Angelo Peveri sparò a bruciapelo in mezzo al petto a Dorel Jucan, ladro di gasolio, con un fucile a pompa dopo avergli sbattuto per tre volte la testa a terra. Il suo caso, avvenuto nel 2011, ha spinto il Parlamento ad approvare la legge sulla legittima difesa
Agì al di fuori del suo domicilio, in un parcheggio non custodito, e soprattutto lo fece con “modalità odiose”, e non merita le attenuanti perché animato dalla volontà “non già di bloccare i ladri, ma di dar loro una lezione“. Sono questi i motivi per i quali la Cassazione ha confermato la condanna a quattro anni e sei mesi a carico dell’imprenditore piacentino Angelo Peveri per tentato omicidio nei confronti di un ladro di gasolio, il rumeno Dorel Jucan, al quale l’imputato sparò a bruciapelo in mezzo al petto con un fucile a pompa dopo avergli sbattuto per tre volte la testa a terra. Una sentenza nella quale non compare mai la parola “legittima difesa“. Il caso, avvenuto nell’ottobre 2011, fu tra le vicende giudiziarie che hanno spinto il Parlamento, sollecitato dal vicepremier leghista Matteo Salvini, ad approvare lo scorso aprile la riforma della “legittima difesa nel domicilio” – legge dichiarata a effetto retroattivo con un altro nuovo verdetto degli ‘ermellini’ – con ampliamento della non punibilità per chi si difende in casa sua. Il ministro dell’Interno aveva anche visitato in carcere l’imprenditore, che si era impegnato a farlo stare “in galera il meno possibile”. Parole che avevano suscitato le critiche dell’Anm che aveva accusato il titolare del Viminale di violare le prerogative della magistratura e di “delegittimare i giudici”.
Per la regola del ‘favor rei’ – la norma generale che impone ai giudici di applicare agli imputati la legge più conveniente dal punto di vista sanzionatorio – la riforma della “legittima difesa nel domicilio”, introdotta con la legge n.36 del 2019, “può trovare applicazione retroattiva, anche rispetto a fatti anteriormente commessi”, afferma la Cassazione occupandosi di una banale lite tra vicini culminata in un morso sotto l’ascella e un pugno di reazione. L’appello bis dovrà accertare se il match si è svolto nel cortile dell’imputato, in tal caso l’uomo, forte della legge ‘salviniana’, sarà assolto dall’accusa di eccesso colposo di legittima difesa avendo reagito – qualche anno fa – per liberarsi dalla presa del vicino.
Quanto a Peveri è stato condannato dalla Cassazione anche per lesioni personali aggravate nei confronti di Andrei Ucrainet, complice di Jucan. Anche lui colpito di striscio dal fucile a pompa mentre scappava lungo il fiume Tidone. Per la Suprema Corte, “non hanno pregio le considerazioni critiche” della difesa di Peveri “sul trattamento sanzionatorio e sul diniego delle attenuanti generiche”, dato che la Corte di Appello di Bologna “ha messo puntualmente in luce i profili di gravità oggettiva e soggettiva caratterizzanti l’azione criminale del Peveri, sottolineando sia le odiose modalità dell’azione medesima”, sia il movente “ad esso sotteso, ovvero quello non già di bloccare i ladri, ma di dar loro una lezione”. I giudici ricordano che a Jucan, che definiscono “vittima non armata”, Peveri aveva inflitto “ripetute percosse, anche con un corpo contundente” mentre il rumeno già ferito “invano esternava supplichevoli manifestazioni di pentimento“, per poi esplodere contro di lui “a distanza ravvicinata, un colpo da un micidiale fucile a pompa diretto al torace della vittima”.