Basterebbe la richiesta al Tar per bloccare i conferimenti a tutti i siti privati, allungando i tempi per la conclusione della crisi. E in queste ore spunta una suggestione: dichiarare l'emergenza rifiuti e nominare Virginia Raggi commissario, permettendole di requisire gli impianti di trattamento
Altro che “Roma pulita in 7 giorni“. Ora la situazione rischia di precipitare davvero. L’ordinanza della Regione Lazio con la quale si imponeva agli impianti privati del Lazio di dare precedenza assoluta ai rifiuti della Capitale, evidenzia già tutti i suoi limiti. Perché nell’ansia di redigere un ferreo cronoprogramma da far rispettare alla società capitolina Ama Spa, Nicola Zingaretti non ha fatto i conti con gli arcigni imprenditori del settore, da sempre tutt’altro che disposti a fare beneficienza. A guidare la rivolta (anche se lui lo smentisce affermando che “non è volontà nostra ostacolare la pianificazione regionale”) è la Rida Ambiente di Aprilia – in provincia di Latina ma a pochi chilometri dalla Capitale – di proprietà di Fabio Altissimi, che aveva già annunciato nella serata di venerdì che non rispetterà il diktat del Governatore, non concedendo ad Ama nuovi spazi di manovra per portare i rifiuti della raccolta straordinaria. Anzi, lancia il guanto di sfida, annunciando che sarà costretta a diminuire ulteriormente le quantità conferite. “Rida Ambiente sta già operando all’interno dell’ordinanza della Regione Lazio – precisa la società di Aprilia – Proprio in ottemperanza dell’ordinanza, che ribadisce le soglie di trattamento, che noi ci troviamo in condizione di accettare soltanto i conferimento quantificati dalla Regione con nota del 5 luglio, proprio alla luce e in accoglimento delle osservazioni che Rida aveva formulato”. Quanto alla riduzione, dice ancora l’azienda, “sarà imposta dalla annunciata manutenzione del termovalorizzatore di Acea, che comporterà una riduzione del 30 per cento della sua capacità, come confermato dalla stessa Acea”. Ma l’ordinanza regionale posticipa qualsiasi manutenzione al 12 agosto.
LA POSSIBILE CORSA AL TAR DEI PRIVATI – Ma non è tutto. Secondo indiscrezioni raccolte da IlFattoQuotidiano.it se la Regione formalizzerà delle sanzioni, alcune società private presenteranno ad un ricorso al Tar, con applicazione immediata. Lo stop al provvedimento avrebbe un triplice effetto. Intanto permetterebbe ai proprietari dei tmb di non rispondere all’ordinanza regionale, proseguendo in applicazione ai contratti ordinari con i criteri predeterminati; in secondo luogo, sospende ogni possibile sanzione – non specificate nel provvedimento – che dovesse arrivare dalla Regione Lazio, anche su input ministeriale. Infine, bloccherebbe i conferimenti anche negli altri impianti, che si sentirebbero legittimati a non tenere conto delle indicazioni regionali. Quasi scontato, in questi casi, che i giudici amministrativi decidano di accogliere la sospensiva – anche per tutelare gli enti locali – per poi decidere, a questo punto dopo l’estate. Tempistiche improponibili per la crisi dei rifiuti presente nella Capitale.
“MONNEZZARI” E COMUNI IN RIVOLTA – La dimostrazione è che gli operatori dei rifiuti nel Lazio non sono dei clienti facili, nemmeno per il neo-segretario del Pd. Tanto più che Rida ha un braccio di ferro aperto da anni con la Regione, perché vorrebbe aprire una discarica di servizio nei pressi del suo impianto tmb. Mentre, a detta del patron Altissimi, l’immobilismo dell’ente favorirebbe ingiustamente i competitor sul territorio del sud del Lazio. “L’impianto industriale di Rida – spiega una nota scritta della società fatta pervenire alla nostra testata – ha per oggetto il recupero del css per la produzione dell’energia elettrica e quindi contrasta con la volontà regionale. L’ordinanza appunto, non fa nient’altro che limitare il nostro stabilimento a fare quanto previsto per legge e cioè produrre un minimo del 43% di Css, ma noi questo già lo facciamo, per questo non possiamo trattare più rifiuti”. Poi si assolve Virginia Raggi: “Nell’ordinanza si legge che Zingaretti ha fatto un manuale d’uso di come impiegare 8000 dipendenti e mezzi di Ama, il che sembra poco compatibile con il suo ruolo e con i contenuti che la legge attribuisce alle ordinanze in materia di emergenza rifiuti“. E intanto si rivede anche Manlio Cerroni. Il “re di Malagrotta“, le cui aziende sono coinvolte abbondantemente nell’ordinanza, all’AdnKronos dice che “la situazione dei rifiuti è seria e complessa. Non servono apprendisti stregoni” e che è ”stufo” di commentare l’emergenza rifiuti a Roma. Ormai, ribadisce, solo un “miracolo” potrebbe far rialzare la capitale. “Ho detto e ridetto quello che bisognava fare ma dal Campidoglio non mi hanno mai risposto”, facendo riferimento al progetto di un nuovo termovalorizzatore a Malagrotta. Come se non bastasse, in queste ore i sindaci dei vari comuni interessati dall’ordinanza – in primis Viterbo e Civitavecchia – stanno organizzando proteste per evitare che i rifiuti romani finiscano negli impianti dei loro territori.
L’IDEA DI RAGGI COMMISSARIO – Per imporre agli impianti laziali – e non solo – il sostegno incondizionato alla situazione romana, servirebbe una dichiarazione di emergenza da parte del Campidoglio, del Governo nazionale o del Prefetto di Roma. Cosa che attiverebbe tutta una serie di poteri da far confluire in mano a un commissario. Ma per evidenti motivi politici – sindaca e ministro sono pentastellati, il prefetto dipende dal Viminale – questa soluzione è considerata una ratio molto estrema. Nella serata di venerdì, alcune agenzie di stampa hanno battuto una indiscrezione secondo cui il ministro Sergio Costa, “interpellato in queste ore da alcuni esponenti del M5S” avrebbe ribadito la sua “fiducia” nei confronti di Raggi. Una delle ipotesi, in queste ore, è che il titolare di un’eventuale gestione del commissariamento possa essere proprio la prima cittadina, nonostante le resistenze di una parte del M5S. Una suggestione, al momento, che però avrebbe l’effetto di non mettere in difficoltà la prima cittadina e permetterle di “requisire” gli impianti. Il timore, se dovesse arrivare lo stop ai conferimenti, ponendo che il Comune rispetti alla lettera la tabella di marcia dettata da Zingaretti, i rifiuti di Roma verrebbero sì tolti dalle strade ma si accumulerebbero nei centro di trasbordo che in queste ore la sindaca sta requisendo, ovvero Ponte Malnome e Saxa Rubra. Il rischio è che si vada a creare un collo di bottiglia tale da andare a formare due discariche non regolari all’interno della città. E sarebbe l’emergenza totale.