di Riccardo Mastrorillo
Quando venne pubblicato nel 1748, il più famoso dei saggi di Montesquieu fu contestato dalla Sorbona e messo all’indice da Santa Romana Chiesa. Montesquieu scriveva considerazioni incontrovertibili sulla separazione dei poteri e sul condizionamento sociale delle leggi.
Carola Rackete, la comandante della Sea Watch che il 29 giugno ha forzato il blocco e ha attraccato al porto di Lampedusa, è stata agli arresti domiciliari. Tra le accuse vi è quella di aver speronato la nave della guardia di finanza che si era parata davanti alla Sea Watch 3 per impedirle l’ingresso in porto. Ci sono due norme contrastanti a cui si deve rispetto: le norme internazionali sul soccorso in mare, che impongono il trasferimento dei naufraghi nel porto “sicuro” più vicino, e le norme decise per decreto legge dal governo italiano, che prevedono la potestà al ministro dell’Interno di bloccare l’attracco ad una nave. Carola ha scelto di seguire le norme internazionali, che, anche nell’ordinamento giuridico italiano, restano preminenti nella gerarchia delle fonti legislative.
Due secoli fa, il comandante della motovedetta della Guardia di Finanza sarebbe stato impiccato per aver tentato di dirottare una nave, oggi Matteo Salvini ce lo rappresenta come un pubblico ufficiale modello che ha subito una violenza, nel compimento del proprio dovere. Ci spiace dirlo, un militare risponde principalmente al senso dell’onore, e quando un ordine è sbagliato ha l’obbligo morale di rifiutarsi di compierlo, e secondo il più basilare senso dell’onore impedire l’attracco ad una nave con naufraghi a bordo era senz’altro un ordine sbagliato.
Quello che manca, in tutta questa vicenda, è il senso della misura. Mentre il braccio di ferro tra una giovanissima volontaria tedesca e un irresponsabile ministro dell’Interno si palesava, bloccando lo sbarco di 41 persone, a uso esclusivo dei social da parte di Salvini e di un gruppo di parlamentari a caccia di selfie, nelle stesse ore sbarcavano a Lampedusa circa 200 migranti, alcuni anche trasportati da mezzi navali italiani. Una persona di buon senso, prima ancora di scegliere da che parte stare, non può che non ravvedere in tutto questo un controsenso illogico inspiegabile.
Abbiamo già scritto e documentato che non vi è nessuna emergenza migranti, eppure negli ultimi tre anni tutta la sinistra italiana non ha mai contestato a Salvini quella che è la più grande mistificazione del secolo. Si è limitata ad affermare, con voce più che flebile, la necessità di essere “buoni”, non trovando, di solito, meglio da dire se non ripetere le frasi del Capo della Chiesa cattolica, o addirittura praticare la tipica soluzione da “sepolcri imbiancati”: raggiungere cioè un accordo con le milizie libiche perché si tenessero loro i migranti in procinto di attraversare il Mediterraneo.
Il Partito Democratico, di cui all’epoca era presidente Matteo Orfini, uno degli eroici deputati saliti a bordo, ha sempre accettato la tesi salviniana dell’invasione di migranti, e inconsciamente hanno accettato supinamente questa falsità anche gli esponenti della sinistra radicale. Il gesto di Carola piace ad una certa sinistra non per il suo significato giuridico, ma solo per il suo atto pratico di disubbidienza, scambiando, come spesso si fa, lo strumento con il valore. Don Lorenzo Milani quando affermò che “l’ubbidienza non è più una virtù”, mai ha pensato, pur nel suo stile rivoluzionario, che così la disubbidienza sarebbe diventata un valore. Carola non ha disubbidito!
Carola ha ubbidito alle leggi internazionali, allo spirito di quelle leggi, al valore supremo del senso di responsabilità e financo al buon senso. Salvini, quando ha preteso l’approvazione del decreto legge Sicurezza bis, non ha letto Montesquieu, non ha capito quanto affermato dalle Nazioni Unite: che quelle norme violano i principi, i diritti umani e le norme internazionali. Ma ha coscientemente imposto ad una moltitudine di persone di disubbidire. Questo atto di irresponsabilità estrema è gravissimo: porre la legislazione del proprio paese contro le norme internazionali è sempre un atto le cui conseguenze ricadono prevalentemente sui subordinati: costretti di fatto comunque a disubbidire.
Ha disubbidito il comandante della motovedetta della Guardia costiera, ha disubbidito l’ufficiale che ha ordinato alla Sea Watch di sbarcare in Libia, e, poi, di fermare le macchine e attendere a largo di Lampedusa. Queste persone hanno disubbidito alle norme internazionali, al senso dell’onore e al comune buon senso. Sono questi i veri fuorilegge, insieme a quella manica di decerebrati che hanno inveito, con frasi oscene, contro la capitana; lei ha solo fatto il suo dovere, non è un eroina e forse non lo vuole nemmeno essere, è una figura ormai pressoché assente nella società italiana: una persona normale!
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