di Graziano Bullegas *
La mozione approvata dal Parlamento italiano, lo scorso 26 giugno, che obbliga il governo ad “adottare gli atti necessari a sospendere le esportazioni di bombe d’aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro componentistica verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen”, è una novità importante rispetto all’immobilismo assoluto degli anni precedenti o peggio ancora rispetto all’autorizzazione di esportazione di armi rilasciata dal governo Renzi alla Rwm Italia nel 2016, la fabbrica che costruisce bombe di varie forme e potenza nei comuni di Domusnovas e Iglesias. Questa decisione con le successive minacce di riduzione dell’organico nello stabilimento Rwm sono un’ulteriore conferma della precarietà delle attività e dei posti di lavoro dipendenti dalle guerre e dalle politiche internazionali.
Non sappiamo cosa accadrà adesso, troveranno qualche scappatoia usando “furbescamente” le triangolazioni con i governi mediatori per consentire alla Rwm di poter soddisfare la corposa commessa di oltre 400 milioni di euro con l’Arabia Saudita. Bombe che saranno ancora utilizzate per ultimare la distruzione dello Yemen e la sua popolazione civile. Mentre nel Sulcis si continuano a rilasciare autorizzazioni a questa società – l’ultima è di questi giorni, in barba all’imminente pronunciamento del Tar Sardegna sulla legittimità dell’intero iter autorizzativo – per ampliare la capacità produttiva dello stabilimento che proseguirà indisturbata nella sua opera di costruzione di bombe, ordigni e armi di vario genere, e di distruzione del nostro territorio, dell’ambiente e del paesaggio.
Abbiamo sentito spesso che purtroppo non possiamo impedire questi disastri perché questa società è legittimamente autorizzata ed è… “tutto in regola”!
Noi abbiamo seri dubbi sulla veridicità di questa affermazione, infatti abbiamo presentato un ricorso al Tar Sardegna con ben 14 motivi di illegittimità e proprio due settimane fa si è tenuta l’udienza del Tar Sardegna che dovrà decidere sulla legittimità delle numerose autorizzazioni rilasciate negli ultimi anni alla Rwm.
Siamo convinti che anche in Sardegna le multinazionali devono rispettare le norme urbanistiche, paesaggistiche e ambientali, tutte le leggi esistenti a garanzia della sicurezza dei cittadini e quelle che garantiscono la partecipazione della comunità ai processi decisionali, oltre ai trattati sul diritto delle associazioni e dei portatori di interesse a conoscere i dati e le informazioni di carattere ambientale. Si tratta di trattati e direttive europee e di leggi e decreti della Repubblica italiana e della Regione sarda che non possono essere disattese. Per chiederne il rispetto e la corretta applicazione, assieme a noi di Italia Nostra, si è formato un ampio fronte di associazioni e comitati che hanno chiamato in causa il comune di Iglesias in primo luogo, ma anche la Regione Sardegna, la provincia del Sud Sardegna e la stessa prefettura di Cagliari per aver in vario modo autorizzato l’ampliamento dello stabilimento della Rwm Italia spa con modalità di dubbia legittimità e nonostante non sussistessero i requisiti di legge.
In attesa di conoscere la decisione dei giudici amministrativi della Sardegna proviamo a fare il punto sul discutibile iter autorizzatorio, anche in base alle informazioni che in questi mesi siamo riusciti ad ottenere, nonostante l’assoluta segretezza sugli atti, grazie alla documentazione che è stata depositata davanti al Tar.
Tra i numerosi vizi sollevati nei ricorsi presentati dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa ne cito soltanto alcuni tra i più rilevanti:
1) La questione di cui si è disquisito a lungo nelle memorie dell’azienda e degli enti che si sono costituiti in giudizio riguarda l’esistenza o meno nello stabilimento, definito dalla stessa Rwm un impianto chimico, di un processo produttivo di natura chimica finalizzato alla produzione di esplosivo: condizione che renderebbe obbligatoria la Valutazione di Impatto Ambientale. Curiosamente le risposte alle nostre certezze sull’argomento, suffragate anche da un nostro tecnico di fiducia, sono state tra le più disparate. Dopo aver respinto sdegnosamente tale ipotesi, hanno dovuto poi ammettere che la produzione esisteva, ma era di natura fisica e non chimica. Successivamente, incalzati dalle nostre relazioni e dall’evidenza, hanno ammesso anche l’esistenza di un processo chimico ma non esistono, a loro dire, una serie di unità funzionalmente connesse in impianto chimico integrato per la fabbricazione di esplosivi. Anche questa tesi, fatta propria dalla Regione Sardegna, è una assurdità tecnica non contemplata dalle linee guida emanate della Comunità Europea in materia di Via.
