Il pm aveva chiesto 17 anni, ma la Corte d’Assise non ha accettato le attenuanti generiche. Le proteste degli ucraini presenti: "libertà per Markiv". I genitori di Rocchelli: "Per noi è comunque un momento difficile". Le associazioni giornalistiche, parti civili al processo: "Il nostro è un contributo alla verità sulla morte di chi ha perso la vita per garantire il diritto-dovere di informare ed essere informati"
La Corte d’assise di Pavia ha condannato a 24 anni Vitaly Markiv, un militare 29enne della Guardia nazionale ucraina, per l’omicidio di Andrea Rocchelli, il fotoreporter di Pavia ucciso nel 2014 nel Donbass per un lavoro. All’udienza conclusiva erano presenti numerosi connazionali di Markiv, in protesta contro la sentenza, i genitori di Rocchelli, la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Associazione Lombarda dei Giornalisti.
Il pavese Andrea Rocchelli, ucciso il 24 maggio 2014, si trovava allora nel Donbass per effettuare un reportage fotografico sulle sofferenze della popolazione civile nel territorio durante il conflitto tra esercito ucraino e filorussi. A ucciderlo fu un agguato a colpi di mortaio nel quale perse la vita anche il giornalista russo Andrei Mironov, mentre il fotografo francese William Roguelon ne uscì ferito ma riuscì a salvarsi.
L’udienza si è svolta nella Sala dell’Annunciata di Pavia, alla presenza di una schiera di giornalisti, troupe televisive italiane, ucraine e di altri Paesi, oltre che di numerosi cittadini ucraini. Il pm Andrea Zanoncelli aveva chiesto per Markiv, unico indagato per l’omicidio, una condanna a 17 anni, mentre la difesa, sostenendo che non era stato commesso il fatto, puntava all’assoluzione. Lo stesso Markiv ha rilasciato questa mattina una dichiarazione spontanea nella quale si dice innocente: “Sono innocente e ho fiducia nella giustizia italiana. Sono un soldato che ha sempre servito con onore il mio Paese”.
Il processo è durato più di un anno e la stessa sentenza è stata emessa dopo più di cinque ore di riunione di consiglio. Il risultato è stato una condanna che aggiunge 7 anni, portandoli a 24, ai 17 richiesti dall’accusa, in quanto la Corte d’Assise non ha ritenuto sussistenti le attenuanti generiche che erano state citate dal pm Andrea Zanoncelli nella sua requisitoria. Nella sentenza la Corte d’Assise ha inoltre trasmesso alla Procura di Roma la richiesta, avanzata dalla Procura, di aprire un’indagine su un ufficiale della Guardia nazionale ucraina, anche lui ritenuto coinvolto nell’omicidio di Rocchelli.
La lettura del verdetto ha dato vita ad attimi di tensione nella sala. Markiv, rivolgendosi ai numerosi ucraini presenti in aula, ha lanciato il grido “Gloria all’Ucraina!”, al quale questi hanno risposto con il grido “Gloria all’eroe!”. È stato caos anche fuori dalla Sala dell’Annunciata, dove la folla di cittadini ucraini presenti in occasione del processo, chiedendo in lacrime e a gran voce “libertà per Markiv”.
All’udienza erano presenti anche i genitori di Andrea, Rino Rocchelli ed Elisa Signori, che hanno commentato così la sentenza: “Per noi è comunque un momento difficile. Ma questa sentenza rende giustizia ad Andrea e a tutti i giornalisti che rischiano la vita per raccontare la verità”. “Ringraziamo la Procura e le forze dell’ordine per il grande lavoro investigativo svolto in questi anni – hanno aggiunto – e diciamo grazie anche ai giornalisti che hanno seguito con grande attenzione tutto lo sviluppo del processo”.
Anche la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Associazione Lombarda dei Giornalisti, erano presenti al processo come parti civili, rappresentate dagli avvocati Margherita Pisapia e Giuliano Pisapia, che ha dichiarato: “Ci siamo costituiti parte civile in questo processo con l’obiettivo di dare il nostro contributo, senza pregiudizi, all’accertamento della verità (..) sulle responsabilità della tragica morte di un coraggioso fotoreporter che ha perso la vita per garantire, anche in quei luoghi dove prevale la violenza sulla pace e sulla libertà, il diritto-dovere di informare ed essere informati.”