“Il processo” sulle nomine per i tob jobs dell’Unione europea “non è stato molto trasparente”. La trattativa a Strasburgo sui vertici si è conclusa, ma il presidente uscente della Commissione critica la formula delle decisioni prese in Consiglio. “Qualche giorno fa ho detto al Consiglio che ho sempre avuto l’impressione che avrei fatto la storia, ma non in questo modo – ha detto Juncker in conferenza stampa a Helsinki con il premier, Antti Rinne per l’avvio della presidenza di turno finlandese dell’Unione europea -. Sono un personaggio unico: sono stato il primo e ultimo Spitzenkandidat“. Un metodo bocciato anche da tutti gli “oppositori” della linea franco-tedesca e di Conte perché non poteva “prevalere su tutte le altre considerazioni, assorbirle tutte”.
Intanto la strada per il suo successore è tutta in salita. Ursula von der Leyen ha incassato il sostegno al Consiglio europeo ad esclusione di Angela Merkel, motivato dagli equilibri politici della sua coalizione a Berlino. E anche i Visegrad hanno assicurato il loro voto. Ma contro la candidatura della ministra tedesca alla guida della Commissione Ue, dopo la Lega e i sovranisti di Identità e democrazia, si schierano anche Spd, Verdi tedeschi e diverse delegazioni dei socialisti. Il gruppo infatti era favorevole all’elezione di Frans Timmermans, candidato naufragato dello “schema Tusk”. “L’Spd è compatta sul no a von der Leyen“, spiega Jens Geier, capo dei socialdemocratici tedeschi al Parlamento di Strasburgo, aggiungendo che contro la ministra voteranno anche i socialdemocratici di Regno Unito, Austria, Francia e paesi del Benelux. E anche la presidente del gruppo dei S&D, Iraxte Garcia Perez, ha specificato che il gruppo non voterà per la ministra tedesca. “Non appoggeremo nessun candidato che voglia l’immobilismo sulle riforme della governance economiche, sulle politiche sociali, sui cambiamenti climatici”. Dichiarazioni che, visto il via libera in Consiglio, fanno pensare a una trattativa sull’agenda della commissaria. Dei tre punti citati da Garcia Perez, la richiesta sull’attenzione ai temi ambientali sarebbe la prima a fare sfilare i Visegrad. Sulla stessa linea dei socialisti anche i Verdi. “Sembra improbabile che il nostro gruppo ne approvi l’elezione a presidente della Commissione”, spiega Sven Giegold. Ancora più chiaro è Reinhard Bütikofer, co-responsabile dei Verdi europei. Accusa l’eccessiva dipendenza della esponente della Cdu dai capi di stato e di governo. “Perché dovrei ratificare questa farsa con il mio voto?”. Nel Parlamento europeo, perché la democristiana tedesca incassi l’elezione serve la maggioranza assoluta, per la quale sono necessari i voti dei socialdemocratici e dei Verdi.
E se gli ex liberali di Renew Europe hanno chiesto di rendere il processo elettorale trasparente per i posti di alto livello dell’Ue e di rafforzare la legittimità e la democrazia europea, anche fra i popolari non mancano i dissapori. In un’intervista alla Bild, Manfred Weber ha attaccato il presidente francese Emmanuel Macron, reo di aver lavorato insieme all’ungherese Viktor Orban e danneggiato l’Europa democratica. Secondo il bavarese, che ha detto di comprendere le ragioni di Merkel che ad un certo punto della trattativa ha smesso di sostenerlo, ci sarebbero buone possibilità per von der Leyen. Senza però nascondere che “la strada è accidentata”. Sulla ex ministra degli Esteri tedesca potrebbero convergere i Conservatori, secondo fonti a Strasburgo. Resta l’incognita M5S. Stando al rieletto vicepresidente del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo, i pentastellati intendono valutare il programma, ascoltare la candidata e giudicare, “augurandoci che non sia una mera lotta di poltrone”.
L’europarlamento voterà per la presidente della Commissione europea il prossimo 16 luglio e per l’elezione è necessaria la maggioranza assoluta, cioè 376 voti (su 751 parlamentari). La prossima coalizione di governo dell’Europa sarà composta da Popolari (182), socialisti (154) e liberali (108) per un totale di 444 eurodeputati. Nel caso in cui i socialisti non votassero von der Leyen Ppe e Renew Europe (290) dovrebbero trovare altri 86 voti per il via libera alla presidente della Commissione. Voti che potrebbero arrivare dai conservatori di Ecr (62), Gue (41) e dai non iscritti (56), che includono anche 14 5 Stelle.