Saranno i giudici del Tar a decidere se l’ampliamento dell’impianto andava assoggettato a Via oppure no. Certo è che l’esistenza di una fabbrica per la produzione di esplosivi è incompatibile con l’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) – una autorizzazione ambientale semplificata che viene rilasciata alle piccole aziende artigianali – e obbliga invece lo stabilimento all’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) più rigida e certamente più opportuna per uno stabilimento inquinante e a rischio di incidente rilevante come quello della Rwm.
2) L’altra importante assurdità presente, e da noi sollevata, riguarda il frazionamento dello stabilimento (parrebbe addirittura che siano state presentate più richieste per lo stesso edificio) finalizzato ad evitare la Valutazione di Impatto Ambientale. Una scorciatoia, non contemplate dalla vigente normativa, per evitare la presentazione di un Piano Attuativo, così come previsto dalle norme urbanistiche del Comune di Iglesias per le costruzione in area industriale. Ma è una norma che vale in tutta Italia.
A sostegno della tesi sulla correttezza urbanistica dell’ampliamento dello stabilimento in una zona urbanisticamente non compatibile abbiamo letto nelle memorie ipotesi tra le più bizzarre, perfino che una destinazione urbanistica può essere assegnata per contagio (come il virus del raffreddore!) in base alla destinazione urbanistica delle aree circostanti, anche se appartenenti ad altri comuni (sic!). Con buona pace dei Consigli Comunali ai quali compete la pianificazione urbanistica dei propri territori.
3) E poi esiste il problema della sicurezza esterna. Che dovrebbe essere garantita dal Piano di Emergenza per le Aree Esterne (PEE), obbligatorio per gli stabilimenti ad elevato rischio di incidente rilevante (d.lgs 105/2015 e d.lgs 334/1999) come quello di Domusnovas-Iglesias di Rwm Italia. Il piano attualmente in vigore è scaduto, come una patente. Solo che quelli della RWM continuano a guidare senza che nessuno intervenga e in gioco c’è la sicurezza di decine di migliaia di persone che vivono e lavorano a pochi chilometri dello stabilimento di Domusnovas e delle altre sedi disseminate tra Musei ed Iglesias. Il PEE scaduto non viene aggiornato dal 2012, ed è assolutamente obsoleto in quanto da allora la produzione dello stabilimento è cambiata completamente e gli ordigni prodotti sono molto più potenti e pericolosi. La società ha ampliato la sua attività anche in prossimità del centro urbano di Iglesias, a fianco di esistenti attività produttive e case abitate da civili. Una situazione di seria pericolosità e di mancato rispetto della normativa in assenza quindi delle minime garanzie di sicurezza.
E’ bene ricordare ai sindaci e al prefetto di Cagliari, che hanno responsabilità diretta in materia di sicurezza pubblica, che il Piano di Emergenza deve essere aggiornato ogni tre anni e ogniqualvolta intervengano modifiche significative nell’impianto o nella produzione, che esso è pubblico e deve essere noto alla popolazione attraverso apposite campagne informative, come previsto al punto VII del D.P.C.M. 25.2.2005 “Pianificazione dell’emergenza degli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante”.
In una situazione in cui appaiono palesi diverse illegittimità e contraddizioni, abbiamo chiesto al Tar, nel rispetto del Principio di Precauzione, di rimandare qualsiasi decisione alla Valutazione di Impatto Ambientale, una procedura tecnica e democratica stabilita dalla legge.
