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Elisabetta Canalis senza testa nello spot di intimo, il tribunale: “Trattata come un manichino”

Il Tribunale ha condannato la società emiliana a risarcire l'ex velina non solo per il danno patrimoniale derivato dall'indebito sfruttamento delle foto (130mila euro) ma anche per quello morale nel vedere "abusiva manipolazione della sua immagine"

di F. Q.

Elisabetta Canalis è stata “trattata alla stregua di un manichino“. È quanto hanno stabilito i giudici del Tribunale di Milano chiamato a valutare la condotta della Lormar, azienda italiana di intimo che anni fa aveva ingaggiato come testimonial l’ex velina (a partire da marzo 2013 e per un compenso di 110 mila euro) e poi aveva continuato ad usarne l’immagine anche quando il suo contratto era scaduto, utilizzando lo stratagemma di modificare con Photoshop le foto già scattate e senza né avvisare la modella né tantomeno pagarle i diritti d’immagine. Con un taglio netto dalla bocca in su e un altro dall’ombelico in giù, quelli della Lormar erano convinti di aver reso così irriconoscibile la Canalis e avevano continuato ad utilizzare gli scatti già in loro possesso per pubblicizzare di  volta in volta la loro linea di reggiseni e mutande che, guarda caso, si chiamava proprio Eli.

Non solo, per cercare di farla franca, l’azienda era stata attenta a rimuovere con Photoshop anche i tatuaggi che rendono Elisabetta Canalis perfettamente riconoscibile. La cosa non era sfuggita però all’ex velina che aveva presentato denuncia. Ora il Tribunale ha condannato la società emiliana a risarcire l’ex velina non solo per il danno patrimoniale derivato dall’indebito sfruttamento delle foto (130mila euro) ma anche per quello morale nel vedere “abusiva manipolazione della sua immagine” (30mila euro).

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