“Gli interventi comunque realizzati dal Gestore e mirati a rendere maggiormente affidabile l’esercizio dell’impianto, pur migliorando le condizioni generali di sicurezza dell’impianto, non scongiurano di fatto possibili eventi incontrollati e danni irreversibili per il personale di Stabilimento e per la popolazione”. È quanto scrive il custode giudiziario dell’ex Ilva Barbara Valenzano nella relazione che ha portato nuovamente al sequestro dell’Altoforno2, l’impianto in cui 12 giugno 2015 morì l’operaio 35enne Alessandro Morricella colpito da una colata di ghisa. Un documento finito sul tavolo del gup Pompeo Carriere a cui qualche mese fa, i legali di Ilva in Amministrazione Straordinaria avevano chiesto il dissequestro dell’impianto. Un dissequestro solo formale visto che il decreto legge fatto dal Governo Renzi e definito incostituzionale dalla Consulta aveva comunque concesso una sostanziale facoltà d’uso vincolata alla realizzazione di alcune prescrizioni. Ed è proprio sulla realizzazione di queste prescrizioni che si basa la vicenda.
Nel provvedimento con cui il gup Carriere ha rigettato l’istanza di Ilva in amministrazione straordinaria, si legge che gli interventi “sono stati realizzati nella maggior parte e dove non eseguiti Ilva ha riportato la motivazione per la non fattibilità”. Per il giudice l’azienda ha “implicitamente” riconosciuto “un’attuazione solo parziale delle prescrizioni imposte” e per quanto non portato a termine Ilva avrebbe ritenuto di “escludere che il sinistro si sia verificato per le cause assunte nell’impostazione accusatoria” e “asserendo che esso sarebbe stato dovuto invece ad una causa del tutto ‘esterna al forno propriamente detto’, ossia all’utilizzo improprio e scorretto (oltre che vietato dalle pratiche operative Ilva) della cosiddetta MAT, ossia la “massa a tappare“, mista ad altri materiali umidi per disostruire il foro di colata”.
In sostanza, i consulenti nominati dai legali dell’Ilva affermavano che Morricella era morto non perché l’impianto era da ammodernare, ma perché aveva eseguito manovre sbagliate. A questo avevano anche aggiunto la richiesta di una perizia che stabilisse le cause dell’incidente mortale, istanza respinta, però, dal magistrato che ha ribadito come solo l’approfondimento processuale può fare piena luce sulla vicenda. La mancata realizzazione di tutte le prescrizioni, quindi, rende l’Altoforno un impianto in cui ancora oggi non ci sono le condizioni di sicurezza per i lavoratori e quindi il pubblico ministero Antonella De Luca ha disposto che il custode giudiziario Valenzano avvii le procedure “per lo spegnimento del suddetto impianto secondo il cronoprogramma che verrà redatto”: un piano che potrebbe richiedere settimane e addirittura mesi.