Il risultato economico di esercizio dell’Inps nel 2018 è stato negativo per 7 miliardi e 839 milioni, in peggioramento di 855 milioni rispetto al 2017 quando il rosso era stato pari a 6,9 miliardi. Il dato emerge dal Rapporto annuale dell’istituto, presentato dal presidente Pasquale Tridico. C’è invece un miglioramento del patrimonio netto, che grazie alla cancellazione per legge di decine di miliardi di debiti cumulati dall’ente supera i 47 miliardi, in aumento di quasi 53 miliardi rispetto all’anno precedente quando era stato negativo per 6,9 miliardi. C’è poi un avanzo finanziario di competenza complessivo di oltre 64 milioni, con una variazione positiva di più di 60 milioni in un anno. Nel Rapporto si parla di “positivi risultati” che però “non devono ridimensionare l’attenzione per le molte sfide ancora da vincere”.

Nella sua relazione, Tridico ha fatto il punto sull’andamento delle domande di reddito di cittadinanza e quota 100, le due misure bandiera del governo gialloverde. A fine giugno risultano percettori di reddito o di pensione di cittadinanza circa 840mila nuclei (di cui oltre 102.833 destinatari di pensioni di cittadinanza) per un numero complessivo di individui che supera i 2 milioni. L’importo medio cresce da un minimo di 387 euro mensili a un massimo di circa 626 euro in corrispondenza dei nuclei con cinque componenti. Nel Sud e nelle Isole risiedono i nuclei beneficiari più numerosi. Le domande di pensione anticipata con quota 100 invece a fine giugno erano 154.095. “Sulla base del trend dei primi sei mesi di applicazione, alla fine dell’anno il numero atteso delle pensioni in pagamento sarà pari a circa 205.000, per una spesa complessiva annua pari a 3,6 miliardi”. Si tratta “di un numero di beneficiari inferiore del 29% a quello che era stato stimato (290.000 per il 2019)”.

La spesa pensioni nel 2018 espressa in termini di competenza finanziaria, al netto della spesa per trattamenti per carichi familiari, è risultata pari a 265,5 miliardi con un aumento dell’1,9% (+5 miliardi) rispetto ai 260,5 miliardi del 2017. “In particolare la spesa si riferisce per 211.069 milioni alle rate di pensione a carico delle gestioni previdenziali (esclusi gli oneri a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali), con un incremento del 2,3% (+4.818 milioni) rispetto a 206.250 milioni del 2017, -54.504 milioni ai trattamenti pensionistici a carico dello Stato (di cui 50.699 milioni relativi alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali e 3.805 relativi alle rate di pensione degli invalidi civili) con un aumento dello 0,4% (225 milioni) rispetto ai 54.279 milioni del 2017. Fatto positivo è il contenimento della dinamica della spesa pensionistica complessiva dell’Inps di competenza finanziaria, comprensiva dei trasferimenti a carico dello Stato per il finanziamento degli interventi assistenziali, in rapporto al Pil che nel triennio 2016-2018 è risultata sostanzialmente costante passando dal 15,28 al 15,12% (-0,16%)”.

Al 31 dicembre 2018 i pensionati erano quasi 16 milioni, con un importo medio lordo mensile di 1.527,88 euro. I pensionati sotto i mille euro al mese sono circa 5,4 milioni, il 34,7% del totale. Il dato risulta in calo rispetto a quello del precedente Rapporto (35,9%). Per le donne la quota di chi riceve meno di 1.000 euro al mese è pari a 43,6% (3,5 milioni). Sono oltre 1 milione 189 mila (il 7,7%) coloro che al contrario percepiscono più di 3mila euro.

Parlando della prospettiva dell’introduzione di un salario minimo, l’economista ha ricordato che “su un totale di 14,9 milioni di rapporti di lavoro, il 28.9% (4,3 milioni) si colloca sotto la soglia minima di 9 lordi. L’importo complessivo delle retribuzioni lorde (comprensive della tredicesima mensilità aggiuntiva) sotto soglia è pari a 9,7 miliardi di euro. Per i soli dipendenti delle aziende private non agricole, l’incidenza dei rapporti di lavoro sotto soglia scende al 25,9%, per retribuzioni complessive pari a 7,5 miliardi. Inoltre, l’incidenza dei salari al di sotto della soglia di 9 euro risulta essere decisamente più elevata per i giovani, per i lavoratori nel sud, per le donne, e per i settori manifatturieri, settore alberghiero e ristorazione e lavoratori domestici”.

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