E’ bene ricordare che uno dei motivi di illegittimità sollevati è stata l’esclusione dei ricorrenti dai numerosi procedimenti amministrativi e dalla completa conoscenza degli atti e delle informazioni di carattere ambientale. Le procedure di Via e di Vinca consentirebbero di sanare questo vizio permettendo la partecipazione del pubblico al procedimento in maniera trasparente, con tutte le informazioni necessarie per studiare il processo produttivo e supportare con osservazioni e relazioni tecniche l’attività degli uffici deputati all’istruzione del procedimento.
In conclusione quindi ci troviamo di fronte ad uno stabilimento che emette sostanze inquinanti, ad alto rischio di incidente rilevante, che distrugge il territorio, il paesaggio e l’ambiente naturale, che – come da nostre denunce – presenta numerosi profili di illegittimità, che ha ricevuto una autorizzazione ambientale simile a quella che viene rilasciata a una piccola attività artigianale, che è stato autorizzato senza alcun coinvolgimento della Comunità (Consiglio Comunale, Associazioni e Portatori di Interesse, Cittadini) e senza alcuna garanzia per la sicurezza della popolazione che viene tenuta all’oscuro perfino dei piani di sicurezza e degli eventuali rischi a cui potrebbe andare incontro.
Su tutto questo sono chiamati a rispondere i giudici del Tar Sardegna, ma in particolare devono chiarire alla Rwm e a tutti gli enti interessati se in Sardegna le direttive della Comunità Europea, le leggi italiane e le norme regionali si applicano per tutti in maniera eguale o se esiste invece una sorta di zona franca o un iter facilitato per le multinazionali e per le aziende inquinanti.
Lì, 07 luglio 2019
* Italia Nostra Sardegna
Italia Nostra
Associazione per la tutela del Patrimonio storico, artistico e naturale
Cronaca - 8 Luglio 2019
Sardegna, abbiamo portato in tribunale l’azienda che produce armi per l’Arabia saudita
di Graziano Bullegas *
La mozione approvata dal Parlamento italiano, lo scorso 26 giugno, che obbliga il governo ad “adottare gli atti necessari a sospendere le esportazioni di bombe d’aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro componentistica verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen”, è una novità importante rispetto all’immobilismo assoluto degli anni precedenti o peggio ancora rispetto all’autorizzazione di esportazione di armi rilasciata dal governo Renzi alla Rwm Italia nel 2016, la fabbrica che costruisce bombe di varie forme e potenza nei comuni di Domusnovas e Iglesias. Questa decisione con le successive minacce di riduzione dell’organico nello stabilimento Rwm sono un’ulteriore conferma della precarietà delle attività e dei posti di lavoro dipendenti dalle guerre e dalle politiche internazionali.
Non sappiamo cosa accadrà adesso, troveranno qualche scappatoia usando “furbescamente” le triangolazioni con i governi mediatori per consentire alla Rwm di poter soddisfare la corposa commessa di oltre 400 milioni di euro con l’Arabia Saudita. Bombe che saranno ancora utilizzate per ultimare la distruzione dello Yemen e la sua popolazione civile. Mentre nel Sulcis si continuano a rilasciare autorizzazioni a questa società – l’ultima è di questi giorni, in barba all’imminente pronunciamento del Tar Sardegna sulla legittimità dell’intero iter autorizzativo – per ampliare la capacità produttiva dello stabilimento che proseguirà indisturbata nella sua opera di costruzione di bombe, ordigni e armi di vario genere, e di distruzione del nostro territorio, dell’ambiente e del paesaggio.
Abbiamo sentito spesso che purtroppo non possiamo impedire questi disastri perché questa società è legittimamente autorizzata ed è… “tutto in regola”!
Noi abbiamo seri dubbi sulla veridicità di questa affermazione, infatti abbiamo presentato un ricorso al Tar Sardegna con ben 14 motivi di illegittimità e proprio due settimane fa si è tenuta l’udienza del Tar Sardegna che dovrà decidere sulla legittimità delle numerose autorizzazioni rilasciate negli ultimi anni alla Rwm.
