Alfonso Di Massa, eletto con Fratelli d'Italia, si è guadagnato il ruolo di "mister preferenze" con 718 consensi. Ha già guidato da indagato, nel ruolo di consigliere "anziano", il primo Consiglio comunale nella cittadina in provincia di Salerno. Secondo gli inquirenti avrebbe pagato per fare entrare una propria parente nell'Arma dei Carabinieri
Il primo consiglio comunale dopo lo scioglimento per camorra guidato da un presidente indagato. In un’inchiesta, per giunta, che coinvolge giudici e pubblici ufficiali, in un ampio giro di corruzione (un sistema di “potere occulto“, come lo definisce uno degli arrestati). Accade a Scafati, in provincia di Salerno, dove lunedì scorso il consigliere più votato alle amministrative del 26 maggio, Alfonso Di Massa, ha riportato la politica in Aula, al termine di un lungo stop commissariale imposto dal Consiglio dei Ministri il 27 gennaio 2017, in seguito all’arresto dell’ex sindaco forzista Pasquale Aliberti, nell’ambito di un’indagine condotta dal pm della Dda di Salerno Vincenzo Montermurro. Il neo-consigliere di Fratelli d’Italia, eletto il 26 maggio scorso con 740 voti, risulta coinvolto nell’operazione “San Gennaro” della Procura di Roma. L’ordinanza ha colpito, fra gli altri, il gip di Napoli – con sezione distaccata ad Ischia – Alberto Capuano, il consigliere circoscrizionale della X municipalità di Bagnoli (Napoli), Antonio Di Dio, e il pregiudicato Giuseppe Liccardo, ritenuto da investigatori ed inquirenti vicino al clan Mallardo di Giugliano.
“Le intercettazioni – si legge nella richiesta presentata dai magistrati romani al gip – hanno documentato la ricezione di un pagamento corruttivo da parte di Alfonso Di Massa, interessato a far entrare nell’Arma (dei Carabinieri, ndr) una sua nipote”. Il consigliere napoletano Di Dio, secondo chi indaga, promette: “Una volta che passa i quiz, io prendo la ragazza, viene con me, vi faccio conoscere“. Poi Di Massa passerebbe al concreto: “Tutti in una volta i 10, o vogliamo fare 5 e 5?”, ricevendo la risposta di Di Dio: “Sì, non ci sono problemi, mi porti i 5 dopo pochi giorni… Ti sto dicendo che sono sicuro che passa pure i quiz e ti posso garantire che abbiamo la sicurezza al mille per mille che l’accompagnano loro e la fanno entrare”. Il 20 aprile, si legge nel documento dei pm, Di Massa e Di Dio si incontrano presso un bar del paese, previo accordo telefonico. “Di Massa gli consegna i primi 5mila euro pattuiti – scrivono gli inquirenti – e Di Dio conclude: ‘Tutto a posto, per il fine settimana prossimo mi porti la differenza’”. In un secondo momento, Di Massa parla direttamente con il comandante Giuseppe Menna (non indagato), attuale comandante della Capitaneria di Porto di Salerno: “Grazie del gentile pensiero che sicuramente gusteremo pensando a lei, sicuramente saranno prodotti di primissima scelta“, gli dice al telefono l’ufficiale, nell’intercettazione riportata. “Eppure – chiosano gli inquirenti – sappiamo dalla registrazione dell’incontro Di Dio/Di Massa che quest’ultimo ha consegnato denaro e non generi alimentari”.
Per tutto il pomeriggio di ieri Alfonso Di Massa si è reso irraggiungibile. Prima di candidarsi in consiglio, il neo consigliere è stato il presidente della Stu Scafati Sviluppo, società municipalizzata (poi fallita) che si occupava della “trasformazione urbana” nel comune del salernitano. E l’unico dossier di cui doveva occuparsi era quello dell’area Ex Copmes, che ha messo nei guai l’ex sindaco forzista, Pasquale Aliberti. Fra l’altro, fu proprio Aliberti a nominare Di Massa al vertice della Scafati Sviluppo. Di Massa che, va chiarito, non è indagato in quella vicenda. Ma la sua posizione mette ancora una volta in imbarazzo Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni si è visto arrestare nelle scorse settimane due suoi eletti, il presidente del Consiglio comunale di Piacenza, Giuseppe Caruso, e del consigliere comunale di Ferno (Varese), Enzo Misiano, entrambi coinvolti in inchieste legate a infiltrazioni ‘ndranghetiste nella pubblica amministrazione. Proprio i dirigenti di Fdi, contattati da IlFattoQuotidiano.it, aveva inviato una sorta di appello ai dirigenti locali per cercare di stringere le maglie dei controlli, soprattutto in relazioni alle nuove adesioni.