Quanto è ricca la Chiesa? Questa è forse una domanda che tutti si sono posti almeno una volta nella vita. E da essa ne derivano molte altre: il Papa ha uno stipendio? A chi vanno i soldi dell’8xmille? Perché la Chiesa non paga l’Imu? Il Vaticano paga le bollette? E lo Ior? Cosa si nasconde lì dentro? A queste e a molte altre domande simili prova a rispondere Mimmo Muolo, vaticanista e vicecapo della redazione romana del quotidiano della Cei Avvenire, nel suo interessante libro I soldi della Chiesa (Paoline). Ne emerge un’inchiesta inedita e molto approfondita che ha il merito di fare chiarezza e smentire anche tante fake news che ruotano attorno a questi temi. Spesso alimentate anche da coloro che sono chiamati a divulgare la realtà ecclesiale.
“Dei soldi della Chiesa – scrive Muolo – si parla da sempre. Spesso a sproposito. Per una serie di luoghi comuni, per ignoranza dei dati fondamentali, per i residui fuochi fatui di certe leggende nere, talvolta anche per cattiva fede o premeditata volontà di screditamento. Sesso e denaro, del resto, sono le armi più affilate quando si vuole mettere in cattiva luce un’istituzione come la Chiesa, in particolare la Chiesa cattolica con i suoi principali esponenti: il Papa, i cardinali, i vescovi, ma anche tanti sacerdoti, religiosi e religiose”.
Non a caso Muolo nel suo libro parte dal lessico perché molto spesso, per esempio, Cei e Vaticano vengono usati come sinonimi. “La Sede Apostolica – chiarisce il vaticanista – (o, se vogliamo usare un lessico più popolare, ancorché non del tutto esatto, il Vaticano) non ha nulla a che vedere con l’8xmille, che è invece destinato alla Chiesa in Italia (secondo le sue articolazioni geografiche) e totalmente gestito da essa”. Il giornalista precisa, inoltre, che “il ‘Vaticano’ in realtà non esiste. Esistono invece realtà ben distinte sul piano istituzionale e giuridico, benché intimamente collegate tra loro mediante la persona del Papa: da un lato abbiamo la Chiesa cattolica, dall’altro la Santa Sede o Sede Apostolica e lo Stato della Città del Vaticano”.
La Chiesa italiana riceve ogni anno, grazie alle scelte dei contribuenti relative all’8xmille dell’Irpef, una cifra che si aggira intorno al miliardo di euro. Soldi che vengono ripartiti secondo le tre finalità stabilite dalla legge: esigenze di culto della popolazione, carità in Italia e nel terzo mondo e sostentamento del clero. “Nel 2013 – ricorda Muolo – il giornalista Giuseppe Rusconi ha dato alle stampe un suo volumetto dal titolo e sottotitolo particolarmente interessanti: L’impegno. Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno. L’autore, in sostanza, ha tentato un’originale operazione: a partire dal calcolo di quanto lo Stato dà alla Chiesa tramite l’8xmille, nel libro si effettua anche il calcolo ‘di ritorno’, cioè quanto la Chiesa permette allo Stato di risparmiare tramite le sue opere e la sua attività. E il risultato è davvero stupefacente. Stando infatti alla tabella riassuntiva posta in fondo al testo, tale cifra è quantificabile in 11 miliardi di euro. In pratica 11 volte tanto rispetto alla media dell’8xmille annuo”. Ed è una realtà oggi più che mai ampiamente sotto gli occhi di tutti. Basta pensare, solo per fare alcuni esempi, alla carità in favore di tanti italiani che non riescono ad arrivare alla fine del mese e all’accoglienza dei migranti. Senza l’aiuto prezioso di tante diocesi e parrocchie tutto ciò sarebbe impossibile.
Nel suo libro, Muolo affronta un altro problema scottante. Ovvero la questione dell’Imu. Un tema che è tornato alla ribalta dopo che, nel novembre 2018, una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che la Commissione europea sbagliò a suo tempo a non chiedere all’Italia il recupero dell’Ici non versata da enti non profit, inclusi gli enti ecclesiastici. Per il giornalista “emerge sempre più il dubbio da un lato che si sia trattato di una sentenza ‘fine a se stessa’, poiché tra calcoli da fare, impossibilità di ricostruire dati del passato, prescrizioni finali, valutazioni politiche e così via, nessuno sa dire con certezza in quale modo possa essere applicata, dall’altro che quel pronunciamento sia servito solo a rinfocolare vecchie polemiche, mistificando la reale identità dei soggetti coinvolti (non solo la Chiesa) e arrecando di fatto un danno a chi con tanta buona volontà porta avanti attività di grande valore sociale”.
Muolo si sofferma, inoltre, sulle riforme finanziarie messe in atto nel pontificato di Bergoglio e sulla sua ferma volontà di intensificare la politica caritatevole della Chiesa. Per il giornalista, infatti, “bisogna considerare attentamente non solo le entrate, ma anche il patrimonio e soprattutto le finalità per cui le ricchezze, vere o presunte, vengono impiegate. Tutto il pontificato di Papa Francesco è ispirato proprio a questo criterio. Il suo ‘quanto vorrei una Chiesa povera e per i poveri’ non è un semplice slogan o un pio desiderio. È diventato anzi programma pastorale per tutta la Chiesa e azione di governo all’interno della Santa Sede e della Città del Vaticano”.