Gli scarpini neri appena macchiati dall’erba. I calzettoni rossi che arrivano fin sotto le ginocchia. Le gambe nude, sudate, avvolte da un paio di pantaloncini blu e la maglietta gialla, con il numero 2 stampato sul petto. Sono i Mondiali del 1994 e disteso a terra, con le mani che gli coprono il viso, c’è Andrés Escobar Saldarriaga. Indossa la divisa della Nazionale colombiana e ha appena segnato, ma nella porta sbagliata. Questa è la sua storia. La storia di un sogno e di una vita spezzati troppo in fretta. La storia di un campione ucciso per un autogol.
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Andrés Escobar, 25 anni fa l’autogol che fece scoprire al mondo i legami tra il calcio colombiano e i cartelli della droga
I Cafeteros che si presentano a Usa ’94 sono una Nazionale imbottita di talento. Sul campo finisce malissimo, con l'autorete del difensore che sancisce l'eliminazione al primo turno; fuori va anche peggio: l'altro Escobar viene ucciso all'esterno di una discoteca dai sicari dei narcos, che hanno perso milioni a causa del flop colombiano al torneo iridato
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