Nel 2018 cala, seppur di poco, il bilancio complessivo dei reati ambientali, che passa dagli oltre 30mila illeciti nel 2017 ai 28.137 (più di 3,2 ogni ora) accertati lo scorso anno, soprattutto a causa della netta flessione degli incendi boschivi (-67%). La Campania è in testa alla classifica regionale per numero di reati ambientali, mentre tra le province con il più alto numero di illeciti ci sono Napoli, Roma e Bari. Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso si è concentrato quasi il 45% delle infrazioni, pari a 12.597
Impennati i reati nel ciclo del cemento e nell’agroalimentare, ma aumentano anche quelli nel settore dei rifiuti e contro gli animali. La Campania è in testa alla classifica regionale per numero di reati ambientali, mentre tra le province con il più alto numero di illeciti ci sono Napoli, Roma e Bari. Sono i dati di ‘Ecomafia 2019. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia’ raccolti da Legambiente nel suo report annuale. Un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato alle ecomafie 16,6 miliardi di euro, 2,5 in più rispetto al 2017 e che vede attivi in tutta Italia 368 clan, censiti da Legambiente. Nel 2018 cala, seppur di poco, il bilancio complessivo dei reati ambientali, che passa dagli oltre 30mila illeciti nel 2017 ai 28.137 (più di 3,2 ogni ora) accertati lo scorso anno, soprattutto a causa della netta flessione degli incendi boschivi (-67% nel 2018) e, in parte, della riduzione dei furti di beni culturali (-6,3%). “Con questa edizione del rapporto – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – vogliamo dare il nostro contributo per riequilibrare il dibattito politico nazionale troppo orientato sulla presunta emergenza migranti e far sì che in cima all’agenda politica del nostro Paese torni anche il tema della lotta all’ecomafie e alle illegalità”.
I DATI DEL RAPPORTO – Se diminuiscono le persone denunciate (35.104 contro le oltre 39mila del 2017), gli arresti (252 contro 538) e i sequestri (10mila contro gli 11.027 del 2017), sul fronte dei singoli illeciti ambientali, nel 2018 aumentano sia quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti che si avvicinano alla soglia degli 8mila (quasi 22 al giorno) sia quelli del cemento selvaggio che nel 2018 sono 6.578, con una crescita del +68% (contro i 3.908 reati del 2017). Un incremento che si spiega anche con il fatto che, per la prima volta, rientrano nel conteggio anche le infrazioni verbalizzate dal Comando carabinieri per la tutela del lavoro, in materia di sicurezza, abusivismo, caporalato nei cantieri e indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, guadagni ottenuti grazie a false attestazioni o missione di informazioni alla Pubblica amministrazione. Nel 2018 sono di più anche le illegalità nel settore agroalimentare: sono 44.795, quasi 123 al giorno, le infrazioni ai danni del made in Italy (contro le 37mila del 2017) e il fatturato illegale – solo considerando il valore dei prodotti sequestrati – tocca i 1,4 miliardi (con un aumento del 35,6% rispetto all’anno). In leggera crescita anche i delitti contro gli animali e la fauna selvatica con 7291 reati – circa 20 al giorno – contro i 7mila del 2017. Calano invece “grazie a condizioni meteoclimatiche sfavorevoli agli ecocriminali”, gli incendi boschivi: un crollo da 6.550 del 2017 ai 2.034 del 2018.
