“Hanno subito ogni tipo di tortura. Abbiamo ascoltato in queste due settimane tante storie terribili”. Le testimonianze dei migranti raccolte dall’equipaggio a bordo della Sea Watch sono simili a quelle di tante altre persone che hanno tentato di scappare dalla Libia. “Uno di loro ci ha raccontato che in Libia a chi non conosceva l’arabo non veniva dato il cibo“. Oscar, uno studente di 26 anni imbarcato sulla nave, spiega che i naufraghi “hanno subito di tutto. Ed erano felici di ricevere tanto affetto sulla nostra nave, dopo avere subito solo torture e angherie. Non capivano perché non potevamo attraccare con la nave al porto e non sapevamo cosa dire. Ma lo abbiamo sempre rassicurati e tranquillizzati”. I migranti hanno dichiarato che “collaboreranno con le indagini”.
La Sea Watch 3, rimasta per 16 giorni al Largo di Lampedusa, è sbarcata sabato nel porto e la capitana, Carola Rackete, è stata arrestata dopo aver forzato il blocco navale delle autorità italiane. Ora rischia fino a 22 anni di carcere per resistenza contro nave da guerra e tentato naufragio. I quaranta migranti a bordo, che durante il blocco avevano minacciato atti di autolesionismo, “hanno avuto paura”, dice Oscar. “Erano tutti spaventati per le scene al porto, non capivano perché la gente gridava e cosa diceva. Ma hanno capito che non erano i benvenuti. Avevano tanta paura”. All’alba di ieri il saluto tra l’equipaggio e i migranti: “Ci siamo abbracciati e loro ci hanno ringraziato soprattutto perché li abbiamo trattati come persone, hanno detto”.
Il racconto dell’equipaggio sullo sbarco
Con la loro comandante in stato di arresto, nessuno nell’equipaggio della Sea Watch mette in dubbio le scelte che ha preso. “È la donna più coraggiosa che io abbia mai incontrato in tutta la mia vita” afferma Oscar. “Siamo tutti orgogliosi di lei, ma siamo anche molto preoccupati per le conseguenze a cui potrà andare incontro. Mi auguro che la giustizia italiana faccia il suo corso, siamo molto fiduciosi”. E racconta il momento in cui è stata presa la decisione di entrare in porto a tutti i costi: “Era più o meno mezzanotte. Ci ha riunito e ci ha annunciato che avremmo raggiunto il porto di Lampedusa”. Lì Rackete avrebbe detto: “I nostri ospiti a bordo non possono continuare a stare in queste condizioni. Hanno già sofferto troppo e non possono continuare a soffrire”. Sull’incidente con la nave della Guardia di finanza, Oscar riferisce che la capitana non voleva “assolutamente fare del male ai finanzieri. La loro imbarcazione all’improvviso si è messa tra noi e la banchina per impedire l’attracco. Io non ho sentito cosa si sono detti il comandante e i finanzieri ma so che ci sono state delle incomprensioni. E so che lei ha chiesto aiuto alla Finanza. Posso dire al 100% che Carola non avrebbe mai messo in pericolo la vita dei finanzieri e che non voleva far male a nessuno.
La situazione nei centri di detenzione
A causa dell’aumento dell’attività della guardia costiera libica i centri di detenzione sono sempre più sovraffollati, con un peggioramento diretto nelle le condizioni dei rifugiati e dei migranti. L’Unhcr stima che almeno 5.400 tra rifugiati e migranti siano detenuti in Libia. Diversi report delle Nazioni Unite, inoltre, hanno denunciato la presenza di una rete di omicidi, torture, stupri di gruppo e violenze nei lager libici. In questi giorni il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha chiaramente affermato che la Libia non è un porto sicuro. “La definizione di porto sicuro viene dalle convenzioni internazionali, queste condizioni per la Libia non ci sono. Non siamo noi a dirlo. So che da questo nascono varie precisazioni di carattere mediatico su convergenze di posizioni o meno, ma è un dato di fatto del diritto internazionale”.
I numeri della crisi in Libia
In Libia, i recenti scontri tra l’esercito del presidente Fayez al-Sarraj e le milizie del maresciallo Khalifa Haftar hanno peggiorato la situazione di insicurezza del paese, politicamente frammentato e dilaniato da anni di conflitti civili. Alcune settimane fa, la nave Mare Jonio della Ong Mediterranea Saving Humans ha segnalato diverse violazioni da parte della Guardia costiera libica nel blocco dei gommoni. L’ultimo rapporto sulla situazione libica dell’Unhcr mostra che, mentre il numero di persone che arrivano in Europa dal Mediterraneo è diminuito, il tasso di mortalità è aumentato bruscamente, in particolare per coloro che tentano la traversata dalla Libia. Oggi, nel Paese sono circa 193.600 gli sfollati interni che non possono tornare alle proprie case. In questa situazione, circa 57.600 i rifugiati e richiedenti asilo sono attualmente registrati presso l’Unhcr in Libia, principalmente da Eritrea (7.719), Etiopia (1.183), Iraq (3.139), Stato di Palestina (7.364), Somalia (3.345), Sudan (10.754), Siria (23.742) e altri paesi (354). Le maggiori rotte terrestri passano da Algeria, Egitto e Sudan.