mentre il capo del Viminale e della Lega pensa a un “muro” al confine con la Slovenia per bloccare i flussi migratori sulla cosiddetta rotta balcanica, Di Maio cerca, come dice in un post su facebook, una soluzione di “lungo periodo”: “Io non ho tutte le risposte – spiega – Ma se dovremo passare tutta l’estate a litigare con le Ong abbiamo già perso”.

Nella prima parte del post Di Maio evoca una strategia nelle operazioni di salvataggio di Sea Watch: “Siamo diventati il palcoscenico del Mediterraneo – dice – Come mai la Sea Watch neanche prova più ad avvicinarsi a Malta o alla Grecia? Non fa notizia. Hanno preferito restare 14 giorni a largo delle nostre coste anziché chiedere a La Valletta, Madrid o Atene lo sbarco. I governi di questi Paesi sono forze politiche tradizionali Ue (tutti di centrosinistra, ndr). Se uno dei popolari o dei democratici ti nega lo sbarco, i media neanche ne parlano, se lo fa il Governo italiano si mette in moto il carosello. La Sea Watch si fa pubblicità e raccoglie più fondi, così può ripartire”. Quindi, secondo Di Maio, anche la pronuncia della Corte europea dei diritti umani per Sea Watch è diventata una buona notizia: se nega lo sbarco, scrive il ministro dello Sviluppo, è meglio perché “si pubblicizza ancora di più il brand”. “Qualcun altro nel governo gli risponde via social? – continua Di Maio e anche qui il riferimento è solare – Ottimo, ci saranno in tutto il mondo una serie di finanziatori alla Soros pronti ad incrementare i loro bonifici. In mezzo però ci sono le persone. Gli esseri umani. Che sono comparse inconsapevoli di questo grande teatro che sono diventate le acque territoriali italiane. Persone che sono state illuse di trovare la terra promessa in Europa. Dove ci sono decine di milioni di poveri e l’1% della popolazione che possiede il 40% della ricchezza. Quello stesso 1% che si commuove ogni volta che non facciamo sbarcare migranti in Italia, ma che trucida milioni di europei con le operazioni di finanza speculativa o con le loro banche che strozzano le imprese”.

La seconda parte dell’intervento, però, è dedicata alle proposte e qui i destinatari non sono solo a Bruxelles né a bordo delle navi delle ong. “Servono corridoi umanitari legali per chi può venire qui – sostiene il vicepremier – Se entri in Italia lo fai col permesso dei cittadini italiani. Servono più rimpatri delle migliaia di irregolari non identificati che abbiamo nel nostro Paese. Servono Agenzie dell’Unione Europea su suolo africano, serve una alleanza con la Cina per investimenti sostenibili nel continente africano”.

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