Tindouf visto da qui è solo un puntino nella mappa geografica. Si trova in Algeria ed è un insieme di campi profughi che da metà degli anni Settanta accoglie la popolazione saharawi, in fuga dalle forza armate del Marocco. In questi campi, che hanno trasformato una condizione temporanea in permanente, ci sono tante famiglie dei primi profughi scappati dalla guerra del Sahara Occidentale. Una storia complessa di colonizzazione, rivendicazioni, diritti e risorse economiche e naturali. La “gente del deserto”, traduzione di saharawi, vive da decenni sulla propria pelle il silenzio della politica e dei governi del mondo intero. Persone segnate da durissime condizioni di vita, molto simili ad un perenne esilio.

L’associazione Shanti Sahara è nata nel 2011 per occuparsi proprio di quella parte della popolazione saharawi che vive nei campi profughi di Smara, Laayune, Ausserd, 27 Febbraio e Dakhla, nei pressi di Tindouf. I saharawi fanno ogni giorno i conti con la mancanza di cibo, acqua, e di altri beni primari. Mancano i farmaci, strutture e personale sanitario qualificato. Qui l’associazione lavora con “gli ultimi tra gli ultimi”, ovvero con i bambini disabili: “Prendiamo in carico bambini affetti da patologie neurologiche (come epilessia, tetraparesi spastica, paralisi cerebrale infantile) o altre condizioni sanitarie per cui le cure non sono disponibili nei campi profughi”, spiegano dall’associazione.

Ogni anno Shanti Sahara organizza l’accoglienza estiva di dieci bambini disabili saharawi e garantisce loro servizi diagnostico-terapeutici e riabilitativi nelle province di Milano e di Genova. Si adopera inoltre per trovare famiglie disposte ad ospitare i bambini per un periodo di tempo che va da pochi mesi a qualche anno. Tra tutti i bambini c’è Sidi, “cuore e anima” dell’associazione, seguito dal 2013. Oggi per lui è nata una campagna dal titolo #Sidiimparaacamminare perché si è aperta una possibilità concreta: con un intervento chirurgico ortopedico agli arti inferiori il bimbo potrebbe finalmente imparare a camminare con l’ausilio di un deambulatore.

“Aiutare Sidi è l’impresa più grande che abbiamo mai provato a fare – scrive Shanti Sahara -, per questo abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti”. È nata così una raccolta fondi su GoFundMe, per trovare i soldi necessari per l’intervento e per un percorso intenso di fisioterapia, che lo terrà in Italia per almeno cinque mesi. “Con Sidi abbiamo riso, scherzato, pianto ad ogni partenza ma soprattutto fatto chilometri spingendo la sua carrozzina mentre lui la immaginava come una spider rossa fiammante”, concludono gli organizzatori della campagna. Quei chilometri oggi Sidi potrebbe farli sulle sue gambe. E noi possiamo essere il suo sostegno.

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