“Nessuno ci ha mai intimidito. Non le pallottole, non il tritolo, non le oscene manifestazioni della politica sulle scalinate di questo tribunale”. È con questa frase che il presidente dell’Anm, Luca Poniz, replica a distanza – e senza mai citarlo – a Matteo Salvini. Uno scontro cominciato nella serata di martedì, quando il ministro dell’Interno ha attaccato il gip di Agrigento, Alessandra Vella, rea di non aver convalidato l’arresto della comandante della Sea Watch Carola Rackete e non ha disposto nei confronti della giovane tedesca nessuna misura cautelare. “Mi vergogno di chi permette che in questo paese arriva il primo delinquente dall’estero e disubbidisce alle leggi e mette a rischio la vita dei militari che fanno il loro lavoro”, aveva detto il leader della Lega. Che in giornata era tornato ad attaccare direttamente il giudice siciliano: “Nessuno mi toglie dalla testa che quella di Agrigento è una sentenza politica. Togliti la toga e candidati con la sinistra”, le parole del vicepremier. Dalle quali dissente il ministro della giustizia, Alfonso Bonafede: “Le sentenze si rispettano. Tutte e di qualsiasi segno. Si può essere d’accordo o meno su una sentenza, ma non si dovrebbe arrivare ad attaccare il singolo magistrato, dicendogli di togliersi la toga e candidarsi”.
Le parole di Salvini, però, provocano la replica dell’Associazione nazionale magistrati. “Quando un provvedimento risulta sgradito al ministro dell’Interno, scatta immediatamente l’accusa al magistrato di fare politica“, scrive l’Anm in una nota diffusa per denunciare “ancora una volta, commenti sprezzanti verso una decisione giudiziaria, disancorati da qualsiasi riferimento ai suoi contenuti tecnico-giuridici, che rischiano di alimentare un clima di odio e di avversione, come dimostrato dai numerosi post contenenti insulti e minacce nei confronti del gip di Agrigento pubblicati nelle ultime ore”. Il sindacato delle toghe sottolinea come gli attacchi ai giudici siano legati a sentenze contrarie alle volontà del leader della Lega. “Quando un provvedimento risulta sgradito al ministro dell’Interno, scatta immediatamente l’accusa al magistrato di fare politica. Appare poi estremamente grave la prospettazione di una riforma della giustizia finalizzata a selezionare i magistrati in modo che assumano esclusivamente decisioni gradite alla maggioranza politica del momento”.
Parole simili a quelle usate dai consiglieri togati del Csm, secondo i quali alcuni esponenti politici hanno fatto “commenti sprezzanti che trascendono in insulti che alimentano un clima di delegittimazione ed odio nei confronti del Gip di Agrigento, come si evince dal tenore dei numerosi post di minacce e insulti pubblicati sui social nelle ultime ore”. I magistrati eletti a Palazzo dei Marescialli hanno dunque chiesto l’apertura di una pratica a tutela dell’indipendenza ed autonomia della giurisdizione. Salvini, nel frattempo, aveva già replicato: “Io non entro in casa altrui però con quello che stiamo leggendo sulle spartizioni di poltrone e procure a cura di qualche magistrato penso che siano gli ultimi che possano dare lezioni di morale a chiunque. Sentire che Salvini è il problema di questo Paese mi sembra veramente folle”.
Un riferimento diretto, quello di Salvini, legato allo scandalo che ha coinvolto il Csm nelle ultime settimane. Ed è per questo motivo che sulla polemica tra il Viminale e i magistrati interviene direttamente Poniz, presidente dell’Anm: “Ho letto oggi una dichiarazione che trovo inaccettabile perché violenta e che respingo al mittente, che i magistrati per colpa di queste vicende hanno perso la loro credibilità. Questo va respinto con forza, perché noi siamo i magistrati italiani, siamo parte della storia migliore di questo paese. Nessuno ci ha mai intimidito non le pallottole, non il tritolo, non le oscene manifestazioni della politica sulle scalinate di questo tribunale”, ha detto senza mai citare esplicitamente Salvini o altri politici. Ma evidenziando che i magistrati sono la “parte della storia migliore di questo paese, vogliamo continuare a esserlo”. E ancora: “Facciamo parlare il nostro lavoro, la quotidianità del nostro lavoro e del nostro impegno. Nessuno ci ha mai intimidito. Non le pallottole, non il tritolo, non le oscene manifestazioni della politica sulle scalinate di questo tribunale”.