Quattro anni e mezzo per l'ex presidente di Generali, 3 e mezzo per il banchiere milanese. Ci sarà un terzo processo d'appello per decidere pene accessorie su incarichi societari e pubblici uffici
Cesare Geronzi e Matteo Arpe sono stati condannati in via definitiva per il crac delle acque minerali Ciappazzi, filone dell’inchiesta Parmalat. I giudici della Cassazione hanno deciso una pena di 4 anni e mezzo per il primo e 3 anni e mezzo per il secondo. Sono stati condannati anche Roberto Monza e Antonio Muto a 3 anni e due mesi ciascuno, Riccardo Tristano a 3 anni e Eugenio Favale a 2 anni e 2 mesi.
Una richiesta di revisione dell’intero processo è stata presentata dai legali di Arpe sulla base dell’emersione di un nuovo quadro probatorio, con procedimento incardinato alla Corte di Appello di Ancona. Arpe, presidente del gruppo finanziario Sator da lui fondato, attualmente non è nel cda di istituzioni bancarie quotate e quindi non incorre nel rischio di decadere secondo le norme di rispettabilità della Bce.
Sarà la Corte di Appello di Bologna, che per la terza volta si occuperà del processo per il crac Ciappazzi, a stabilire quale sarà la durata delle pene accessorie da applicare agli imputati. E’ comunque passata in giudicato la condanna penale. I giudici dell’appello tris dovranno stabilire per quanto tempo gli imputati saranno inibiti dal ricoprire incarichi societari e pubblici uffici.