Macchine rotte, trasbordi vietati da sollevazioni popolari, impianti privati in manutenzione da settimane e almeno mille tonnellate di rifiuti abbandonati in strada. Non si attenua la crisi estiva dei rifiuti a Roma. Una difficoltà che le opposizioni stanno cercando di cavalcare per prendere a spallate il Campidoglio e provare far cadere la sindaca Virginia Raggi. La quale continua a reagire invocando la “guerra dei rifiuti”. Fatto sta che da quasi 5 mesi la prima cittadina è anche assessore all’Ambiente e nonostante abbia deciso di nominare l’attivista e sua collaboratrice Laura Fiorini ad assessore al Verde resta il vuoto politico, perché non avrà la delega ai rifiuti. Ruolo che la Raggi vuole scorporare la delega ai rifiuti. Che quindi resta separata e ancora in capo a lei, bersagliata dagli attacchi istituzionali. L’ultimo, arrivato proprio dalla Regione Lazio, che ha invocato l’emergenza sanitaria allertando i direttori delle Asl capitoline “in merito ai possibili effetti sulla salute pubblica derivanti dalle esposizioni legate all’accumulo di rifiuti solidi urbani”. Una situazione che ha messo in imbarazzo anche il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, costretto a riaprire la cabina di regia sui rifiuti con prima seduta il prossimo 9 luglio.
LA CRISI DI AMA – La grande criticità in questo momento è dovuta alla raccolta, che non funziona. Cosa sta succedendo? Partiamo innanzitutto dalla profonda crisi attraversata dall’Ama Spa, la municipalizzata romana dei rifiuti. L’azienda ha fra il 55 e il 60% dei mezzi di raccolta fermi in officina, alcuni con guasti molto complessi da riparare, anche per l’età media della flotta, superiore ai 10 anni (con picchi di 13-14). Fonti sindacali indicano un aumento dei guasti nel mese di giugno delle cosiddette “macchine madri”, quelle dove i veicoli più piccoli vanno a scaricare i rifiuti da portare poi ai centri di trasferenza. Ognuno di questi mezzi più grandi, fermandosi, tiene bloccati almeno una decina di compattatori, creando rallentamenti in interi quartieri. Questo avrebbe portato il tasso d’impiego degli operatori a scendere sotto il 70%. Nei giorni scorsi era girata anche voce di un possibile “sciopero bianco” dei dipendenti, in realtà smentito da più parti. I rallentamenti nelle riparazioni sarebbero figli soprattutto delle difficoltà economiche della società, con due bilanci non ancora approvati, debiti che superano 1,2 miliardi di euro e rapporti burrascosi con i fornitori dei pezzi di ricambio. E più si accumulano i rifiuti in strada, più la raccolta diventa complessa, più i cittadini fanno male la differenziata.
IL PROBLEMA DEGLI IMPIANTI – Come noto Roma ha anche un problema di impianti. Che questa estate si è acuito a causa della decisione degli operatori privati di effettuare manutenzioni straordinarie ai loro impianti. Dopo il rogo dell’11 dicembre 2018 al tmb Salario, infatti, ad oggi l’unico impianto Ama funzionante per l’indifferenziato è il tmb di Rocca Cencia. Mentre la procura indaga per incendio doloso, il Comune è corso ai ripari aumentando la trasferenza in Abruzzo, in alcuni comuni del Lazio e presso gli impianti di proprietà del gruppo Colari di Manlio Cerroni. A Malagrotta, in particolare, i due tmb oggi gestiti dall’amministratore giudiziario Luigi Palumbo – nonostante l’assoluzione del Supremo vige ancora l’interdittiva antimafia – da maggio stanno funzionando a metà, recependo solo 750 delle 1.250 tonnellate al giorno per le quali sono autorizzati. La manutenzione è iniziata a maggio e durerà almeno fino a ottobre. In un contesto del genere, bisogna portare i rifiuti fuori da Roma, organizzando dei centri di trasbordo all’interno della città. Punti di raccolta che i cittadini non vogliono: al momento funziona solo quello di Ponte Malnome, mentre sia a Saxa Rubra che nell’area dove insisteva il tmb Salario i cittadini sono scesi in strada, sostenuti dalle opposizioni, per evitare l’utilizzo di quei siti.
IL VUOTO POLITICO-TECNICO – Va detto che puntualmente all’inizio dell’inverno e all’inizio dell’estate la città fa registrare picchi di produzione dei rifiuti che poi rientrano rispettivamente dopo le feste natalizie e durante i mesi estivi. È ragionevole pensare che, come ogni anno, da metà luglio in poi – man mano che i romani andranno in ferie – la crisi rientrerà. Ma il punto è un altro. Come detto, all’8 febbraio scorso Roma è senza assessore all’Ambiente. Nonostante i tanti nomi accostati a raccogliere l’interim della sindaca, finora Raggi è riuscita soltanto a nominare Fiorini assessore al verde. È evidente come il già gravoso lavoro di prima cittadina non permetta di gestire al meglio uno degli assessorati più pesanti. Ma non è tutto. Nonostante si conoscessero da mesi i loro nomi, i membri del nuovo cda di Ama hanno preso possesso dei loro incarichi solo dal 20 giugno, quando i vecchi componenti erano stati cacciati il 18 febbraio. La nuova presidentessa, Luisa Melara, è un avvocato, l’ad Paolo Longoni un commercialista e nessuno dei due si è mai occupato di rifiuti. Solo il terzo consigliere, Massimo Ranieri, ha esperienza nel settore ma ha accettato la nomina part-time perché continuerà a dirigere l’azienda dei rifiuti di Lanciano.
A CHI GIOVA L’EMERGENZA – La crisi sta generando malcontento. Ma il rischio più serio è che possa essere cavalcata da chi persegue interessi privati e politici. In queste ore, ad esempio, stanno aumentando i roghi. L’ultimo ha colpito diversi cassonetti a Torrevecchia, mentre nella sera fra mercoledì e giovedì è andata a fuoco una discarica abusiva di 200 mq nel quartiere Gordiani. E ora i media locali stanno iniziando anche a parlare di rischio diossina. È ovvio che se la situazione dovesse degenerare il governo non avrebbe altra scelta che dichiarare l’emergenza rifiuti e commissariare – su questa esclusiva competenza – la città, dando pieni poteri a un commissario che di solito è il prefetto, il presidente della Regione o il ministro stesso. Ma le conseguenze inevitabili sarebbero due: la sfiducia politica (e sostanziale) alla sindaca Raggi con possibile terremoto in Campidoglio e, soprattutto, l’apertura immediata di una discarica dove portare i rifiuti che invadono la città, sul modello di Napoli 2007. Con programmazione per la realizzazione di un inceneritore, proprio come chiesto alcuni mesi fa dalla Lega e dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Oltre alla conferenza dei servizi aperta in regione per una discarica a Pian dell’Olmo – richiesta dal gruppo Maio di Lanciano – c’e’ sempre Manlio Cerroni che da tempo incalza la sindaca per utilizzare circa 200mila metri cubi di spazio presenti nella discarica di Malagrotta (chiusa nel 2013) e per ottenere il via libera a realizzare un termovalorizzatore di nuova generazione.