La nota negativa: “Negli ultimi dieci anni, nonostante le indagini e gli arresti, non è cambiato nulla. Le cosche sono ancora padrone del territorio”. E una “nota di speranza”, come la chiama il procuratore aggiunto della procura di Milano, Alessandra Dolci, numero uno della Dda: “Un imprenditore incredibilmente ha denunciato di essere stato vittima di pressione. A mia memoria è la prima volta”. Di fronte alla ricostituzione della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, tra le province di Milano e Varese, il magistrato a capo della Direzione distrettuale antimafia, lo dice senza giri di parole.
Perché a dieci anni esatti dall’indagine Bad Boys e a nove dalla maxi-operazione Infinito, l’inchiesta dei carabinieri, coordinata dalla procura milanese, ha bloccato di nuovo grazie a 34 arresti il ‘solito’ schema delle ‘ndrine calabresi trapiantate in Lombardia. “Non è cambiato assolutamente niente: ci sono state scarcerazioni, hanno ripreso il controllo del territorio che non è mai sfuggito di fatto dalle mani della ‘ndrangheta” che esercita “la giurisdizione dell’antistato”, ha aggiunto Dolci. “Emerge un quadro sconfortante” e, nonostante gli arresti che ci sono stati negli anni scorsi, l’intervento “non si è mostrato efficace”.
Ecco quindi di nuovo gli affari da una parte, le infiltrazioni nella politica dall’altra e il metodo mafioso come collante per influenzare investimenti privati e decisioni delle amministrazioni comunali: le ombre sull’elezione dell’ex sindaco azzurro di Lonate Pozzolo, Danilo Rivolta, il ‘pacchetto’ di 300 voti proposto di tornata elettorale in tornata elettorale, il coinvolgimento di un consigliere di maggioranza del comune di Freno, Enzo Misiani, coordinatore locale di Fratelli d’Italia, e la perquisizione al coordinatore regionale dei Cristiani Popolari, Peppino Favo.
“Il 23 aprile 2009 c’è stata l’indagine ‘Bad Boys’, il 18 agosto 2010 è arrivata ‘Infinito’ e oggi siamo qui con ‘Krimisa’. Sono passati gli anni ma le cose sono rimaste identiche, abbiamo trovato anche gli stessi personaggi”, ha ricordato Dolci ricordando gli arresti di diverse persone condannate nei processi legati alle prime due operazioni che scoprirono le radici messe in Lombardia dalla ‘ndrangheta. “Ci sono due note positive: anche noi non ci siamo mossi da qui e continuiamo a lavorare – ha aggiunto Dolci – Ma soprattutto la presenza di un imprenditore che ha deciso di non sottostare alle minacce degli ‘ndranghetisti che gli impedivano di investire nei parcheggi dell’area dell’aeroporto di Malpensa”.
Il riferimento è all’uomo che – dopo aver ricevuto chiamate e pressioni da un “consulente” al soldo dei presunti affiliati affinché rinunciasse alla costruzione di un nuovo parcheggio o decidesse di mettersi in società con loro – ha iniziato a registrare i colloqui con un’app installata sul suo smartphone e ha consegnato tutto ai carabinieri. Un inedito, come conferma il procuratore aggiunto di Milano, che definisce una “nota di speranza” il gesto coraggioso come: “A memoria mia è la prima volta”, ha sottolineato Dolci, che lo scorso febbraio a Cantù aveva criticato l’atteggiamento delle istituzioni locali di fronte al processo ai “rampolli di ‘ndrangheta”, conclusosi poi ad aprile con condanne superiori ai cento anni.