I numeri della semestrale italiana dell'auto parlano di una flessione le cui cause, secondo il Centro Studi Promotor, vanno ricercate "sia nel quadro economico che in fattori negativi specifici del comparto”. Buone performance per Suzuki, Volvo, Renault e Mazda, perde terreno invece l'azienda italo-americana
Al giro di boa semestrale il mercato italiano dell’auto arriva con discreto affanno: a giugno le immatricolazioni sono calate del 2,08% a 171.626 unità, mentre nel consuntivo dei primi sei mesi del 2019 la flessione è del 3,52%, a 1.082.197 immatricolazioni (erano 1.121.649 del gennaio-giugno 2018). Il risultato che si va delineando, quindi, è che l’anno in corso difficilmente replicherà i numeri del 2018, quando si era toccato il picco di 1.910.564 registrazioni.
Questo perché, secondo il Centro Studi Promotor, “non ci sono le condizioni per una ripresa nel secondo semestre”. Anzi, la metà dei concessionari si attende una domanda ridotta nei prossimi mesi. Secondo le stime, il computo complessivo del 2019 dovrebbero attestarsi a 1,83 milioni di pezzi. Per Gian Primo Quagliano, presidente di CSP, “gli elementi che determinano l’attuale insoddisfacente situazione del mercato italiano dell’auto vanno ricercati sia nel quadro economico che in fattori negativi specifici del comparto”: economia stagnante, fine del superammortamento per le auto aziendali e demonizzazione del diesel.
“Occorre un’indagine conoscitiva sull’auto in Italia per identificare gli strumenti necessari al rilancio di questo settore nel nostro Paese”, sostiene l’onorevole Gianluca Benamati, Vicepresidente Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo: “Il sistema dell’auto vale in Italia circa 195 miliardi all’anno e rappresenta l’11% del Pil. Ma soprattutto è un settore che dà occupazione al nostro Paese, con 66.000 addetti diretti nella produzione e più di 250.000 nell’indotto. Questo settore sta attraversando un periodo di cambiamento, da un lato a causa di una rivoluzione verde, che punta alla decarbonizzazione totale dei trasporti e della mobilità, e dall’altro una rivoluzione digitale. È importante trovare uno strumento per avere chiara la situazione del nostro settore auto e identificare misure necessarie per cogliere le opportunità offerte dalla rivoluzione verde e da quella digitale”.
Perl’Unrae, l’associazione delle case automobilistiche estere, serve rivedere la fiscalità del settore per poterlo rilanciare, a cominciare da quella del bollo auto: una misura che “può determinare un veloce rinnovo del parco circolante, intervenendo sui veicoli più anziani e quindi più inquinanti e meno sicuri, senza penalizzare i veicoli di ultima generazione, innovativi e puliti”, sostiene il presidente Michele Crisci.
Analizzando la struttura del mercato nel primo semestre 2019, emerge che il diesel è in picchiata: tale alimentazione, infatti, fa segnare un -23,9% (-28% al netto del noleggio) e la sua quota di mercato scende di oltre 11 punti, al 42,7% del totale. Di contro, sono in forte crescita le auto a benzina: +24,5% nel semestre (+19,7% al netto del noleggio), intorno al 43% di rappresentatività sia sul mese sia sul cumulato semestrale. Lievitano le immatricolazioni di ibride, al +30,2% nel semestre (+32,1% depurate dal noleggio) e al 5,3% di quota sul totale. Il Gpl sale del 5,3%, fermandosi al 6,7% di quota nel periodo gennaio-giugno. Il metano perde circa 1/3 dei volumi immatricolati, fermandosi all’1,6% del computo. Le vetture elettriche crescono del +120,2% ma la loro quota di mercato è di appena lo 0,5% del totale.
Fra i grandi costruttori, nel periodo gennaio-giugno scende FCA – fa segnare un -12% con immatricolazioni che passano da 304 mila a 268 mila –, sale PSA (da 170 mila pezzi a 176 mila con un +3,73%) ed è stabile gruppo Volkswagen con un +0,9% (da 162 mila a 163 mila unità). Bene Renault col suo più 5,7% e 114 mila auto consegnate e male Ford, -12,4% con 67 mila immatricolazioni. Sale Toyota, +5% e 53 mila unità, scende gruppo Daimler, che lascia sul terreno il 5,3%, fermandosi a 47 mila pezzi. Stagna BMW: -0,5% e 44 mila pezzi. In calo le coreane Kia e Hyundai, che perdono rispettivamente il 4,7% e il 12% e insieme valgono poco più di 50 mila auto, equamente divise fra i due marchi. Sta messa peggio Nissan: -26%, con vendite passate da 34 mila a 25 mila pezzi. Balzo in avanti di Suzuki: +15,3% e oltre 20 mila immatricolazioni. Mentre continua a flettere Jaguar Land Rover: -13,4% e poco meno di 14 mila registrazioni. In salita Volvo (+21% e quasi 11 mila auto) e Mazda (+5,7% e 6,3 mila unità).