A novembre i minorenni hanno segregato e bullizzato un loro conoscente in un garage della cittadina lombarda. Oggi il Tribunale per i minorenni di Milano ha emesso la sentenza di condanna sulla scorta della legge entrata in vigore un anno fa
A novembre scorso quattro quindicenni hanno segregato e picchiato un coetaneo in un garage di Varese: per questo motivo sono stati condannati per tortura. È una decisione a suo modo storica quella del Tribunale per i minorenni di Milano, visto che è la prima volta che in Italia a qualcuno viene inflitta una pena per questo tipo di reato. La conferma è arrivata direttamente dal procuratore Ciro Cascone. La legge che ha introdotto nel nostro Paese il reato di tortura risale a poco più di un anno fa e, ha spiegato Cascone, “la cronaca giudiziaria ha registrato finora due sue applicazioni”, accomunate dal fatto di “essere intervenute nell’ambito di rapporti orizzontali” su soggetti non ancora maggiorenni. La prima, ha proseguito il procuratore, “è l’ordinanza del 23 novembre 2018 del Gip del Tribunale per i minorenni di Milano” che ha portato all’arresto dei quattro giovanissimi, “e per la quale oggi il Gup ha emesso sentenza di condanna“.
La seconda, ha aggiunto, “riguarda i fatti avvenuti in provincia di Taranto”, ovvero i sei minorenni accusati, in concorso con altri due maggiorenni, “indiziati dei delitti di tortura aggravata, danneggiamento aggravato, violazione di domicilio e sequestro di persona”, nei confronti di un uomo di 66 anni, “individuato quale ‘bersaglio’ per le sue condizioni di minorata difesa, in quanto solo ed affetto da disturbi psichici”, e poi poi deceduto in ospedale. Al netto dell’unicità della sentenza, da registrare il commento dell’avvocato difensore del 15enne bullizzato: “Soddisfazione per la condanna equa e avvenuta in tempi brevi, una particolare attenzione al caso, come era giusto” ha detto Augusto Basilico. Il giovanissimo, vittima per ore di pestaggio e sevizie, ha riferito il legale, “sta meglio, ma rivivere la vicenda con il processo, seppur a distanza, lo ha turbato”. Poi ha concluso: “Ora si vedrà quando torneranno liberi, speriamo che per allora avranno maturato il pentimento e non ci siano più contatti con il mio assistito”.