L'udienza odierna si è aperta con le parole dell'ambasciatore Francesco Azzarello secondo cui i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone "sono funzionari dello Stato italiano" e pertanto "immuni dalla giustizia straniera"
I marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono tornati a casa, in Italia, ormai da qualche anno e i rapporti tra il nostro paese e l’India sono tornati alla normalità ma la vicenda dei due fucilieri di Marina accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiandoli per pirati il 15 febbraio 2012 al largo della costa del Kerala, nel sud dell’India, durante una missione a protezione di un mercantile italiano, non è ancora finita. Inizia infatti oggi alla Corte arbitrale permanente dell’Aja l’udienza finale dell’arbitrato che dovrà stabilire se Latorre e Girone devono essere processati in Italia o in India. La seduta durerà due settimane, fino al prossimo 20 luglio, ma la sentenza arriverà solo tra sei mesi.
L’udienza odierna si è aperta con le parole dell’ambasciatore Francesco Azzarello secondo cui i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone “sono funzionari dello Stato italiano“, impegnati nell’esercizio delle loro funzioni “a bordo di una nave battente bandiera italiana” e “in acque internazionali”, e pertanto “immuni dalla giustizia straniera”.
Le motivazioni dell’Italia – “Agli occhi dell’India non c’è presunzione di innocenza: i Marò erano colpevoli di omicidio ancora prima che le accuse fossero formulate”, ha proseguito Azzarello ricordando inoltre che in India “ci sono stati ingiustificabili rinvii del processo. Sono state inventate speciali procedure, in violazione con la stessa Costituzione indiana“. Nel caso anche “le considerazioni umanitarie sono rilevanti: alla fine di questo arbitrato, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone saranno stati privati, a vari livelli, della loro libertà senza alcuna imputazione per otto anni”. Considerazioni umanitarie definite “rilevanti” anche nei confronti delle famiglie dei due pescatori, Ajeesh Pink e Valentine Jelastine: per questo, ha aggiunto Azzarello, l’Italia si impegna a “facilitare la loro partecipazione e rappresentanza” in qualunque procedimento successivo, nel caso venga riconosciuta la giurisdizione italiana.
“La cooperazione che il Tribunale arbitrale ha richiesto a Italia e India per il rientro in patria di Salvatore Girone si è estesa anche ad altre aree” e, grazie alla sentenza in merito del 2016, il Tribunale ha fatto sì che i due Paesi “tornassero su un percorso di normalizzazione delle loro relazioni , dopo anni di tensioni”, h sottolineato ancora Azzarello precisando che l’Italia auspica ora che lo stesso Tribunale emetta una sentenza che “risolva pienamente e in modo definitivo la disputa” sulla giurisdizione del caso.
Le motivazioni dell’India – “L’Italia sostiene di avere l’esclusiva giurisdizione” sulla vicende dei marò, “ma bisogna tenere a mente che l’India e due suoi pescatori sono le vittime di questo caso“: “due esseri umani a bordo di una barca indiana sono stati uccisi da individui che erano su una nave commerciale”, ha replicato il rappresentante di Delhi, G. Balasubramanian. “L’Italia ha infranto la sovranità indiana nella sua zona economica esclusiva” con i due marò che hanno “sparato con armi automatiche contro un peschereccio indiano, il St. Antony, che aveva pieno diritto a operare in quell’area senza” il timore di “essere fermato, essere oggetto di spari e avere due dei suoi membri di equipaggio uccisi”, ha aggiunto il rappresentante indiano in aula. Il caso “è materia di tribunali nazionali e non dell’arbitrato internazionale” il cui mandato “si limita all’interpretazione e all’applicazione dell’Unclos (la Convenzione dell’Onu sul diritto del mare, ndr)”, ha concluso G. Balasubramanian.