Carola Rackete è la capitana della Sea Watch, in questi giorni oggetto di discussione e minacce di inchieste e incarcerazioni. Perché? Perché tiene testa al Capitano con la ruspa in mano. A colui il quale con il decreto sicurezza bis ha rafforzato l’ipotesi di reato per chi tende una mano alle persone, agli esseri umani, che rischiano di crepare in mare. Carola è una donna coraggiosa e come tante altre che sono state redarguite e insultate da haters di estrema destra, perché hanno esposto striscioni con slogan antirazzisti o perché hanno espresso opinioni contro Salvini, ha subito e continua a subire una lapidazione vergognosa da parte di chi – donna o uomo che sia – non fa altro che credere ciecamente nei propri leader e sfogare odio contro colei che non abbassa la testa. Carola è coraggiosa, sfida il maschilismo retrogrado della cultura fascista dell’Italia che “protegge le nostre donne” solo quando le strumentalizza a fini razzisti perché stuprate da uno straniero.
Lei sfida l’ipocrisia, la cattiveria, la perfidia di chi ha perso l’ultimo neurone addetto al controllo dei sentimenti umani. Gente egoista che non ha nulla da fare se non augurare lo stupro alla Capitana. Ed è con la retorica dello stupro, con quella cultura che essi vantano di essere migliori, superiori, ad altre categorie di persone che vorrebbero lasciar annegare in mare. Ecco dunque la superiorità morale di questi coraggiosi eroi della tastiera:
Vergogna a chi scrive queste cose. Vergogna è molta pena per chi soffre di senso di inferiorità nei confronti del pene nero. Stereotipi razzisti e sessisti vanno di pari passo e chi istiga odio contro questa o altre donne che hanno il “difetto” di saper pensare con la propria testa ha un cuore piccolo così.