“Sarò il primo sudafricano nero e il primo africano nero ad andare nello spazio. Quando pensi ai primi, i primi presidenti neri – Barack Obama, Nelson Mandela – solo sapere che il tuo nome sarà scritto con quelle persone è incredibile”. Lo aveva scritto Madla Maseko, il 30enne che sarebbe diventato il primo africano di colore ad andare in orbita. Maseko, però, è morto in un incidente motociclistico prima di riuscire a realizzare il suo sogno: “Voglio sfidare la gravità”, aveva detto.
Maseko, che si faceva chiamare “afronauta“, nel 2014 aveva battuto un milione di concorrenti, insieme ad altri 23 candidati, vincendo un viaggio nello spazio – messo in palio dalla “Axe Apollo Space Academy” – da compiere decollando in una data ancora da stabilire. Nato e cresciuto a Mabopane, una borgata del Sudafrica, in una famiglia povera, il suo primo paio di scarpe lo aveva avuto a sedici anni. Aveva iniziato a sognare il viaggio nello spazio dopo aver visto film come Star Trek, Armageddon e Apollo 13.
“Un africano può sognare di diventare poliziotto o avvocato ma non pilota o astronauta“, aveva dichiarato in un’intervista al Guardian. Maseko invece era riuscito a diventato un pilota e caporale nella Difesa nazionale sudafricana. La vincita del concorso per il viaggio nello spazio era diventato un motivo di orgoglio non solo personale: “Il Sudafrica ha fatto molta strada, siamo arrivati a un punto in cui siamo uguali: l’anno prossimo è il ventesimo anniversario della democrazia e quale modo migliore di celebrare se non mandare il primo nero sudafricano nello spazio?”, aveva detto il 30enne, che ha ispirato molti bambini africani a perseguire carriere nel settore scientifico.
Maseko non avrebbe potuto diventare il primo astronauta semplicemente “africano”, e non anche “di colore”, perché un sudafricano bianco, l’imprenditore Mark Shuttleworth, aveva già realizzato il sogno comprando per 12 milioni di sterline un posto su una capsula Soyouz russa e passando otto giorni a bordo di una stazione internazionale nel 2002.