La commemorazione dell'attentato di Cosa Nostra che uccise sette membri delle forze dell'Ordine. Il presidente della commissione Antimafia: "Salvini è stato convocato da tempo, spero che il ministro venga prima possibile"
“Bisogna smettere di rappresentare la mafia come una piovra, bensì dovremmo immaginare il fenomeno come un camaleonte, si mimetizza costantemente per provare ad infiltrare l’economia legale”. Queste le parole del Presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, durante la commemorazione della strage di Ciaculli, in cui nel 1963 persero la vita sette uomini delle forze dell’ordine. All’attentato seguì un risveglio (per la verità, momentaneo) dello Stato nella lotta a Cosa nostra che portò all’arresto di quasi duemila persone nei mesi successivi e all’avvio effettivo dei lavori della commissione Antimafia, istituita qualche mese prima. Ed è proprio in commissione, ricorda Morra, “che Salvini è stato convocato” dallo scorso maggio. “La lotta alla mafia passa per la collaborazione fra le istituzioni preposte a combatterla, pertanto spero che il ministro venga prima possibile in commissione”, ha concluso il senatore del M5s. Insieme a Morra, alla commemorazione, erano presenti anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e il pubblico ministero Roberto Tartaglia, sostituto procuratore nel processo trattativa Stato-mafia ed ora consulente della commissione Antimafia.
La strage di Ciaculli
Era la mattina del 30 giugno 1963 quando la questura di Palermo ricevette una telefonata anonima che parlava di un’Alfa Romeo Giulietta sospetta lungo la statale Gibilrossa-Villabate, nei pressi di Ciaculli. Nella notte, vicino a Villabate, era esplosa un’auto davanti alla rimessa del boss di Cosa Nostra Giovanni Di Peri, causando la morte di un meccanico e un macellaio. Venne quindi mandata sul posto una squadra di carabinieri. Appena arrivati, gli agenti videro sul sedile posteriore una bombola a gas agganciata ad una miccia semibruciata e chiamarono gli artificieri, che disinnescarono facilmente l’ordigno. Continuando l’ispezione della macchina però, il tenente Mario Malausa aprì il portabagagli dell’auto, innescando così l’esplosione del tritolo contenuto al suo interno. Morirono in sette. Malausa, il maresciallo Silvio Corrao, il maresciallo Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il maresciallo dell’esercito Pasquale Nuccio e il soldato Giorgio Ciacci. Tre giorni dopo la strage, oltre 100mila persone parteciparono ai funerali delle vittime: la pressione sulle istituzioni fu tale che, una settimana dopo, furono avviati i lavori della prima commissione parlamentare Antimafia della storia repubblicana, bloccata per anni dai partiti di governo sulla motivazione che non vi era alcun problema legato alla criminalità mafiosa in Sicilia. Nei mesi successivi furono arrestate quasi duemila persone. Molte famiglie mafiose si diedero alla macchia, e parecchi boss fuggirono all’estero. La strage di Ciaculli mise così fine alla Prima guerra di mafia, le indagini portarono a sospettare come autori i mafiosi Pietro Torretta, Michele Cavataio, Tommaso Buscetta e Gerlando Alberti. Nessuno dei sospettati venne però rinviato a giudizio. Fu Buscetta, dopo essere diventato colalboratore di giustizia, a dire che Cavataio era l’unico responsabile della strage. Per la strage di Ciaculli non venne condannato alcun esponente di Cosa Nostra.