Cosa minaccia Pompei? Nel sottosuolo del sito archeologico tra i più famosi al mondo si nasconde un pericolo di devastante potenza. Un rischio che gli esperti conoscono, ma che non è facile disinnescare: almeno 10 ordigni inesplosi, tutti localizzati nell’area del Parco archeologico ancora da scavare (le “Regiones” I-III-IV-V-IX).
Il 24 agosto 1943 è il giorno in cui le forze Alleate sganciarono su Pompei 165 bombe, in nove incursioni aeree. Fatalità, l’eruzione che nell’antichità avrebbe devastato Pompei e le altre città sotto il Vesuvio avvenne proprio il 24 agosto, del 79 d.C..
Per la prima volta -nell’inchiesta esclusiva di “Sherlock” in edicola oggi sul Fatto Quotidiano – vengono resi noti documenti esclusivi dell’Aerofototeca nazionale. Strisciate aeree e rapporti ufficiali in cui si documentano – con le immagini prodotte dagli Alleati per scopi di ricognizione durante la “Campagna d’Italia” del 1943-1945 – le 165 bombe sganciate su Pompei: dagli spezzoni incendiari da 4 libbre/1,8 kg fino alle grandi “cookie” HC da 4.000 libbre/1.800 kg chiamate anche le “grandi demolitrici”.
Sono 96 gli ordigni che, nel corso degli anni, sono stati localizzati, in base alla documentazione e ai rilievi dei danni provocati su strade, ville, muri del sito archeologico. Ma le altre 70 bombe cadute nell’area ancora scavare dove si trovano? Quante sono quelle inesplose? Quali sono i rischi per archeologici e operai in un sito che attrae ogni anno 3 milioni di visitatori? E quali i piani di bonifica, se ci sono, che la Soprintendenza metterà in atto?
“Scavavamo con tutte le cautele, mica ci interessa di avere una borsa di studio in memoriam… però che sorpresa!”, racconta Antonio De Simone, archeologo e professore straordinario dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, un volto familiare anche per aver accompagnato, negli anni, Alberto Angela nelle sue puntate tv su Pompei (e non solo). “Eravamo lì con i nostri scalpelli, le pale, a sollevare piano piano un pugno di terra per volta e all’improvvisa sotto i nostri piedi ci siamo ritrovati le bombe. Due. Una già esplosa, ridotta in frammenti. L’altra, purtroppo, no. Era ancora bella intatta…”.
La grande inchiesta esclusiva su Pompei e il patrimonio minato, firmata da Enrico Fierro e Ferruccio Sansa, è in edicola sul Fatto quotidiano, con interviste e documenti esclusivi. E una mappa che svela il mistero che la terra nera di Pompei ha mantenuto finora.
“Le 10 bombe di Pompei”inaugurano la nuova iniziativa editoriale del nostro giornale “Sherlock”, che sarà in edicola a partire da domenica 7 luglio. E, visto che Sherlock torna sempre sul luogo del delitto, durante tutta la prossima settimana continuerà il suo viaggio a Pompei.
“Sherlock” è diretto e curato dal fondatore del Fatto Antonio Padellaro e dalla vicedirettrice Maddalena Oliva; progetto grafico di Fabio Corsi; infografica Andrea D’Elia.