LA LEGGE SUGLI ECOREATI – Legambiente è critica sul lavoro del governo Conte contro le illegalità ambientali, dall’approvazione del condono edilizio per la ricostruzione post terremoto sull’isola di Ischia e nelle zone del cratere del Centro Italia, al decreto Sblocca cantieri “con cui ha allargato le maglie dei controlli necessari per contrastare infiltrazioni criminali e fenomeni di corruzione”. La buona notizia è che anche nel 2018 si conferma la validità della legge 68/2015 sugli ecoreati che “sin dall’inizio della sua entrata in vigore (giugno 2015) – sottolinea l’associazione – sta dando un contributo fondamentale nella lotta agli ecocriminali”. Nel 2018 la legge è stata applicata dalle forze dell’ordine per 1.108 volte, più di tre al giorno, con una crescita pari a +129%. La fattispecie dell’inquinamento ambientale è ancora quella più applicata: 218 contestazioni, con una crescita del 55,7% rispetto al 2017. Aumentano anche i casi di disastro ambientale applicato in 88 casi (più che triplicati). Completano il quadro le 86 contestazioni per il delitto di traffico organizzato di rifiuti, i quindici casi di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, i sei delitti colposi contro l’ambiente, i sei di impedimento al controllo e i due di omessa bonifica.
LA MAPPA DELLE ILLEGALITÀ AMBIENTALI – Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia), lo scorso anno si è concentrato quasi il 45% delle infrazioni, pari a 12.597. Anche quest’anno la Campania domina la classifica regionale delle illegalità ambientali con 3.862 illeciti (14,4% sul totale nazionale), seguita da Calabria (3.240), Puglia (2.854) e Sicilia (2.641). Dopo il Lazio che ha registrato poco più di 2mila reati, la Toscana è la seconda regione del Centro Italia (1.836), seguita da Lombardia, al settimo posto nazionale. La Campania domina anche la classifica regionale delle illegalità nel ciclo del cemento con 1.169 infrazioni, davanti a Calabria (789), Puglia (730), Lazio (514) e Sicilia (480). A livello provinciale, guidano la classifica Avellino e Napoli con rispettivamente 408 e 317 infrazioni accertate.
L’ABUSIVISMO EDILIZIO – “Il fenomeno dell’abusivismo edilizio, soprattutto al Sud – spiega il rapporto – rimane una piaga per il Paese che nel 2018 è stato anche segnato dal vergognoso condono edilizio per Ischia”. In Italia si continua a costruire abusivamente: secondo il Cresme, nel 2018 il tasso di abusivismo si aggira intorno al 16%, considerando sia le nuove costruzioni sia gli ampliamenti del patrimonio immobiliare esistente. E secondo i dati del report Abbatti l’abusi, dal 2004 (anno successivo all’ultimo condono edilizio nazionale) al 2018, nel nostro Paese è stato abbattuto solo il 19,6% degli immobili colpiti da un ordine di demolizione.
IL TRAFFICO ILLECITO DI RIFIUTI – Sul fronte del traffico illecito dei rifiuti, sono 459 le inchieste condotte e chiuse dalle forze dell’ordine da febbraio 2002 al 31 maggio 2019 utilizzando il delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti. Complessivamente sono state 90 le procure che si sono messe sulle tracce dei trafficanti, portando alla denuncia di 9.027 persone e all’arresto di 2.023, coinvolgendo 1.195 aziende e 46 Stati esteri. Le tonnellate di rifiuti sequestrate sono state quasi 54 milioni. Non è un caso se Legambiente chiede che il Parlamento istituisca al più presto la Commissione d’inchiesta sull’uccisione della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.
LA PIAGA DELLA CORRUZIONE – La corruzione resta lo strumento principale per aggirare le regole. Nell’ultimo anno sono cento le inchieste censite da Legambiente e che hanno visto impegnate 36 procure, capaci di denunciare 597 persone e arrestarne 395, eseguendo 143 sequestri. Se nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso se ne sono contate 43, che fanno il 43% sul totale, è il Lazio la regione con il numero più alto di inchieste, 23, seguita da Sicilia (21), Lombardia (12), Campania (9) e Calabria (8). Sempre nel 2018 sono inoltre 23 le amministrazioni comunali sciolte per mafia, mentre nei primi cinque mesi del 2019 sono state otto: Careri (Reggio Calabria; sciolto una prima volta nel 2012), Pachino (Siracusa), San Cataldo (Caltanissetta), Mistretta (Messina), Palizzi (Reggio Calabria), Stilo (Reggio Calabria), Arzano (Napoli; al terzo scioglimento, dopo quelli del 2008 e del 2015) e dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria.