L’inchiesta era partita proprio da una sua denuncia: aveva segnalato delle irregolarità nell’affidamento del Grand Hotel Miramare all’imprenditore Paolo Zagarella. Alla fine, anche lei è finita a processo come il resto della giunta: ha scelto il rito abbreviato e il gup le ha inflitto un anno di carcere e pena sospesa. Il sindaco Falcomatà e gli altri assessori attendono ancora il giudizio con rito ordinario
Un anno di carcere con pena sospesa, due mesi in più di quelli che avevano chiesto, nella loro requisitoria, il procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e il sostituto Walter Ignazitto. Si è concluso così, con il rito abbreviato, il processo per abuso d’ufficio e falso in cui è imputata l’ex assessore comunale di Reggio Calabria Angela Marcianò che Matteo Renzi, nel 2017, aveva chiamato nella segreteria nazionale del Partito Democratico. Lo ha deciso il gup Giovanna Sergi al termine della camera di consiglio dopo l’arringa dell’avvocato Renato Milasi, difensore della Marcianò.
L’inchiesta era partita proprio da una denuncia di quest’ultima che, in rotta con la giunta comunale di cui faceva parte, aveva segnalato in procura delle irregolarità nell’affidamento del Grand Hotel Miramare all’imprenditore Paolo Zagarella che, durante la campagna elettorale del 2014, aveva concesso i suoi locali per la segreteria del sindaco Giuseppe Falcomatà. L’ex assessore consegnò ai pm anche una serie di conversazioni, in chat, che hanno riscontrato la sua denuncia. Conversazioni, però, dalle quali sarebbe emersa anche la sua partecipazione alla delibera falsa oltre a quella del sindaco Falcomatà e dei suoi assessori Saverio Anghelone, Armando Neri, Rosanna Maria Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone e Antonino Zimbalatti.
Tranne la Marcianò, che ha scelto il rito abbreviato, tutti sono stati rinviati a giudizio a febbraio quando il gup aveva deciso di mandare a processo anche l’imprenditore Zagarella, in qualità di presidente e legale rappresentante dell’associazione “Il sottoscala”, il segretario comunale Giovanna Antonia Acquaviva e la dirigente Maria Luisa Spanò che si occupava del settore “Servizi alle imprese e sviluppo economico”.
Secondo la procura, il sindaco e la giunta avrebbero concorso il 16 luglio 2015 ad adottare una delibera con la quale “statuivano l’ammissibilità della proposta proveniente dall’associazione ‘Il Sottoscala’ per l’utilizzo del piano terra del ‘Miramare’”, uno dei palazzi storici e più prestigiosi di Reggio Calabria. Con quella delibera, l’amministrazione Falcomatà ha incaricato la dirigente Spanò per l’assegnazione dell’immobile all’imprenditore Zagarella consegnando a quest’ultimo le chiavi del Miramare.
Il tutto, secondo i pm, violando “i doveri di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione” previsti dalla legge in quanto sindaco e assessori “omettevano di dare preventivo avviso pubblico per consentire a terzi di manifestare l’interesse per l’assegnazione dell’immobile”. Una concessione diretta, quindi, a un’associazione il cui presidente (l’imprenditore Zagarella appunto) “veniva nominato il giorno precedente la delibera di giunta”. Prima della formale assegnazione dello stabile e prima che la delibera venisse pubblicata sull’albo pretorio, inoltre, l’imprenditore “amico” aveva ricevuto dal Comune le chiavi del Miramare.
Ritornando alla sentenza di oggi, potrebbe avere ripercussioni sulla scelta dell’ex assessore di candidarsi a sindaco di Reggio Calabria proprio contro l’uscente Falcomatà (Pd). Le elezioni saranno nei prossimi mesi e la Marcianò, se deciderà di presentarsi, lo farà con una condanna in primo grado per abuso d’ufficio e falso. La sentenza rischia di influire anche sul processo con rito ordinario al sindaco e agli altri assessori: quando saranno depositate le motivazioni, infatti, il pronunciamento del gup sarà inseritò nel fascicolo.