Il calcolo "prudente" è stato effettuato dalla procura sulla base dei prezzi di vendita della droga riferiti da diversi testimoni: la sentenza di condanna di "El Chapo" è attesa per il 17 luglio. Il suo legale al giudice: "In 29 mesi mai avuto accesso all'aria aperta o alla luce naturale"
La procura federale di New York ha chiesto il sequestro di beni per un valore di 12,6 miliardi di dollari a El Chapo Guzman, il boss del narcotraffico messicano sotto processo negli Stati Uniti, dove è stato giudicato colpevole di traffico di droga. In un documento consegnato al tribunale di Brooklyn, si legge che il procuratore federale Richard Donoghue ha sostenuto di “essere in diritto di sequestrare tutto quello che è derivato dai reati dell’imputato legati al traffico di droga”.
Quella di 12,6 miliardi di dollari sarebbe una cifra “prudente” relativa ai profitti ottenuti negli Usa da Joaquin Guzman mentre era capo del cartello di Sinaloa. Il calcolo è stato effettuato sulla base dei prezzi di vendita della droga riferiti da diversi testimoni e la cifra comprende 11,8 miliardi di dollari ottenuti con il traffico di cocaina, 846 milioni di dollari per la vendita di marijuana e 11 milioni per la vendita di eroina. La sentenza di condanna di “El Chapo”, per il quale si profila l’ergastolo, è attesa per il 17 luglio.
Intanto il suo avvocato, Jeffrey Lichtman, ha spiegato che a suo avviso il calcolo è solo un “esercizio accademico”. Estradato nel 2017, El Chapo è rinchiuso in isolamento nel carcere di Manhattan in una cella senza finestre di 7,5 metri quadri. Secondo il suo legale, nei 29 mesi di detenzione non ha mai avuto accesso all’aria aperta o alla luce naturale.
Nella sua cella, ha spiegato, la luce è sempre accesa e l’impianto di aria condizionata è così rumoroso da impedire al re dei narcos messicani di riposare. Per questo, è stato chiesto al giudice di autorizzare due ore di esercizi all’aperto ogni settimana e tappi per le orecchie, oltre a un trattamento su cibi e bevande (secondo il suo racconto ha ricevuto 22 bottiglie d’acqua piccole in sei mesi) uguale agli altri carcerati. Tutte le richieste sono state respinte dalla corte, motivando la decisione con il dubbio che migliori condizioni potrebbe spingere El Chapo all’ennesima fuga.