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Alitalia, lo Stato tornerà a gestire la compagnia. Ma per chiudere salvataggio manca un socio: rispunta Atlantia

Le Fs diventeranno azioniste con il 35%, il Tesoro avrà il 15% e il fondo QuattroR, sottoscritto da investitori istituzionali italiani, fra l'1 e il 2%. Delta ha confermato la disponibilità a sborsare circa 100 milioni per il 10% della nuova società ma il governo ha chiesto che arrivi al 20%. Quindi manca una quota tra il 28 e il 38%. L'azienda che fa capo alla famiglia Benetton starebbe preparando una proposta in cui non è escluso possa rientrare Toto

Il governo punta a chiudere la partita Alitalia entro il 15 luglio. Ma c’è già chi è pronto a scommettere che anche questa scadenza slitterà. Come se non bastasse, anche se il termine venisse rispettato, nella migliore delle ipotesi, il salvataggio Alitalia non entrerà nella fase operativa prima dell’autunno. E vedrà lo Stato tornare padrone dell’ex compagnia di bandiera: le Ferrovie diventeranno azioniste della nuova Alitalia con una quota pari al 35%, il ministero del Tesoro avrà il 15% e il fondo QuattroR, sottoscritto da investitori istituzionali italiani, incluse le casse previdenziali, assicurerà fra l’1 e il 2 per cento.

La mano pubblica tornerà quindi a gestire in prima persona l’ex compagnia di bandiera. “Non è del resto una novità nella storia della compagnia che nacque nel ’47 con denaro pubblico per volontà di governi centristi e liberali. Si riteneva che una compagnia di bandiera fosse necessaria al Paese e venne fatta una scelta in attesa che ci fossero poi capitali privati disposti ad investire nel trasporto aereo – spiega il professor Ugo Arrigo, docente di finanza pubblica all’Università Bicocca – Oggi, con i soldi che lo Stato ha immesso nella società, la compagnia è sostanzialmente già pubblica pur non essendo gestita dallo Stato. In questa fase è quindi un bene che sia la mano pubblica a rilanciare la nuova compagnia ed infine venderla sul mercato quando avrà un maggior valore”.

Nell’avventura della nuova Alitalia, Fs e Tesoro non saranno però soli. Anche perché attirerebbero le ire di Bruxelles che ha già in corso un’indagine sul prestito ponte da 900 milioni concesso dal governo. L’americana Delta, che fa parte dell’alleanza Sky team in cui è presente anche AirFrance, ha confermato la disponibilità ad affiancare Fs e Tesoro sborsando circa 100 milioni per il 10% della nuova società. Ma il governo avrebbe chiesto alla società statunitense di arrivare fino al 20 per cento. Il resto del capitale (fra il 28 e il 38%, cioè 300-400 milioni) dovrà essere coperto da un quinto socio che ancora non c’è.

Qualche novità potrebbe arrivare domani dal consiglio di amministrazione di Atlantia che potrebbe formalizzare il suo interesse ad essere della partita. Secondo indiscrezioni, l’azienda che fa capo alla famiglia Benetton starebbe infatti preparando una proposta dettagliata in cui non è escluso possa rientrare anche il gruppo Toto. Ma il clima resta molto teso come dimostra il fatto che il vicepremier Luigi Di Maio ha recentemente ricordato che una eventuale offerta di Atlantia per Alitalia non può portare a “scambi sul tavolo delle concessioni autostradali”, messe in discussione dall’esecutivo dopo la tragedia del Ponte Morandi a Genova.

Intanto, a Roma proseguono i contatti con tutti i potenziali investitori alla ricerca di una soluzione. In particolare, in queste ore, il ministro Danilo Toninelli dovrebbe incontrare l’imprenditore colombiano German Efromovich, primo socio (con il 79%) della compagnia colombiana Avianca, che si è detto pronto ad acquistare fra il 30 e il 40% della nuova Alitalia. Scomparsa dai radar Lufthansa che in compenso vede tutelati i suoi interessi attraverso l’uomo d’affari colombiano: Avianca, al pari dei tedeschi, è infatti parte del circuito Star Alliance, rivale di Sky Team. Infine non ha mollato il colpo Claudio Lotito, proprietario della Lazio Calcio. Ma il suo ingresso in scena non è visto di buon occhio dai sindacati, preoccupati dalla solidità finanziaria del suo gruppo.

Sullo sfondo resta un piano industriale “in evoluzione”, lacrime e sangue per i dipendenti e senza prospettive di sviluppo per la compagnia. E soprattutto il rischio che, chiuso il tema della nuova compagine azionaria, sia necessaria una nuova ricapitalizzazione.