La famiglia della ragazza scomparsa, dopo avere ricevuto segnalazioni "non anonime" aveva chiesto di aprire le tombe di due principesse, morte nel 1836 e nel 1840. Ma all'interno non ci sono neanche i loro resti. Pietro Orlandi: "Le famiglie dovrebbero chiedere dove sono anche le loro parenti". E sono tanti i punti da chiarire
“Le tombe sono vuote”. Ad affermarlo per primo è stato Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia scomparsa nel 1983. Il direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, ha precisato che “si sono concluse alle ore 11.15 le operazioni al Campo Santo Teutonico nell’ambito delle incombenze istruttorie del caso Orlandi. Le ricerche hanno dato esito negativo: non è stato trovato alcun reperto umano né urne funerarie. L’accurata ispezione sulla tomba della principessa Sophie von Hohenlohe, morta nel 1836, ha riportato alla luce un ampio vano sotterraneo di circa 4 metri per 3,70, completamente vuoto. Successivamente si sono svolte le operazioni di apertura della seconda tomba-sarcofago, quella della principessa Carlotta Federica di Mecklemburgo, morta nel 1840. Al suo interno non sono stati rinvenuti resti umani. I familiari delle due principesse sono stati informati dell’esito delle ricerche”. Riscontri che aprono un altro fronte: quelle due tombe sono state aperte perché si riteneva che all’interno ci fossero dei corpi. Quanto meno i corpi delle due principesse. E invece non conservano nemmeno i loro resti. “Tutto mi aspettavo tranne che trovare tombe vuote”, ha detto Orlandi. In merito a uno dei due loculi ha spiegato che “tempo fa il custode diceva di essere stato incaricato dalla famiglia di tenere anche fiori e lumini. Mi sembra assurdo che le famiglie non sappiano. A questo punto – ha proseguito – anche loro dovrebbero risentirsi e chiedersi dove sono i resti dei loro parenti”.
Gisotti ha precisato, inoltre, che “per un ulteriore approfondimento, sono in corso verifiche documentali riguardanti gli interventi strutturali avvenuti nell’area del Campo Santo Teutonico, in una prima fase alla fine dell’Ottocento, e in una seconda più recente fase tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Al termine delle operazioni, teniamo a ribadire che la Santa Sede ha sempre mostrato attenzione e vicinanza alla sofferenza della famiglia Orlandi e in particolare alla mamma di Emanuela. Attenzione dimostrata anche in questa occasione nell’accogliere la richiesta specifica della famiglia di fare verifiche nel Campo Santo Teutonico”. Ma sono tanti gli elementi da verificare. Sgrò infatti riferisce: “Sotto una delle due tombe analizzate c’era la stanza e siamo scesi insieme al dottor Portera per andare a fare delle verifiche”, ha spiegato l’avvocato dopo le operazioni di apertura delle due tombe. Tutto lascia pensare, chiarisce Portera, “che si tratti di un ambiente abbastanza recente e di certo incompatibile con una sepoltura dell’Ottocento”. Orlandi precisa dunque che la ristrutturazione del vano trovato vuoto sotto la tomba nel Cimitero Teutonico “non era di duecento anni fa”, spiegando che le pareti erano in cemento e non in calce. “Non c’era nulla, nulla, neanche le principesse“, riferisce spiegando che le segnalazioni che avevano avuto, in merito alla possibile sepoltura di Emanuela nella Tomba dell’Angelo “non erano anonime”.
Agli accertamenti hanno collaborato il personale della Fabbrica di San Pietro, il professor Giovanni Arcudi, coadiuvato dal suo staff, alla presenza di un perito di fiducia nominato dal legale della famiglia di Emanuela Orlandi. Erano presenti, inoltre, l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, e il fratello di Emanuela. Hanno seguito tutte le fasi dell’operazione il promotore di giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Gian Piero Milano, e il suo aggiunto Alessandro Diddi, insieme al comandante del corpo della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani. Le operazioni, iniziate alle 8.15 del mattino, sono durate tre ore. Il portavoce vaticano ha anche chiarito che “sebbene la tomba indicata dal legale della famiglia Orlandi sia, infatti, quella con l’angelo che tiene tra le mani un libro aperto con la scritta ‘Requiescat in pace’, il promotore di giustizia – trattandosi di due tombe vicine ed entrambe con una edicola similare – al fine di evitare possibili fraintendimenti su quale potesse essere la tomba indicata, ha disposto l’apertura di entrambe”.
“Cercate dove indica l’angelo” si leggeva, infatti, nel messaggio arrivato nell’estate 2018 all’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, come indizio per ritrovare i resti di Emanuela. L’istanza formale per la riapertura del loculo era stata subito inoltrata al cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin. “Alcune fonti – era scritto nella richiesta depositata in Vaticano dal legale della famiglia Orlandi, il 25 febbraio 2019 – riferiscono che più persone da anni sono solite deporre i fiori in segno di pietà nei confronti dell’Orlandi che lì sarebbe seppellita. Per fugare ogni dubbio sul contenuto, si ritiene opportuno una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l’apertura della tomba alla presenza della sottoscritta di un rappresentante della famiglia Orlandi e del nostro consulente tecnico, il dottor Giorgio Portera, affinché possa partecipare alle operazioni con tutte le garanzie necessarie vista la gravità del caso”. Richiesta subito accolta dal Vaticano, ma che alla fine ha dato esito negativo.
Twitter: @FrancescoGrana