La candidatura delle colline del prosecco Conegliano Valdobbiadene a “patrimonio dell’Umanità” da parte dell’Unesco sta diventando una questione sempre più “rovente”. La decisione finale avverrà nei prossimi giorni a Baku (Azerbaijan) da parte del World Heritage Commettee Unesco composto da rappresentanze di Stati scelti dall’Unesco, col compito di iscrivere, bocciare definitivamente o rinviare la candidatura dei siti, valutati in precedenza da una Commissione “tecnica”. Mentre la valutazione di questa Commissione lo scorso anno era stata negativa, la valutazione attuale è stata viceversa positiva, sia pure con la presenza di diverse raccomandazioni, anche piuttosto pesanti. La notizia è ovviamente stata accolta con grande favore dal governatore della regione Veneto, dal Consorzio del Prosecco e dalle attività produttive del territorio, ma non altrettanto certo dalle comunità locali, dalle associazioni ambientaliste e dai tanti Comitati che da decenni si battono contro la viticoltura intensiva che caratterizza le colline del Prosecco.

Di fatto una quarantina di tali associazioni – fra cui Pesticides Action Network (PAN Italia), WWF, Legambiente, Marcia Stop pesticidi, Colli Puri etc. – si sono formalmente schierate contro questa candidatura ed hanno consegnato all’Unesco tutta la documentazione per spiegare dettagliatamente i motivi della propria contrarietà ed anche due deputate venete (Sara Cunial, Silvia Benedetti) ed una consigliera regionale (Patrizia Bartelle) si sono unite alla protesta, sfociata venerdì 28 giugno 2019 in un sit-in a Venezia davanti a Palazzo Zorzi, sede del Regional Bureau for Science and Culture in Europe Unesco.

Ma perché tanta contrarietà ad una candidatura che formalmente rappresenterebbe un ulteriore riconoscimento per il nostro paese? I motivi sono presto detti e risiedono nel fatto che le colline di Conegliano Valdobbiadene sono ormai diventate il simbolo di una monocoltura vinicola industrializzata che fa un uso smodato di pesticidi, cancella la biodiversità, mette sempre più a rischio la qualità delle acque, del suolo e soprattutto la salute delle comunità locali. L’espansione dei vigneti non risparmia nessuno, neppure le aree in prossimità di scuole ed asili, come dimostra la vicenda dell’asilo di San Giacomo, dove i genitori sono scesi in campo per evitare l’ennesimo vigneto confinante con l’asilo, forti anche di una specifica sentenza del Tar che chiedeva il ripristino dello status quo ad area verde o l’obbligo ad a sole coltivazioni certificate biologiche.

Una ampia letteratura scientifica attesta ormai come l’esposizione residenziale (valutata in genere entro 2 Km dall’abitazione) ad erbicidi, insetticidi, fungicidi ampiamente usati anche nella viticoltura intensiva, rappresenti un importante fattore di rischio per la comparsa di tumori infantili, malformazioni, autismo, deficit di attenzione ed iperattività e diminuzione del quoziente intellettivo. E’ davvero quindi poco comprensibile come l’Unesco trascuri queste istanze fondamentali e dimentichi che questo paesaggio, che si vorrebbe far diventare patrimonio dell’ Umanità, è in realtà messo a repentaglio, come un recente articolo sul Washington Post ha denunciato nel gennaio scorso.

Riprendendo uno studio dell’Università di Padova si denuncia infatti che l’erosione e la perdita di suolo a causa dei vigneti del prosecco è assolutamente insostenibile, dato che l’ “industria” del prosecco è responsabile del 74% dell’erosione totale del suolo e l’impronta annuale del terreno per bottiglia pari a circa 4,4 kg! Eppure anche i vigneti del Prosecco potrebbero ridurre la loro perdita di suolo, ad esempio lasciando l’erba tra i filari di vigna si ridurrebbe l’erosione del 50%, ma anche includendo piantumazione di siepi intorno a vigneti, vegetazione lungo le sponde di fiumi e torrenti per evitare che il terreno si lavi via. Ma soprattutto ripristinando la fertilità dei suoli e facendola finita con un sistema agricolo che non fa solo guerra alla natura, ma anche alle persone!

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