Siamo convinti che anche in Sardegna le multinazionali devono rispettare le norme urbanistiche, paesaggistiche e ambientali, tutte le leggi esistenti a garanzia della sicurezza dei cittadini e quelle che garantiscono la partecipazione della comunità ai processi decisionali, oltre ai trattati sul diritto delle associazioni e dei portatori di interesse a conoscere i dati e le informazioni di carattere ambientale. Si tratta di trattati e direttive europee e di leggi e decreti della Repubblica italiana e della Regione sarda che non possono essere disattese. Per chiederne il rispetto e la corretta applicazione, assieme a noi di Italia Nostra, si è formato un ampio fronte di associazioni e comitati che hanno chiamato in causa il comune di Iglesias in primo luogo, ma anche la Regione Sardegna, la provincia del Sud Sardegna e la stessa prefettura di Cagliari per aver in vario modo autorizzato l’ampliamento dello stabilimento della Rwm Italia spa con modalità di dubbia legittimità e nonostante non sussistessero i requisiti di legge.
In attesa di conoscere la decisione dei giudici amministrativi della Sardegna proviamo a fare il punto sul discutibile iter autorizzatorio, anche in base alle informazioni che in questi mesi siamo riusciti ad ottenere, nonostante l’assoluta segretezza sugli atti, grazie alla documentazione che è stata depositata davanti al Tar.
Tra i numerosi vizi sollevati nei ricorsi presentati dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa ne cito soltanto alcuni tra i più rilevanti:
1) La questione di cui si è disquisito a lungo nelle memorie dell’azienda e degli enti che si sono costituiti in giudizio riguarda l’esistenza o meno nello stabilimento, definito dalla stessa Rwm un impianto chimico, di un processo produttivo di natura chimica finalizzato alla produzione di esplosivo: condizione che renderebbe obbligatoria la Valutazione di Impatto Ambientale. Curiosamente le risposte alle nostre certezze sull’argomento, suffragate anche da un nostro tecnico di fiducia, sono state tra le più disparate. Dopo aver respinto sdegnosamente tale ipotesi, hanno dovuto poi ammettere che la produzione esisteva, ma era di natura fisica e non chimica. Successivamente, incalzati dalle nostre relazioni e dall’evidenza, hanno ammesso anche l’esistenza di un processo chimico ma non esistono, a loro dire, una serie di unità funzionalmente connesse in impianto chimico integrato per la fabbricazione di esplosivi. Anche questa tesi, fatta propria dalla Regione Sardegna, è una assurdità tecnica non contemplata dalle linee guida emanate della Comunità Europea in materia di Via.
Saranno i giudici del Tar a decidere se l’ampliamento dell’impianto andava assoggettato a Via oppure no. Certo è che l’esistenza di una fabbrica per la produzione di esplosivi è incompatibile con l’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) – una autorizzazione ambientale semplificata che viene rilasciata alle piccole aziende artigianali – e obbliga invece lo stabilimento all’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) più rigida e certamente più opportuna per uno stabilimento inquinante e a rischio di incidente rilevante come quello della Rwm.
2) L’altra importante assurdità presente, e da noi sollevata, riguarda il frazionamento dello stabilimento (parrebbe addirittura che siano state presentate più richieste per lo stesso edificio) finalizzato ad evitare la Valutazione di Impatto Ambientale. Una scorciatoia, non contemplate dalla vigente normativa, per evitare la presentazione di un Piano Attuativo, così come previsto dalle norme urbanistiche del Comune di Iglesias per le costruzione in area industriale. Ma è una norma che vale in tutta Italia.
A sostegno della tesi sulla correttezza urbanistica dell’ampliamento dello stabilimento in una zona urbanisticamente non compatibile abbiamo letto nelle memorie ipotesi tra le più bizzarre, perfino che una destinazione urbanistica può essere assegnata per contagio (come il virus del raffreddore!) in base alla destinazione urbanistica delle aree circostanti, anche se appartenenti ad altri comuni (sic!). Con buona pace dei Consigli Comunali ai quali compete la pianificazione urbanistica dei propri territori.
