Aneddoto inedito raccontato dall’ex deputato del M5s, Alessandro Di Battista, durante presentazione del suo ultimo libro “Politicamente scorretto” (Paper First) con il vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, in occasione del Caffeina Festival a Viterbo.
Siamo nel giorno del giuramento del governo gialloverde, il 1 giugno 2018. Di Battista narra i suoi tormenti e le sue incertezze a seguito della sua decisione di non candidarsi lo scorso anno: “Quella notte ero a San Francisco, a casa di un attivista del M5s, Emanuel Mazzilli, che collabora per Rousseau. C’era il fuso orario con 7-8 ore, mio figlio non riusciva a dormire, gli feci il biberon, poi accesi il computer per vedere la diretta del giuramento del governo al Quirinale, dove, peraltro, non sono mai entrato, neanche da studente. Non mi hanno mai invitato – continua – E nella diretta vidi tutti i miei colleghi: Danilo, Giulia Grillo, Luigi, Alfonso Bonafede, Fraccaro. Insomma, tutti i colleghi con cui ho davvero condiviso la trincea politica. Non ve lo nego, in quel momento ho pensato di aver fatto una stupidaggine nell’aver deciso di non candidarmi. Ho sentito un forte rosicamento“.
E aggiunge: “In quel momento ho pensato che anche io avrei avuto la possibilità di entrare nel governo come ministro della Repubblica. Ho anche avvertito le pressioni familiari, con mia mamma che non era d’accordo con la mia decisione di non candidarmi e soprattutto di partire, portandole via il nipotino. Quindi, stavo lì, col fuso orario, con mio figlio che piangeva, in questa casa, il lavoro che non era ancora partito. Poi per fortuna ho ingranato col lavoro e le cose sono andate bene. Però in quel momento ho rosicato. Ho pensato che magari avrei potuto fare il ministro degli Esteri, entrare in Farnesina“.
Di Battista prosegue: “Io in Farnesina ci sono entrato due volte. La prima volta fu per restituire 100 euro che mi prestò l’ambasciata italiana a Cuba. All’epoca, nel 2010, lavoravo per le cooperazioni internazionali e feci un lungo viaggio che durò due anni, girando per l’America Latina in autostop. Nelle ultime 3 settimane ero all’Avana, dove però non funzionavano le carte di credito e io, a un certo punto, avevo soltanto 50 dollari. Mi avevano anche derubato una volta, prendendomi a sassate. E, quindi, io,, squattrinato, sono entrato nell’ambasciata italiana a Cuba per chiedere aiuto. Mi hanno fatto un prestito di 100 euro”.
E conclude: “Tornato in Italia, andai alla Farnesina per restituire i soldi. E lì mi risposero: ‘Lei è il primo che restituisce i soldi’. La seconda volta che entrai nella Farnesina fu quando ero vicepresidente della Commissione degli Affari Esteri. Mi sarebbe piaciuto entrarci per la terza volta da ministro degli Esteri, perché credo tanto in alcune battaglie dell’Italia e nella politica estera, di cui la stampa parla molto poco. Ho fatto, però, altre scelte. In fondo, ogni scelta comporta una rinuncia a qualcosa. E io ho rinunciato a tanto, però ne ho beneficiato di altrettanto”.