Le sezioni unite civili della Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un ex parlamentare contro il taglio dei vitalizi deciso un anno fa dall’ufficio di presidenza della Camera, che ha decurtato gli assegni a circa 1.300 ex deputati. Secondo i giudici di piazza Cavour, le controversie su attribuzione e misura dell’indennità parlamentare e degli assegni per gli ex parlamentari “non possono che essere decise dagli organi dell’autodichia, la cui previsione risponde alla medesima finalità di garantire la particolare autonomia del Parlamento”. Non è esclusa comunque, si legge nell’ordinanza, “la legittimazione degli organi di autodichia a sollevare questioni di legittimità costituzionale delle norme di legge cui le fonti di autonomia effettuino rinvio”. Così, se il Movimento 5 Stelle esulta leggendo la pronuncia come una vittoria sui “privilegi”, l’autore del ricorso – Paolo Armaroli, giurista, deputato di An dal 1996 al 2001 – parla di “bicchiere mezzo pieno”.
“Una bellissima notizia: la Cassazione ha bocciato il ricorso”, ha commentato il vicepremier Luigi Di Maio su Facebook. “Perché sui vitalizi e sulle indennità parlamentari decidono solo gli organi dell’autodichia, a garanzia dell’autonomia del Parlamento. E gli Uffici di Presidenza delle Camere, anche grazie ai nostri portavoce, hanno deciso di tagliare questi privilegi assolutamente iniqui”. Con l’eliminazione dei vitalizi “andremo a risparmiare circa 280 milioni, tra Camera e Senato, a legislatura“, continua il leader M5s. “Soldi che invece di finire nelle tasche di pochi privilegiati potranno essere usati a favore degli italiani”. “L’abolizione dei vitalizi dei parlamentari, fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, è una conquista dei cittadini italiani”, ha aggiunto il ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia diretta Riccardo Fraccaro. “Chi ancora vuole difendere gli insopportabili privilegi deve fare i conti con il cambiamento ormai inarrestabile”.
Ora la querelle riparte dal Consiglio di giurisdizione – Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione era stato presentato da Paolo Armaroli, che alla Cassazione chiedeva che fosse dichiarata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario o, in subordine, di quello amministrativo. Armaroli aveva già impugnato la delibera del luglio scorso, per effetto della quale il suo vitalizio da ex parlamentare era stato decurtato del 44,41%, davanti al Consiglio di Giurisdizione della Camera composto da Alberto Losacco del Pd, Stefania Ascari del M5s e Silvia Covolo della Lega. E’ lì che per il momento giace la querelle sui tagli, ed è lì che adesso riprenderà la battaglia. Il Consiglio rappresenta il primo grado: c’è anche un collegio di appello, presieduto da Andrea Colletti del M5S e costituito da 5 membri tra cui Laura Cavandoli della Lega, Cosimo Maria Ferri del Pd, Paola Frassinetti di Fdi e Laura Ravetto di Forza Italia.
Armaroli: “Qualsiasi ricorrente potrà adire la Corte Costituzionale in via incidentale” – E ora Armaroli vede nell’ordinanza della Cassazione che nega l’ammissibilità del suo ricorso “un bicchiere mezzo pieno”: “E’ vero che viene ribadito il principio dell’autodichia delle Camere, in base al quale Camera e Senato sono giudici legittimati in materia”, ma se “sono giudici, e non un plotone di esecuzione al quale farebbero pensare le parole del vice premier Luigi Di Maio che in tv aveva detto ‘rassegnatevi’ ai titolari di vitalizi, allora qualsiasi ricorrente potrà adire la Corte Costituzionale in via incidentale”.
L’ordinanza: “Gli organi di autodichia possono sollevare questioni di legittimità costituzionale” – Con l’ordinanza depositata oggi, la Suprema Corte ha bocciato il ricorso sottolineando che è “da escludere che in questa sede vi sia spazio per l’esame di una qualsiasi censura riguardante la misura e l’attribuzione degli assegni vitalizi degli ex parlamentari”. Infatti “non si profila l’eventualità che l’organo di autodichia al quale il ricorrente si è rivolto possa non decidere la controversia e che quindi l’attività già svolta in quella sede dal ricorrente possa risultare inutile“. Ma, si legge ancora nell’ordinanza, “l’esistenza di una sfera di autonomia speciale garantita alle Camere in cui va inserita l’autodichia in oggetto” non esclude “la legittimazione degli organi di autodichia a sollevare questioni di legittimità costituzionale delle norme di legge cui le fonti di autonomia effettuino rinvio”.