Dopo oltre sette anni dalla scomparsa della 44enne in provincia di Pisa è terminato il processo a carico dell'uomo, con la Suprema Corte che ha accettato la richiesta di confermare la condanna in primo e secondo per omicidio. È la parola fine - forse- su un caso che ha monopolizzato l'attenzione dell'opinione pubblica: ecco tutte le tappe della vicenda
Ha ucciso la moglie Roberta Ragusa e ne ha distrutto il cadavere: per questo motivo Antonio Logli è stato condannato in via definitiva a 20 anni di carcere. La Cassazione, come richiesto dalla procura, ha confermato la pena di primo e secondo grado per l’omicidio della donna, all’epoca 44enne, scomparsa nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 dalla sua casa di Gello, nel comune di San Giuliano Terme (Pisa) e mai più ritrovata. La Suprema Corte ha considerato inammissibile il ricorso della difesa dell’imputato e ha reso definitivo il verdetto emesso il 14 maggio 2018 dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze.
Con questa sentenza la Corte di Cassazione mette fine al processo a carico del 56enne. All’inizio si pensò a un allontanamento volontario. Poi gli inquirenti hanno iniziato a sospettare del marito e a convincersi che avesse ucciso la moglie durante una violenta lite nata in seguito alla scoperta da parte della donna della vera identità dell’amante dell’uomo. Si trattava di Sara Calzolaio, l’ex baby sitter fatta entrare in casa quando era ancora una ragazzina, nonché collaboratrice dell’autoscuola di famiglia, di cui tanto si fidava. Oggi la donna vive proprio insieme a Logli e ai figli di Roberta Ragusa, Daniele e Alessia, oggi di 22 e 18 anni. Che di recente, a Quarto Grado, hanno ribadito di credere all’innocenza del padre, tanto da scegliere di non costituirsi parte civile al fianco delle cugine di Roberta. Tutto ciò ha contribuito a trasformare questa vicenda in un caso mediatico in oltre sette anni di indagini, processi e ricorsi, ma anche colpi di scena, testimonianze choc e presunti avvistamenti della vittima. Logli, dipendente comunale, era da alcuni giorni in ferie ed ha atteso il verdetto insieme alla compagna Sara Calzolaio e alla figlia Alessia in un affittacamere non distante dall’ospedale di Cisanello a Pisa. All’esterno della struttura i carabinieri con auto civetta per vigilare su eventuali suoi spostamenti. Dopo la sentenza, il legale dell’uomo ha confermato che il suo assistito si consegnerà alle autorità per andare in carcere.
LE REAZIONI – “Non è giusto, non è giusto” ha urlato Sara Calzolaio, la compagna di Logli, dalla finestra della camera del b&b dove ha trascorso la giornata. In lacrime, invece, i parenti di Roberta Ragusa: “Finalmente si smetterà di dire che mia cugina era in giro a divertirsi. Mia cugina è morta, lo ha detto anche la Cassazione. Giustizia è fatta” ha detto Maria Ragusa. “Sono disperato”: questa, secondo il suo legale, la reazione di Logli, in lacrime. “Antonio è comunque una persona forte, dobbiamo stargli vicino”, ha aggiunto il suo avvocato.
LA SCOMPARSA DI ROBERTA RAGUSA – Al momento della scomparsa Roberta Ragusa aveva 44 anni. Insieme al marito gestiva una scuola-guida adiacente alla loro abitazione. Logli ha sempre sostenuto che la moglie potrebbe essere ancora viva (il suo corpo non è mai stato ritrovato) e che si sarebbe allontanata volontariamente. Eppure quella notte Roberta Ragusa stava scrivendo la lista della spesa da fare per il giorno dopo e i familiari e le amiche della donna, ma anche la stessa madre di Logli, Giancarla Tabucchi (come si evince dalle intercettazioni delle conversazioni telefoniche avvenute subito dopo la scomparsa) hanno sempre sostenuto che non si sarebbe mai allontanata dai figli. Per gli inquirenti, dunque, l’uomo fu scoperto al telefono con la sua amante, mentre era in soffitta, svelando così la sua identità. Durante la lite che seguì, avrebbe aggredito e ucciso la moglie, che nel frattempo era uscita di casa in pigiama, per poi liberarsi del cadavere prima di denunciarne la scomparsa il mattino seguente. Logli ha sempre contestato questa ricostruzione, affermando di essere andato a dormire poco prima di mezzanotte e di essersi accorto che la moglie non c’era solo al mattino, poco prima delle 7.
