Un accordo ingegnoso, un maxi affare petrolifero che aveva un solo obiettivo: far arrivare in Italia milioni di rubli per finanziare la campagna elettorale della Lega. È questo il menù di un incontro all’hotel Metropole di Mosca il 18 ottobre del 2018. Un summit tra sei uomini: tre russi e tre italiani. Uno è Gianluca Savoini, responsabile della Lega per i rapporti con Mosca, presidente dell’associazione culturale Lombardia-Russia. Savoini è l’uomo che tiene i rapporti col Cremlino e con tutto l’ambiente ex sovietico per conto di Matteo Salvini. La sua è l’unica voce individuata dal giornale online americano Buzzfeed,  che ha pubblicato la registrazione dell’audio dell’incontro all’hotel Metropole, lo stesso dove i bolscevichi si riunirono nel 1917 a scrivere la prima Costituzione sovietica. Nell’audio si sente parlare lo”stretto collaboratore” del vicepremier  Salvini con i russi. Un’ora e un quarto di dialogo in cui si discutono i termini di un accordo che avrebbe portato decine di milioni di dollari alla Lega. Un maxi finanziamento ottenuto grazie a un maxi sconto praticato dai russi alla mega fornitura di greggio. Denaro che il Carroccio avrebbe dovuto utilizzare per la campagna elettorale delle elezioni europee. Sia Salvini che Savoini, però, smentiscono che quell’affare sia avvenuto davvero. E annunciano querele.

Salvini smentisce – “Non ci sono mai stati fondi né soldi per la Lega da parte di nessuno di quelli citati da Buzzfeed. Tutte parole e blablabla, come peraltro ha appena detto Salvini”, ha detto il presidente dell’associazione Lombardia-Russia e responsabile per il Carroccio dei rapporti con Mosca. Già a febbraio Salvini aveva negato tutto: “Soldi dalla Russia? Non è arrivato e non arriverà nulla”, rispose a ilfattoquotidiano.it. Le leggi italiane, infatti, proibiscono ai partiti di accettare donazioni estere, soprattutto di questa entità. Il ministro dell’Interno non partecipò alla riunione, anche se era a Mosca in quelle stesse ore: secondo il settimanale l’Espresso, il giorno prima Salvini aveva incontrato Dmitry Kozak, il vicepremier russo. La mattina del 18 ottobre, invece, non si ha alcuna notizia sugli spostamenti del leader della Lega. Almeno fino a quando non ha pubblicato una foto su twitter che lo ritraeva all’aeroporto di Mosca, pronto a rientrare in Italia.

Gli italiani di Savoini, Luca e Francesco – Ad ascoltare l’audio di quell’incontro si capisce chiaramente che lo scopo evidente di quella riunione era un accordo petrolifero. Un affare che celava un altro obiettivo: finanziare la Lega alle europee per spingere l’Europa su una linea nazionalista, più vicina alla Federazione Russa. BuzzFeed News non è riuscito a identificare i tre russi. Gli italiani, a parte Savoini, si chiamano “Luca” e “Francesco”. Il primo ha parlato per gran parte della discussione, accreditandosi come un avvocato e sostenendo di lavorare in una banca inglese d’investimento a Londra. Il secondo parla solo italiano e a un certo punto viene definito dagli altri come “nonno“. Le trattative sono condotte soprattutto in inglese, con alcuni dei componenti che usavano spesso l’italiano e il russo: alcuni dei presenti, infatti non parlavano inglese e avevano bisogno che gli altri traducessero. 

Il meccanismo del patto: 65 milioni –Durante l’incontro per due volte i russi spiegano che avrebbero dovuto fornire i dettagli al “vice primo ministro” (cioè Kozak), spiegando di sperare di ottenere la “luce verde” da “Mr. Pligin” la settimana seguente. Vladimir Pligin è definito come “membro potente” di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin. Ma qual era il meccanismo dell’accordo? In pratica un’importante compagnia petrolifera russa avrebbe venduto almeno 3 milioni di tonnellate di carburante all’anno all’Eni per un valore di un miliardo e mezzo di dollari. L’acquisto e la vendita sarebbero stati operati attraverso intermediari, con i venditori che applicano una tariffa scontata a queste transazioni. Lo sconto avrebbe avuto un valore di circa 65 milioni di dollari, secondo i calcoli forniti al giornale americano dagli analisti del settore, ed è questo denaro che sarebbe stato incanalato – in modo segreto e tramite intermediari – al Carroccio.

