In Germania torna lo spettro del Dieselgate. Il nuovo capitolo di quella che sembra essere una storia infinita riguarda, stando ad un’inchiesta del quotidiano Handelsblatt e della radio pubblica bavarese Bayerische Rundfunk, Audi. La casa dei Quattro Anelli avrebbe utilizzato dispositivi illegali di controllo delle emissioni per le sue motorizzazioni diesel di più elevata cubatura mentre, ed è una delle cose che più sta pesando nell’opinione pubblica tedesca, l’ufficio federale incaricato dei controlli avrebbe chiuso un occhio.
Secondo gli ottantamila documenti presi in esame dalle due testate, fino a gennaio 2018 le strategie usate dalla casa tedesca sarebbero state almeno quattro (nominate nei documenti con le lettere da A a D): tutte mirate a manipolare i gas di scarico dei propri motori Euro 6 di grosse dimensioni, al fine di farli risultare più “puliti” durante i test in laboratorio rispetto a quanto lo fossero su strada in condizioni reali. Il metodo usato sarebbe simile a quanto visto anche in passato: un software illegale in grado di alterare le emissioni sul banco di prova.
Il “taroccamento” dei motori (probabilmente i 3.0 tdi), utilizzati anche per altri marchi del gruppo come Volkswagen e Porsche, riguarderebbe oltre 200 mila auto, di cui 150 mila richiamate dalla KBA. Ma proprio la motorizzazione tedesca, ovvero l’organo preposto ai controlli è nell’occhio del ciclone: viene accusata di non aver compiuto il proprio dovere, avendo permesso di fatto l’illecito.
Situazione aggravata dal fatto che gli uffici dell’ente non erano attrezzati per effettuare test di prova, fidandosi di fatto dei dati presentati dal costruttore. Il tutto, in un clima di ostruzionismo: pare fossero gli stessi funzionari del KBA a “scoraggiare” i tecnici all’approfondimento di certe questioni e ostacolare il lavoro degli inquirenti (in primis, quelli della Procura di Monaco di Baviera), in questo sostenuti dall’ex ministro dei trasporti federale Dobrindt, molto solerte nell’accusare Fca per le presunte emissioni elevate della Fiat 500X ma a quanto pare non altrettanto nel perseguire gli eccessi dell’industria dell’auto tedesca, di cui anzi è sempre stato considerato uno strenuo (anche troppo, visti gli eventi) sostenitore.
L’attuale ministro dei Trasporti, Andreas Scheuer, ha provato a difendere (“Non abbiamo permesso nulla di illegale”) sia la KBA che Dobrindt. Ma forse invano, dal momento che lo stesso ex ministro, insieme all’ex capo della motorizzazione tedesca Ekhard Zinke, sono persone che potrebbero finire presto nel registro degli indagati della Procura bavarese. Se l’indagine provasse un coinvolgimento anche delle istituzioni, eventualità possibile date le circostanze, non potrebbero non esserci ripercussioni anche sull’industria dell’auto tedesca.