IL COMPORTAMENTO DI LOGLI – Diversi i comportamenti e le omissioni che hanno avvalorato la tesi dell’omicidio, nell’opinione pubblica prima ancora che nei giudici. Intanto l’aver tenuti nascosti sia la relazione extraconiugale che il litigio con la moglie, ma anche il fatto di avere ordinato all’amante e attuale compagna di gettare in un cassonetto i telefonini coi quali si sentivano quotidianamente. A smentirlo, oltre ai riscontri investigativi sulle conversazioni intercorse con Sara quella notte, ci sono stati almeno due testimoni. In particolare, c’è il racconto del vicino di casa Loris Gozi, che dice di avere visto Logli la notte della scomparsa, mentre litigava con una donna ben oltre l’orario in cui il marito di Roberta Ragusa aveva dichiarato di essere andato a dormire. Per gli inquirenti è possibile che Logli l’abbia seguita e costretta a salire in auto. Difficile stabilire il modo in cui l’imprenditrice sarebbe stata uccisa, né come sarebbe stato occultato il corpo, che non è mai stato ritrovato nonostante le diverse ipotesi che si sono succedute. Gozi ha anche dichiarato che, il giorno dopo, Logli avrebbe bussato alla sua porta per verificare di persona cosa sapesse, chiedendogli se avesse visto la moglie. Circostanza, questa, sempre negata dal diretto interessato.
IL CASO MEDIATICO – Tutto ciò ha contribuito a creare un caso mediatico analizzato in ogni dettaglio, negli anni, da diverse trasmissioni televisive che, come accade ormai sempre più spesso, forniscono a loro volta nuovi spunti. In questa vicenda è accaduto quando i figli di Roberta Ragusa, nel corso di un’intervista a Quarto Grado, si sono schierati apertamente in difesa del padre, parlando di un rapporto con la sua ex amante diverso da quello turbolento descritto dalle intercettazioni telefoniche di qualche anno fa, nelle quali Alessia Logli accusava la donna di aver trasformato il padre in “una marionetta” nelle sue mani. A un certo punto il figlio maggiore, Daniele, parlando della mamma in studio ha detto: “Roberta, nostra madre”. E quando Gian Luigi Nuzzi gli ha chiesto perché non la chiamasse semplicemente ‘mamma’, il ragazzo gli ha risposto che ormai non la vedeva più da molti anni. Tutto ciò ha contribuito ad alimentare il sospetto, nell’opinione pubblica quanto in diversi esperti, che i figli di Roberta Ragusa sia stati in qualche modo manipolati.
IL PRIMO GRADO – Dopo che a marzo 2016 la Cassazione aveva annullato il proscioglimento di Logli deciso dal gup Giuseppe Laghezza l’anno prima, l’uomo è stato condannato, con rito abbreviato, a vent’anni di reclusione in primo grado il 21 dicembre 2016 e poi in appello il 14 maggio 2018, pur rimanendo sempre libero, sottoposto alla misura cautelare del soggiorno obbligato nei comuni di Pisa e San Giuliano Terme (Pisa), dove risiede, con il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione dalle 21 alle 6. Pena – i 20 anni – che l’accusa ha chiesto alla Cassazione di confermare, mentre la difesa di Logli ha ribadito l’istanza dell’assoluzione. “Antonio Logli è un bugiardo e ha reiteratamente e pervicacemente tentato di mistificare la realtà fornendo in più occasioni una versione degli accadimenti non corrispondente al vero e spesso smentita dagli esiti investigativi” ha scritto nelle motivazioni della sentenza di primo grado il gup Elsa Iadaresta. Il giudice ha anche menzionato le dichiarazioni di Logli “che ha insistito nel prospettare un allontanamento della moglie in un momento di scarsa lucidità mentale per le conseguenze del trauma subito (durante una presunta caduta dalle scale in casa), quando invece segni fisici e psichici di tale presunto trauma – ha scritto e il gup – non furono colti da nessuno di coloro che ebbero a che fare con Roberta Ragusa prima della sua scomparsa”, neppure dal medico di famiglia.
L’APPELLO – Il processo d’appello si è svolto in camera di consiglio, ossia con aula ‘a porte chiuse’. Dentro anche uno dei figli dell’imputato e di Roberta Ragusa, Daniele Logli, appena diventato maggiorenne e che, prima dell’inizio del processo di secondo grado, aveva presentato ai giudici una memoria chiedendo l’assoluzione del padre. Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, i giudici pur confermando che si trattasse di “un processo di natura indiziaria”, hanno sottolineato che “la globale tenuta logico-probatoria della ricostruzione adottata dalla sentenza di primo grado” ha resistito anche nel procedimento d’appello, ritenendo “del tutto fantasioso e illogico pensare a un allontanamento volontario”. I giudici hanno espresso il loro convincimento sul fatto che Logli abbia ucciso Roberta Ragusa per motivi sostanzialmente economici: la perdita della scuola guida gestita in società con la moglie o delle casa di famiglia. Circostanze che avrebbero potuto presentarsi dato che, come riferito da alcune testimonianze, la donna aveva preso in considerazione l’ipotesi della separazione. Gli interessi economici dei coniugi, inoltre, “erano strettamente intrecciati e non facilmente districabili – hanno scritto i giudici – vista la partecipazione in forma societaria all’attività di famiglia alla cui conduzione la Ragusa era principalmente dedita”.