3) E poi esiste il problema della sicurezza esterna. Che dovrebbe essere garantita dal Piano di Emergenza per le Aree Esterne (PEE), obbligatorio per gli stabilimenti ad elevato rischio di incidente rilevante (d.lgs 105/2015 e d.lgs 334/1999) come quello di Domusnovas-Iglesias di Rwm Italia. Il piano attualmente in vigore è scaduto, come una patente. Solo che quelli della RWM continuano a guidare senza che nessuno intervenga e in gioco c’è la sicurezza di decine di migliaia di persone che vivono e lavorano a pochi chilometri dello stabilimento di Domusnovas e delle altre sedi disseminate tra Musei ed Iglesias. Il PEE scaduto non viene aggiornato dal 2012, ed è assolutamente obsoleto in quanto da allora la produzione dello stabilimento è cambiata completamente e gli ordigni prodotti sono molto più potenti e pericolosi. La società ha ampliato la sua attività anche in prossimità del centro urbano di Iglesias, a fianco di esistenti attività produttive e case abitate da civili. Una situazione di seria pericolosità e di mancato rispetto della normativa in assenza quindi delle minime garanzie di sicurezza.
E’ bene ricordare ai sindaci e al prefetto di Cagliari, che hanno responsabilità diretta in materia di sicurezza pubblica, che il Piano di Emergenza deve essere aggiornato ogni tre anni e ogniqualvolta intervengano modifiche significative nell’impianto o nella produzione, che esso è pubblico e deve essere noto alla popolazione attraverso apposite campagne informative, come previsto al punto VII del D.P.C.M. 25.2.2005 “Pianificazione dell’emergenza degli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante”.
In una situazione in cui appaiono palesi diverse illegittimità e contraddizioni, abbiamo chiesto al Tar, nel rispetto del Principio di Precauzione, di rimandare qualsiasi decisione alla Valutazione di Impatto Ambientale, una procedura tecnica e democratica stabilita dalla legge.
E’ bene ricordare che uno dei motivi di illegittimità sollevati è stata l’esclusione dei ricorrenti dai numerosi procedimenti amministrativi e dalla completa conoscenza degli atti e delle informazioni di carattere ambientale. Le procedure di Via e di Vinca consentirebbero di sanare questo vizio permettendo la partecipazione del pubblico al procedimento in maniera trasparente, con tutte le informazioni necessarie per studiare il processo produttivo e supportare con osservazioni e relazioni tecniche l’attività degli uffici deputati all’istruzione del procedimento.
In conclusione quindi ci troviamo di fronte ad uno stabilimento che emette sostanze inquinanti, ad alto rischio di incidente rilevante, che distrugge il territorio, il paesaggio e l’ambiente naturale, che – come da nostre denunce – presenta numerosi profili di illegittimità, che ha ricevuto una autorizzazione ambientale simile a quella che viene rilasciata a una piccola attività artigianale, che è stato autorizzato senza alcun coinvolgimento della Comunità (Consiglio Comunale, Associazioni e Portatori di Interesse, Cittadini) e senza alcuna garanzia per la sicurezza della popolazione che viene tenuta all’oscuro perfino dei piani di sicurezza e degli eventuali rischi a cui potrebbe andare incontro.
Su tutto questo sono chiamati a rispondere i giudici del Tar Sardegna, ma in particolare devono chiarire alla Rwm e a tutti gli enti interessati se in Sardegna le direttive della Comunità Europea, le leggi italiane e le norme regionali si applicano per tutti in maniera eguale o se esiste invece una sorta di zona franca o un iter facilitato per le multinazionali e per le aziende inquinanti.
Lì, 07 luglio 2019
* Italia Nostra Sardegna
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Top 5 della 2ª di Sanremo: Giorgia, Cristicchi, Fedez, Lauro e Corsi – Michielin piange, Show Frassica, Balti splende| Pagelle di C.Rossi
Milano, 12 feb. (Adnkronos) - Il conto in Olanda dove sono stati sequestrati i soldi versati da Massimo Moratti, nell'ambito di una truffa in cui è stato usato il nome del ministro della Difesa Massimo Crosetto, risulta intestato a più persone straniere su cui ora sono in corso gli accertamenti per verificarne l'esistenza e anche per capire eventuali collegamenti con altri soggetti. E' quanto si apprende da fonti investigative.