“Sarà un reciproco vantaggio” – I partecipanti a quell’incontro – specifica il giornale americano – sapevano che lo scopo dell’affare e del meccanismo di sconto era quello di sostenere la Lega, in particolare la campagna elettorale per le Europee. E infatti gli italiani specificano che non intendono guadagnare nulla a livello personale e lo scopo dell’accordo non è “professionale, è solo un problema politico. Contiamo di sostenere una campagna politica che è di beneficio, direi di reciproco vantaggio, per i due paesi”.  Durante tutto l’incontro si discute di ogni dettaglio. “È molto semplice”, dice uno dei due italiani a un certo punto. “La pianificazione – continua – fatta dai nostri politici è stata che dato uno sconto del 4%, 250.000 tonellate più 250.000 al mese per un anno, possono sostenere una campagna”. È per questo motivo che secondo Buzzfeed  tutti gli interlocutori fossero a conoscenza del reale obiettivo di quell’affare. Nell’accordo c’è anche una sostanziosa somma di denaro che torna ai russi: “Quindi – dice l’italiano – se mi chiedi adesso qual è la percentuale se facciamo il 6%, la mia prima risposta è che tutto quello che è più del 4% a noi non interessa. Questa sarebbe la risposta. Non ne abbiamo bisogno perché abbiamo fatto un piano secondo cui con 4% siamo soddisfatti. Direi che non ci serve. Però se sai”. 

Eni, Lukoil, Intesa – Le transazioni proposte sarebbero strutturate attorno a tre imprese: l’italiana Eni e le russe Rosneft e Lukoil, e due intermediari. “Abbiamo Eni che sarà dalla parte italiana, sì?”, ha detto uno dei russi. “Abbiamo una compagnia petrolifera russa dalla nostra parte e abbiamo due società nel mezzo”. Nella conversazione si parla anche del ruolo di Banca Intesa: uno degli italiani spiega ai russo che la Lega aveva “un uomo lì dentro chiamato Mascetti”. “Dopo questo incontro dobbiamo parlare con il tizio che inizia con” Ma “e finisce con” etti “in modo che si incontrino dopo che i fondamentali sono chiusi. Perché Eni ha già account con Intesa“, è un altro passagio della conversazione. Andrea Mascetti siede nel consiglio d’amministrazione della filiale russa di Banca Intesa. È un uomo molto vicino alla Lega.  “Eni ribadisce con fermezza di non aver preso parte in alcun modo a operazioni volte al finanziamento di partiti politici. Peraltro, l’operazione di fornitura descritta non è mai avvenuta. Eni, in presenza di qualsiasi illazione volta a coinvolgerla in presunte operazioni di finanziamento a parti politiche, si riserverà di valutare le opportune vie legali a tutela delle propria reputazion”, replica l’azienda energetica.

Altri rubli alla destra – Il giornale con sede a New York ricorda che in passato Marine Le pen ha ricevuto prestiti per 11 milioni di euro da banche russe, nel 2014 cioè un anno dopo aver appoggiato l’annessione della Crimea. Nel 2016 Arron Banks accordi d’investimento in oro e diamanti tramite l’ambasciata russa a Londra. Banks è indagata perché avrebbe donato 8 milioni di sterline alla campagna Leave, cioè il fronte pro Brexit.  Nel maggio scorso il vicecancelliere austriaco Heinz-Christian Strache, leader dell’estrema destra, si è dovuto dimettere dopo essere stato filmato mentre prometteva appalti pubblici a una sedicente nipote di un oligarca russo appalti pubblici in cambio di fondi neri al suo partito.

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