Non solo Whirlpool e Jabil: c’è anche Bosch tra le multinazionali che minacciano di lasciare a casa centinaia di lavoratori italiani. La scorsa settimana il colosso tedesco della tecnologia per auto ha annunciato 620 esuberi dallo stabilimento di Modugno (Bari), il maggiore tra i 19 presenti nel nostro Paese e la seconda industria pugliese per numero di occupati dopo l’ex Ilva di Taranto. A rischio un terzo dei 1.840 dipendenti del sito, circa un decimo della forza lavoro complessiva di Bosch Italia.

Tutto, dice l’azienda, per colpa del Dieselgate: da almeno due anni l’intera divisione automotive vive profonde difficoltà dovute alla flessione delle vendite di auto a gasolio. Una tendenza iniziata con lo scandalo dei dati sulle emissioni truccati in Europa e negli Usa, che non dà segno di volersi invertire. E a farne le spese potrebbero essere gli operai di Bari, specializzati nella produzione di pompe per sistemi common rail. Per questo i sindacati chiedono con urgenza investimenti ambiziosi nella riconversione verso l’elettrico, promessi dal 2017 ma, dicono, attuati solo in minima parte. La Regione Puglia si dice disposta a finanziare i corsi di formazione necessari “purché si inseriscano in un piano industriale di ampio respiro e tra qualche anno non ci troviamo punto e a capo”, puntualizza l’assessore allo Sviluppo economico Cosimo Borraccino. Bosch, da parte sua, comunica la “ferma volontà nel proseguire l’implementazione del piano di riconversione che, da circa 20 mesi, vede impegnate tutte le forze e le energie aziendali”. 

Fino a 10 anni per la riconversione
I primi esuberi (ben 800) dovuti alla crisi del diesel l’azienda li aveva annunciati oltre due anni fa. La situazione era poi rientrata con un accordo siglato a ottobre 2017, che grazie a un mix di cassa integrazione al 53%, permessi e ferie blindava i livelli occupazionali fino al 2022. Con il fondamentale impegno del gruppo tedesco a diversificare la produzione per arrivare, entro quella scadenza, a quota zero esuberi. Il 27 giugno, in un incontro al ministero dello Sviluppo Economico, la doccia fredda per i sindacati: “Nonostante gli sforzi, le proiezioni della sovracapacità produttiva alla fine del 2022 raccontano di un potenziale esubero pari a circa 620 persone”, fa sapere Bosch. La causa, spiegano, è il “vertiginoso ed incontrollato calo dei volumi derivante dalle forti incertezze caratterizzanti l’attuale mercato diesel. La Bosch Bari ha perso la metà dei volumi del proprio prodotto di riferimento in soli 24 mesi”. E “dinanzi a tali dinamiche di mercato”, conclude, il tempo è “un fattore fondamentale. La completa riconversione di un sito come quello barese (in termini di processi produttivi, macchinari e persone) potrebbe richiedere fra i 5 ed i 10 anni”.

I sindacati: “Investimenti assenti”
Eppure l’azienda, nel complesso, non è affatto in cattiva salute: il 21 giugno scorso Bosch Italia presentava a Milano il bilancio annuale vantando un volume d’affari pari a 2,5 miliardi di euro. Nonostante ciò, i sindacati denunciano che gli investimenti promessi si sono visti poco o per niente. “Tutto ciò che è arrivato – spiega a ilfattoquotidiano.it Saverio Gramegna, segretario Fiom Cgil Bari – sono alcune piccole produzioni meccaniche spostate a Bari dagli stabilimenti emiliani di Nonantola, Pavullo e Vezzano, nemmeno tutte ancora a pieno regime. In più è stato annunciato (per ottobre, ndr), l’avvio di una nuova linea per realizzare un componente del motore per le e-bike, le biciclette elettriche. Ma si tratta in ogni caso di soluzioni tampone, sufficienti a far rientrare una cinquantina di esuberi o poco più”. “Ciò che servirebbe – prosegue – è un investimento coraggioso da parte dell’azienda, che da leader nel settore sta già ragionando sulla mobilità del prossimo decennio. Ecco, io dico: qualunque idea abbiate in mente, portatela a Bari, anche come riconoscimento degli ottimi risultati sempre ottenuti da questo sito produttivo. Immagino un prodotto completamente nuovo e green, che sia diesel a impatto zero, elettrico o a idrogeno, realizzato con il know-how e le competenze maturate in tanti anni dagli operai di Modugno. Solo così lo stabilimento si può salvare. Ma bisogna fare presto, perché il 2022, industrialmente parlando, è domani”.

La Regione: “Disposti a finanziare un progetto ambizioso”
Coraggio è quanto chiede ai vertici di Bosch anche la Regione Puglia, che attraverso l’assessore allo Sviluppo economico sta seguendo con attenzione la crisi. “Siamo disponibili a co-finanziare un programma di investimenti, a patto di condividere con l’azienda una politica industriale di lungo respiro, che di certo non può comprendere esuberi e non può basarsi solo sulle e-bike”, dice l’assessore a ilfatto.it. “Fino a ora abbiamo sentito ragionamenti monchi, dal fiato corto. Proviamo ad essere più ambiziosi. Certo, io ho qualche dubbio sulla effettiva volontà dell’azienda di tutelare i posti di lavoro. Se continua così, credo che nel 2022 620 lavoratori andranno a casa per mancanza di volontà di investire sull’ibrido e sull’elettrico. La Regione, comunque, si batterà fino all’ultimo per difendere un’industria strategica e fondamentale per il nostro territorio”.

E sulla vicenda è intervenuto anche il deputato di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, ex assessore pugliese nella giunta di Nichi Vendola, che annuncia un’interrogazione in Parlamento. “È inaccettabile che siano i lavoratori a pagare le crisi di mercato, peraltro causate dai dirigenti delle aziende”, scrive. “Che intenzioni ha il governo al riguardo? Avete sentito qualcuno dei nazionalisti al governo parlare della vicenda? Dov’è Salvini?”, si chiede.

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