In particolare, da quanto emerge, sul conto olandese risultano versati i 980mila euro della truffa al presidente di Saras, soldi che il gruppo avrebbe tentato di spostare altrove, ma la tempistica non ha giocato a loro favore e il 'congelamento' del denaro è arrivato prima.
In attesa degli esiti delle rogatorie, si attendono già domani, in procura a Milano si continua a lavorare anche sui numeri telefonici usati per mettere a segno i plurimi tentativi di truffa - ora usando il nome del ministro o del suo staff - nei confronti del gotha dell'imprenditoria e della finanza.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Sicurezza negli stadi, contrasto alla criminalità e prevenzione dei comportamenti illeciti. Sono le tematiche al centro del tavolo presieduto dai ministri dell’Interno e per lo Sport e i giovani, Matteo Piantedosi e Andrea Abodi che hanno incontrato i presidenti di Figc Gabriele Gravina, Lega serie A, Ezio Simonelli, Lega nazionale professionisti serie B, Paolo Bedin, Lega italiana calcio professionistico, Matteo Marani, Lega nazionale dilettanti, Giancarlo Abete. Presenti anche il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, il capo della Polizia, Vittorio Pisani e il presidente dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, Mario Improta.
La riunione è stata l’occasione per proseguire il confronto già avviato su proposte e iniziative da mettere in campo congiuntamente. L’obiettivo rimane quello di tutelare le tifoserie sane e di individuare in maniera chirurgica coloro che vanno allo stadio per attuare comportamenti criminali e violenti, assicurando un ambiente più sicuro e vivibile per tutti gli appassionati. Il tavolo ha anche discusso di azioni concrete per contrastare le scommesse illegali e per arginare il fenomeno della pirateria audiovisiva, sanzionando i fruitori dei contenuti illegali. Prossimo incontro tra un mese. Così una nota congiunta dei ministri dell'Interno e per lo Sport e i giovani.
Londra, 12 feb. (Adnkronos) - Non sarà consentito l'alcol ai Mondiali del 2034 in Arabia Saudita. Lo ha dichiarato l'ambasciatore saudita nel Regno Unito, il principe Khalid bin Bandar Al Saud. I tifosi che assisteranno al torneo non potranno trovare bevande alcoliche negli hotel, nei ristoranti o negli stadi. L'Arabia Saudita è un paese differente dal Qatar, dove l'alcol era disponibile in alcuni posti durante i Mondiali del 2022, e non ci saranno eccezioni per questo torneo. "Al momento, non consentiamo l'alcol", ha detto Al Saud a LBC.
"Ci si può divertire molto senza alcol, non è necessario al 100% e se vuoi bere dopo essere andato via, sei il benvenuto, ma al momento non abbiamo alcol. Un po' come il nostro clima, è un paese secco". L'Arabia Saudita è stata confermata come paese ospitante della Coppa del Mondo a dicembre, nonostante le preoccupazioni sui diritti umani. Alla domanda se i tifosi gay di calcio sarebbero stati al sicuro nel paese, Al Saud ha aggiunto: "Daremo il benvenuto a tutti in Arabia Saudita. Non è un evento saudita, è un evento mondiale. E in larga misura, daremo il benvenuto a chiunque voglia venire".
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Le attiviste del Referendum Cittadinanza hanno lanciato un appello via social alle artiste e agli artisti che in questi giorni si esibiranno sul palco del Festival di Sanremo: dire Sì all’Italia che riconosce tutte le sue figlie e tutti i suoi figli direttamente dall’Ariston. La cantante Giorgia e Brunori Sas sono stati i primi a rispondere all'appello e, insieme alle attiviste di ActionAid Utibe Joseph e Kejsi Hodo, hanno cantato il celebre brano di Toto Cutugno L'Italiano.
Gli artisti, poi, hanno ricevuto in dono un ciuccio con un nastrino tricolore da portare con sé sul palco, come simbolo di tutti quei figli e figlie d'Italia che non hanno ancora il riconoscimento della cittadinanza. Il referendum cittadinanza ha ricevuto l'ok dalla Corte Costituzionale lo scorso 20 gennaio insieme agli altri 4 quesiti sul lavoro promossi dalla Cgil. Andrà al voto in primavera.
