L’Istat aveva già parlato della fuga degli italiani all’estero nella relazione annuale e ora nel dossier sul bilancio demografico affronta il tema del saldo migratorio. Nel 2008 le persone che hanno lasciato il nostro Paese sono state quasi 157mila, con un aumento di 2mila unità rispetto al 2017. Le iscrizioni in anagrafe dall’estero si sono ridotte da quasi 500mila del 2008 a 332mila del 2018 mentre le cancellazioni dall’anagrafe per l’estero sono aumentate in maniera marcata, passando da 80mila a 157 mila nel decennio. Il saldo migratorio con l’estero si è quindi ridotto a 175mila unità nel 2018. Nel 2018 gli iscritti in anagrafe provenienti da un Paese estero sono diminuiti del 3,2% rispetto al 2017. Sono soprattutto cittadini stranieri (85,9%) anche se gli italiani che rientrano dopo un periodo di emigrazione all’estero sono in crescita rispetto al 2017 (+10,5%). Sono soprattutto gli uomini a scegliere di trasferirsi in Italia (55,7%), contrariamente a quanto avvenuto in tutto il decennio precedente, quando nei flussi di iscrizioni dall’estero erano le donne a prevalere.
Sul tema degli italiani all’estero è intervenuto anche il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che nel suo intervento di apertura dell’assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie) alla Farnesina, sottolineando il valore delle comunità degli italiani all’estero nella reputazione del Paese, ha detto: “Io non credo al mito della fuga dei cervelli, credo che il legame con l’Italia non si perda, e che il desiderio di rappresentare l’Italia all’estero e di rientrare, se c’è la possibilità, sia comune a tutti”. Un fattore che è emerso anche in decine di storie raccontate in questi anni da ilfattoquotidiano.it, ma il tema della fuga degli italiani all’estero è tutt’altro che un “mito” e , soprattutto, non è trascurabile.
A dirlo sono i rapporti di Migrantes e dell’Istat, che nella relazione annuale ha rilevato la perdita di 420mila italiani dal 2008. Un fenomeno che per il presidente della Camera Roberto Fico mette anche a rischio il futuro del Paese. E pure i dati di Almalaurea mettono in luce una crescente propensione all’emigrazione dei nostri laureati e lancia l’allarme sul Sud, “che fra 10 anni rischia di essere un guscio vuoto”. Tendenze evidenziate anche da Ceps, think tank basato a Bruxelles, che nello studio EU Mobile Workers: A challenge to public finances? ha rilevato il “brain drain” (cioè la fuga dei cervelli che non viene compensata da altri arrivi) che ha subito l’Italia tra il 2007 e il 2017, anni in cui allo stesso tempo ha dovuto fare fronte a “un’immigrazione netta delle due classi di preparazione più basse”. E in base ai dati Aire nell’ultimo anno sono 123.193 quelli che hanno deciso di trasferire la residenza all’estero. Un numero che equivale alla popolazione di Monza o Pescara.