Una volta scarcerati erano tornati a fare affari, compresa la gestione di alcuni parcheggi dell’aeroporto di Malpensa che in questi mesi è interessato da un maggior afflusso di passeggeri per la chiusura temporanea di Linate, ed erano anche riusciti a infiltrarsi nella politica locale per orientare le scelte di alcune giunte del Varesotto. In 34 sono finiti agli arresti (27 in carcere, 7 ai domiciliari) al termine di un’indagine dei carabinieri, coordinati dalla Dda di Milano per aver ricostituito la locale di ‘ndrangheta tra Legnano, nel Milanese, e Lonate Pozzolo, paese in provincia di Varese.
Le accuse e l’elezione del (ex) sindaco – Le persone arrestate in 8 province italiane, da Cosenza ad Aosta, sono accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, estorsione, violenza privata, lesioni personali aggravate, minaccia, detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, truffa aggravata ai danni dello Stato e intestazione fittizia di beni, accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. Tra gli arrestati c’è anche un consigliere comunale di Fratelli d’Italia, che guida l’amministrazione di Ferno, e gli inquirenti avanzano sospetti sull’elezione dell’ex sindaco di Lonate, Danilo Rivolta, che dopo l’elezione con Forza Italia nel 2017 è stato arrestato e ha poi patteggiato 4 anni per corruzione, la cui elezione sarebbe avvenuta anche attraverso l’appoggio degli ‘ndranghetisti in cambio di un assessorato alla nipote del boss.
Il gip: “Consapevolezza dell’appoggio” – “Emerge chiaramente la consapevolezza degli indagati – scrive il gip – che l’elezione di Rivolta era stata appoggiata da famiglie calabresi di origine cirotana, stanziate storicamente in zona”. Alcuni degli arrestati, però, non erano del tutto soddisfatti dell’operato del sindaco. In particolare, Cataldo Santo Casoppero (anche lui finito in carcere), non sapendo di essere intercettato, si lamenta “di frequente di alcune condotte dell’ex sindaco per questioni che attengono principalmente la materia urbanistica, palesa ai diversi interlocutori come egli abbia contribuito in modo determinante alla sua elezione”. Della giunta di Rivolta, inoltre faceva parte anche Francesca Federica Novara, che viene nominata assessore alla Cultura, servizi demografici, politiche per l’istruzione e la formazione professionale, politiche giovanili, servizi allo sport, scelta perché è la nipote del “noto boss Alfonso De Murano già vertice della locale di ‘ndrangheta di quel comune ed assassinato nel 2005″, oltre che parente di Malena Cataldo, vicina a diversi indagati. Lo stesso Rivolta, dopo il suo arresto, ai pm ha detto “espressamente come la nomina della De Novara rappresentasse il risultato del pregresso accordo con il padre di quest’ultima, a fronte di un cospicuo numero di voti”.
I contrasti e la pax mafiosa – L’indagine è partita nell’aprile 2017 e ha documentato la capacità dell’associazione di infiltrarsi negli apparati istituzionali dell’area di Varese. Gli investigatori hanno inoltre accertato che dalla seconda metà del 2016 era in corso un processo di ridefinizione degli assetti organizzativi della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, a seguito della scarcerazione di due boss condannati nei processi Infinito e Bad Boys e ora in contrasto tra loro. Le tensioni erano state risolte grazie all’intervento di Vincenzo Rispoli e di Giuseppe Spagnolo, al vertice della cosca Farao-Marincola che comanda nell’area di Cirò Marina e in stretto contatto con quella di Legnano-Lonate. Gli investigatori sono riusciti a documentare alcuni incontri organizzati per decidere come risolvere le controversie e assegnare territori e competenze agli affiliati.
Gli appetiti su Malpensa – Gli investigatori ritengono di aver ricostruito anche come le mani degli presunti ‘ndranghetisti fossero finite anche nella gestione del Parking Volo Malpensa e il Malpensa Car Parking, sequestrati dal gip del Tribunale di Milano Alessandra Simion assieme a metà delle quote della società Star Parkings. In totale il decreto ha consentito di sequestrare beni per un valore complessivo di 2 milioni di euro. I carabinieri sono riusciti a documentare summit criminali durante i quali, oltre alle questioni prettamente politiche, c’era anche la pianificazione imprenditoriale della cosca, i cui proventi erano investiti in parte nell’acquisto di ristoranti e di terreni per la costruzione di parcheggi poi collegati con navette all’aeroporto.
La collaborazione dell’imprenditore – I parcheggi erano finiti nel mirino degli esponenti della locale di ‘ndrangheta dopo una “pace forzata” seguita alle scarcerazioni di elementi di peso. Gli interessi sono stati ricostruiti grazie alla collaborazione di un imprenditore che – rifiutato di fare affari con gli ‘ndranghetisti – ha registrato e consegnato ai pm tutte le telefonate. In sostanza i malavitosi avrebbero sfruttato un “consulente”, riporta il Corriere della Sera, per spingere l’uomo a rinunciare a un investimento in un terreno da adibire a parcheggio o a entrare in società con loro. “Altrimenti vado lì e scasso tutto”, diceva il gancio della ‘ndrina.
Il consigliere “referente” dei calabresi – Agli arresti è finito anche Enzo Misiano, consigliere comunale di Fdi di Ferno che – stando all’indagine – era una sorta di “trait d’union tra l’ambiente politico locale ed esponenti di spicco della cosca mafiosa”. Misiano si è messo “a completa disposizione degli interessi della locale, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso”, oltre a risultare “uomo di fiducia e autista di Giuseppe Spagnolo, elemento di spicco della cosca Farao-Marincola”. Assieme a Spagnolo avrebbe partecipato a due summit (il 16 maggio 2017 e l’1 dicembre 2017) “nel corso dei quali venivano definite strategie comuni e risolti contrasti interni al gruppo” tra cui la pacificazione tra Mario Filippelli (condannato nel 2010 per associazione mafiosa e tornato in libertà nell’agosto 2017) ed Emanuele De Castro (condannato per lo stesso reato nel 2011 e tornato in libertà nell’ottobre 2015). L’uomo di Fdi avrebbe svolto anche il delicato ruolo di anello di congiunzione tra la cosca e la politica nella sua qualità di responsabile per i territori dei comuni di Ferno e Lonate per Fratelli d’Italia. Da Spagnolo era stato nominato referente politico dei “calabresi” nell’area. Come consigliere del comune di Ferno e membro della commissione Territorio e della commissione Elettorale, ha posto “la propria opera a disposizione del gruppo criminale, occupandosi delle pratiche amministrative pendenti presso l’amministrazione comunale di Ferno, anche condizionandone l’esito e suggerendo escamotage e cavilli volti ad eludere oneri e costi amministrativi e fiscali”.
Perquisito un politico regionale – Nell’inchiesta risulta coinvolto “anche un altro esponente politico di livello regionale – sottolineano gli inquirenti in conferenza stampa – il coordinatore regionale dei Cristiani popolari Peppino Falvo”, ex presidente del cda di Afol. Anche alle consultazioni elettorali del 2018, ha spiegato la pm Alessandra Cerreti, “hanno tentato” di convogliare i voti nella zona di Lonate “ma il loro candidato viene battuto”. Tra gli indagati anche un perito che lavorava per la procura di Busto Arsizio: avrebbe fatto da ‘talpa’ su alcune indagini: “Non solo metteva a disposizione i propri servizi tecnici – hanno reso noto gli inquirenti – ma si faceva procacciatore di una serie di informazioni di accessi non autorizzati alle banche dati”.