Dopo la bocciatura del quesito sull'Autonomia la sfida del quorum si fa più ardua, ed è per questo che i promotori partono proprio dal più popolare spettacolo televisivo italiano per richiamare l'attenzione del Paese sull'appuntamento referendario. Il referendum cittadinanza è stato promosso da +Europa, Possibile, Dalla Parte Giusta della Storia, ActionAid, Libera, Arci, Italiani senza Cittadinanza, Conngi, insieme a una grande rete di oltre 70 organizzazioni.
Milano, 12 feb. (Adnkronos) - La competenza territoriale si radica a Milano, da qualunque lato si inquadri la questione. Lo sostiene la Cassazione nelle motivazioni sul caso Visibilia che vede indagata, tra gli altri, la ministra del Turismo Daniela Santanchè con l'ipotesi di truffa aggravata all'Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid. Nel provvedimento, che segue la decisione dello scorso 29 gennaio, si rigetta la richiesta della difesa di considerare singole ipotesi di truffa (e non una truffa continuata) e di radicare la competenza a Roma.
Per il collegio della seconda sezione penale presieduta da Anna Petruzzellis - chiamato a rispondere alla questione sollevata dalla giudice delle indagini preliminari di Milano Tiziana Gueli - dato che la procura meneghina ha rilevato che l'ultima erogazione dei contributi è stata pagata a un dipendente in una banca nel Milanese, "deve essere affermata la competenza territoriale del Tribunale di Milano". Nell'indagine, coordinata dai pubblici ministeri Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi, risultano coinvolti 13 dipendenti delle due società indagate, Visibilia Concessionaria srl e Visibilia Editore spa, che sarebbero stati messi in cassa integrazione a zero ore senza saperlo (e quindi continuando a lavorare) causando un 'danno' di oltre 126 mila euro versati dall'Inps.
"La soluzione - si legge nella decisione della Cassazione - non cambia nel caso in cui si voglia ancorare la competenza territoriale al momento della richiesta della cassa integrazione, posto che dalla documentazione prodotta in atti risulta che la richiesta è stata inviata alla sede Inps di Milano e che sempre la sede Inps di Milano ha autorizzato la cassa integrazione". Infine, a rafforzare la competenza territoriale il fatto che "avendo le società sede a Milano, il delitto di truffa si è comunque consumato a Milano, al momento della acquisizione dell’ingiusto profitto da parte delle società, che si realizza in concomitanza con la percezione dei contributo da parte dei lavoratori". L'udienza preliminare sul caso Visibilia riprenderà come da calendario il 26 marzo prossimo.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - L'aula della Camera ha approvato la proposta di legge recante 'modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma'. I voti favorevoli sono stati 140, 84 quelli contrari e 3 gli astenuti.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - "Ho visto Sanremo ieri sera, erano anni che non lo vedevo, ma sono rimasto sveglio fino alle 2 per vedermelo tutto. Mi è piaciuto per la qualità espressa, è una vetrina italiana vera. Come ha detto Jovanotti è un po’ come Natale, capodanno, carnevale". Filippo Ricci, direttore creativo della Stefano Ricci Spa, ha commentato così con l'Adnkronos la prima serata del 75esimo Festival di Sanremo e gli outfit del conduttore Carlo Conti creati dalla maison.
Che emozione è stata vedere Carlo Conti con i vostri abiti in apertura del 75esimo Festival della Canzone italiana?
"Siamo abituati a palcoscenici internazionali, ma è la prima volta che saliamo con rispetto sul palco dell'Ariston, tra l'altro con il conduttore e direttore, e quindi è stata una bella emozione. Ero un po' in apprensione che questo outfit gli tornasse bene addosso in una serata movimentata. E' fatto tutto al 100% in Italia, su misura per Carlo, e c'è stato dietro un lavoro di ricerca, insieme a lui, dei tessuti e della costruzione dei modelli in questi mesi, quindi è stato parte proattiva della ricerca e dello sviluppo degli outfit per queste cinque serate", ha spiegato Filippo Ricci.
