L’Hiv è stato vigorosamente combattuto da più di 20 anni ormai con la terapia antiretrovirale combinata (Art), ma l’Aids non è stato debellato. L’Art ha in realtà cronicizzato l’infezione da Hiv-1 e l’ha resa una malattia curabile, ma a tutt’oggi non guaribile. Il virus infatti persiste in vari tessuti: nell’intestino, nei linfonodi, nel cervello, nella milza e in altri siti. Come tale il virus vive in uno stato latente all’interno di tali reservoir, integrato come pro-virus nel genoma delle cellule Cd4+. Sappiamo bene che una eventuale cessazione della Art porta facilmente alla riattivazione virale e alla progressione della malattia verso la conclamazione della sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids) nelle sue più gravi manifestazioni cliniche.
L’incapacità di Art di eliminare interamente il pro-virus in questi cosiddetti “santuari” rimane il principale ostacolo verso una cura della malattia. Tale limitazione è legata, nel tempo, alle continue reinfezioni delle cellule T di memoria Cd4+, nonostante la risposta immune antivirale e l’efficacia della Art. Pertanto è immaginabile che qualora si intendesse eliminare Hiv si dovrebbe necessariamente realizzare in maniera simultanea un rilascio di Art in maniera mirata e precisa nei “santuari”, mantenendo un sufficiente controllo immunitario, un blocco efficace della replicazione virale e eliminando il pool di cellule infettate, ovvero il Dna pro-virale integrato nel genoma.
La permanenza di virus in grado di replicarsi con bassi livelli di produzione, rimanendo subdolamente allo stato di latenza, determina la necessità di scoprire strategie che eliminino questo virus integrato ma latente. Pertanto, un problema importante per qualsiasi strategia curativa dell’Hiv-1 è scoprire come eliminare definitivamente il Dna pro-virale integrato o le cellule che ospitano il virus senza andare a provocare pericolose complicazioni tossiche. L’idea, che fa intravedere una cura definitiva per l’Aids, è venuta ai ricercatori che hanno recentemente pubblicato questo lavoro.
In breve si può raggiungere questo obiettivo adottando una strategia a due passi definiti. In primo luogo si propone un iniziale intervento somministrando potenti farmaci antiretrovirali per ridurre velocemente e potentemente le dimensioni del reservoir e facilitare l’eliminazione virale. Per rispondere a questa esigenza e progettare una strategia terapeutica adeguata, gli studiosi hanno prodotto profarmaci antiretrovirali lipofili altamente idrofobi, a rilascio lento e a lunga durata d’azione (Long-Acting Slow Effective Release: Laser Art), in grado di penetrare i suddetti reservoir con precisione, senza inutili dispersioni in altri tessuti. Successivamente l’hanno utilizzata su dei topi umanizzati, cioè topi riforniti, dopo irradiazione, di cellule staminali emopoietiche umane (Hsc) per fargli produrre cellule T umane, che, come sappiamo, sono generalmente suscettibili all’infezione da Hiv-1.
La Laser Art appare particolarmente conveniente in quanto la lenta dissoluzione del farmaco, l’aumento della lipofilia, il miglioramento della biodisponibilità e la riduzione della tossicità – proprio per questa delimitazione della concentrazione all’esclusivo bersaglio – influenzano la frequenza della somministrazione di Art, che da giornaliera può passare a settimanale. Si riduce la comorbilità della malattia nei piccoli animali e si mantengono efficaci concentrazioni di farmaci antiretrovirali nei reservoir virali nel sangue e nei tessuti da giorni a settimane.
Tuttavia, Laser Art da sola non può liberare l’ospite infetto dell’Hiv-1 latente, a prescindere dal successo con cui i farmaci riescono a limitare l’infezione virale. Quindi, parallelamente, è stata adoperata la tecnologia editing, cioè di modifica dei geni, basata su Crispr-Cas9 utilizzando la somministrazione di Aav9, cioè un Adeno-Associato Virus ricombinante che è in grado di trasportare frammenti di Dna e/o interi geni, e che nel lavoro in oggetto ha tagliato in modo specifico ed efficace frammenti di Dna pro-virale Hiv-1 integrato nel genoma ospite. L’efficacia della tecnica Crispr viene esaltata comunque dal preventivo bombardamento farmacologico della Art modificata.
In conclusione il risultato è stato l’eliminazione della replicazione di Hiv-1 in un modello sperimentale di malattia infettiva umana, cioè nei topi cosiddetti “umanizzati”. La clearance virale è stata ottenuta dalla milza infetta da Hiv-1 e dai tessuti linfoidi, nonché da una vasta gamma di organi solidi dei topi umanizzati precedentemente infettati e trattati con Laser Art e Aav9-Crispr-Cas9. Questo è confermato dai metodi ultrasensibili di rilevazione di acido nucleico dell’Hiv-1 e dall’assenza di rimbalzo virale post-trattamento, e dall’incapacità di trasferire il virus da quei topi infetti e sottoposti a doppio trattamento in topi non infetti. Funzionerà nella specie umana? Vedremo.