Riesco ancora a stupirmi quando si lanciano strali contro i privati che sponsorizzano eventi negli immobili e nelle aree di interesse storico artistico. Mi riferisco all’ultimo intervento di Tomaso Montanari contro Fendi, iconica casa di moda romana, anche se ormai nell’orbita di LVMH (il patròn Bernard Arnault ha promesso per il restauro di Notre Dame 200 milioni di euro).

Per celebrare il suo direttore creativo Karl Lagerfeld, scomparso lo scorso febbraio, Fendi ha organizzato all’aperto, sul Colle Palatino, nel cosiddetto podio del tempo di Venere e Roma (e non dentro al Colosseo), una sfilata per esaltare e ribadire la romanità del marchio: la leggenda vuole che Roma sia stata fondata qui. Quasi in contemporanea Dolce & Gabbana hanno sfilato nella Valle dei Templi per sottolineare il proprio legame con la Sicilia.

Il contributo, mirato al restauro del tempio, è di circa 2 milioni e mezzo; si può eccepire semmai sull’esiguità del finanziamento, ma questo sta nella capacità contrattuale dei Ministeri competenti – di cui molte volte alcuni storici dell’arte, critici con queste iniziative, sono stati consulenti – e non certo sulla commistione tra Arte e Moda.

Si può anche auspicare che i numerosi ospiti italiani e stranieri abbiano respirato la storia ed abbiano pensato di emulare il gruppo francese per altre elargizioni. Non si può neanche esecrare l’esclusività della cena successiva (all’aperto), stessa circostanza avvenuta, con sfarzo e mondanità, pochi giorni prima per il Premio Strega nella cornice aulica del Ninfeo di Villa Giulia dove diversi ospiti coincidevano… con la differenza che là non c’era la Ferragni e potrei in effetti associarmi al motto di giovani architetti comaschi: “+ Terragni – Ferragni”.

La disquisizione poi tra il concetto di mecenatismo e sponsor nell’epoca odierna è sottile. Il mecenate è colui che nulla pretende (direttamente) come contropartita anche a fronte di sostanzioso contributo economico, mentre lo sponsor esige la visibilità del marchio. Non è però proprio così: nell’epoca dei media e dei social, il tanto decantato Packard, per citarne uno, ha avuto per Ercolano un grande ritorno di immagine con articoli elogiativi in tutto il mondo, sulla generosità ed inusitata modestia, morettianamente parlando “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. Peraltro il ritorno di immagine, o addirittura politico, i mecenati lo hanno sempre avuto, fin dai tempi classici…

Gli eventuali effetti collaterali di danneggiamenti (se ne contano di più negli allestimenti di mostre) sono garantiti persino dal Codice Penale del 19 ottobre 1930, Codice Rocco per intenderci, che all’art. 733, punisce pecuniariamente ed anche con l’arresto chi causa danni al patrimonio artistico. Patrimonio artistico tutelato fin dalla Legge Bottai del 1939 che addirittura tutelava gli scorci visuali a disturbo dei monumenti storici e per cui mezz’Italia contemporanea dovrebbe essere demolita, e il successivo Codice Urbani, ne dovrebbero tutelare conservazione e decoro, molte volte compromessi dalla cronica mancanza di fondi.

Riguardo la liceità e l’opportunità di indire, in momenti drammatici, manifestazioni di questa natura, risulterebbe difficile trovare un solo giorno esente da guerre, calamità naturali, conflitti sociali, spread, invasione di cavallette e zanzare.

Detto questo, il tormentato ed annoso dibattito sulle destinazioni d’uso, la rifunzionalizzazione di edifici storici, affrontato sino alla noia dalla sottoscritta, anche su questo blog, parte dal presupposto che troppo spesso si ignora: la maggior parte di edifici nobiliari tutelati e di grande pregio artistico sono occupati per alte funzioni sociali – magistratura, carabinieri, finanza, scuole – senza che nessuno eccepisca alcunché, neanche i più ferrei talebani della tutela.

La funzione è alta ma i danni a volte sono rilevanti per incauti piccoli interventi di adattamento alle esigenze dei fruitori. Ne so qualcosa quando devo intervenire per ripristinare il decoro originale, eliminare superfetazioni, incongruenze, pur lasciando a coloro che ci lavorano spazi adeguati ma rispettosi del tempo e della bellezza. Bellezza per nulla scalfita da una sfilata d’Alta Moda.

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