Che idea avete avuto nello sviluppo degli outfit? Ne utilizzerà uno a serata?
"L'idea che abbiamo avuto, sin dall'inizio, è stata quella di fare un percorso di sartorialità. Noterete che sono tutti outfit abbastanza rigorosi, anche se la qualità dei tessuti conferisce un senso di morbidezza. L'idea era di dare un concetto di eleganza senza tempo perché Sanremo appartiene alla cultura del Paese. Poi ieri sera abbiamo giocato con il colore, il midnight blu, questo blu notte che è ben diverso dal classico nero, anche se ci saranno degli outfit scuri in seguito. Non conosco la sequenza, visto che la deciderà lui con il proprio staff ogni sera. Sono tutti pronti e a disposizione, con un nostro sarto dedicato dietro le quinte. Carlo ha più scelte, ma credo userà un outfit a serata perché da quello che ho visto ieri, nel movimento veloce tra uno spazio e l'altro credo che voglia mantenere un ritmo serrato per le tempistiche sceniche sue".
Quali emozioni ci sono state durante la prima serata del Festival?
"E' stato bello vedere Papa Francesco e ascoltare il suo messaggio, credo che sia la prima volta nella storia del Festival, quindi anche solo quella è stata un'immagine potente. Poi Jovanotti ha provocato una scarica d’energia positiva, da re dell'entertainment", ha spiegato il direttore creativo della Stefano Ricci Spa.
Carlo Conti era preoccupato di non riuscire a valorizzare la classe e la modernità degli smoking, ci è riuscito?
"Ci è riuscito assolutamente, ha un bel portamento, e gli ho detto 'sei proprio un bel modello'. E' un uomo che sa stare sul palcoscenico e vestire dei capi sartoriali. Quello di ieri non era un capo semplicissimo, è una giacca smoking in velluto blu, tra l'altro quello è un jersey di velluto, quindi più morbido, ma lo vestiva molto bene, con i tre pezzi, e sotto aveva un gilet in lana coordinato con il pantalone mohair. Abbiamo voluto fare proprio il tocco estremo di sartorialità con tutto il bordino in raso che è stato fatto su tutto il revere. L'idea era quella di rispettare un percorso abbastanza classico della sartorialità italiana e fiorentina, perché se si va a vedere la spalla, è una vecchia scuola fiorentina il modo di realizzarla in maniera morbida, quindi la giacca è molto leggera".
Queste sera la seconda serata con nuove sorprese?
"Gli abiti sono smoking oppure giacche da cocktail, quindi ci sarà un'alternanza dove Carlo ha possibilità di scelta anche tra cravatta o papillon. Ci hanno scritto in molti sui social, anche dall’estero a conferma di una vetrina internazionale come Sanremo, proprio per avere questa informazione, ed è molto divertente. La cosa interessante è che ci arrivano messaggi da tutto il mondo, perché è il Festival della canzone italiana, è italianissimo, ma lo guardano in America, lo guardano gli italo-americani, lo guardano in Sud America, lo guardano a Est, e comunque la visibilità internazionale è importante. Questo è un palcoscenico di italianità che richiama la musica italiana in generale ma non solo", ha spiegato Filippo Ricci la cui maison vende in tutto il mondo.
I nostri mercati principali?
"Noi produciamo tutto in Italia, ma in Italia vendiamo poco. Noi vendiamo a clienti in tutto il mondo, con le nostre 82 boutique e in Italia ne abbiamo due a Firenze dove è anche la sede dell'azienda, due a Milano, uno a Porto Cervo. Tra i mercati più importanti gli Stati Uniti, le capitali del continente europeo come Londra e Parigi, al Middle East, Dubai, fino alla Cina. A Carlo Conti abbiamo fornito tutto l'outfit, dalle scarpe, alle camicie, e abbiamo anche fatto diversi capi sportivi per le conferenze stampa e gli altri impegni del Festival. Dalle giacche in maglia sportive con le sneaker più casual e abbiamo lavorato insieme per fargli provare un po' di tessuti anche particolari"ha concluso Filippo Ricci. (di Emanuele Rizzi)