Dal 9 giugno scorso, centinaia di migliaia di persone stanno manifestando contro il progetto di legge che permetterebbe l’estradizione dei sospetti criminali verso Pechino. Secondo i dimostranti, questo metterebbe i cittadini in balia di un sistema giudiziario opaco e politicizzato, “una minaccia verso lo Stato di diritto”
Manifestazioni, scontri, l’irruzione di 1.500 manifestanti all’interno del Parlamento e le successive cariche della polizia. Nel giorno del 22esimo anniversario della riunificazione con la Cina, nell’ex colonia britannica sono riprese le proteste contro la proposta di legge sulle estradizioni. Nelle principali strade intorno al Parlamento e alle sedi governative, dove questa mattina si è tenuta la cerimonia dell’alzabandiera, ci sono stati scontri e la polizia in tenuta antisommossa è tornata a usare lo spray al peperoncino per disperdere la folla. Secondo gli organizzatori, sono 550mila i manifestanti scesi in piazza, 190mila secondo la polizia.
Gli abitanti di Hong Kong appaiono sempre più decisi a voler difendere l’autonomia e le garanzie democratiche promesse fino al 2047 nell’ambito dell’accordo che nel 1997 ha sancito il passaggio sotto la sovranità di Pechino. Dopo che per ore la folla di manifestanti ha assediato il Parlamento, nel pomeriggio circa 1.500 dimostranti antigovernativi sono entrati nel palazzo, sfondando le barriere di vetro e i cancelli di metallo. I manifestanti hanno occupato l’aula, scrivendo slogan sui muri in legno con lo spray. Sul podio è tornata a sventolare la vecchia bandiera coloniale britannica. Diversi striscioni sono poi stati aperti: “Nessuna violenta rivolta, solo un violento regime”, recita uno tra i più grandi esposti, mentre ci sono più persone, tutte dotate di mascherine e caschi, che si stanno alternando in brevi discorsi al megafono.
La polizia ha tentato di scoraggiarli dal compiere azioni illegali che avrebbero comportato, è stato ricordato con l’ausilio del megafono, “l’arresto immediato”. Inizialmente, gli agenti in tenuta antisommossa hanno deciso di non intervenire e di retrocedere, evitando così lo scontro diretto, anche se poi hanno lanciato un avvertimento ai dimostranti: “Andate via o aspettatevi l’uso della forza appropriata“. Sono passati pochi minuti dall’ultimatum e le forze di sicurezza, a mezzanotte ora locale, hanno deciso di caricare le persone assiepate davanti al Parlamento per disperdere la folla, mentre dentro gli organizzatori discutevano se liberare l’aula o continuare la protesta. Le forze dell’ordine hanno alzato la bandiera nera segnalando il lancio dei lacrimogeni. I dimostranti, alcuni dei quali hanno iniziato a usare l’acqua per limitarne gli effetti, hanno risposto con il lancio di mattoni e ombrelli. Ma dopo tre ore di occupazione dell’aula, gli agenti hanno annunciato di averne ripreso il controllo.
Anche il governo del Porto Profumato ha accusato di “violenza estrema” i manifestanti, denunciando in una nota l’irruzione all’interno del palazzo del Parlamento: i manifestanti “radicali hanno preso d’assalto il complesso del Consiglio legislativo con una violenza estrema – si legge – Questi manifestanti hanno messo seriamente a repentaglio la sicurezza degli agenti di polizia e il pubblico, atti così violenti sono inaccettabili per la società”.
A partire dal 9 giugno scorso, centinaia di migliaia di cittadini stanno manifestando contro il progetto di legge che permetterebbe l’estradizione dei sospetti criminali dalla città verso la Cina continentale. Ciò che i dimostranti temono è che la legge consenta al governo cinese di far estradare anche i numerosi dissidenti politici residenti nella città. Secondo i manifestanti, la legge metterebbe i cittadini in balia di un sistema giudiziario cinese opaco e politicizzato. In una delle proteste, a prendere posizione erano stati migliaia di avvocati di Hong Kong che avevano sfilato contro quella che definiscono “una minaccia verso lo Stato di diritto”.