“Seri profili di illegittimità nell’ordinanza di custodia”. Con questa motivazione, il Tribunale del Riesame di Roma rivaluterà le esigenze cautelari per uno dei tre reati di cui è accusato Marcello De Vito, presidente (sospeso) dell’Assemblea Capitolina, e del suo socio-sodale, Camillo Mezzacapo, arrestati il 20 marzo scorso nell’ambito di uno dei rami di inchiesta sullo stadio dell’As Roma. La decisione è arrivata dalla Cassazione, in accoglimento del ricorso dei difensori, in relazione alla vicenda strettamente legata alla realizzazione dell’impianto di Tor di Valle. De Vito è ai domiciliari da una settimana dopo tre mesi passati nel carcere di Regina Coeli. Gli altri capi d’imputazione riguardano la realizzazione di un albergo nei pressi della stazione di Trastevere – per il quale è già stato scarcerato – e la vicenda relativa agli ex Mercati Generali, che non è stato ancora valutato dalla Cassazione. Immediata scarcerazione – erano ai domiciliari – per l’imprenditore Gianluca Bardelli, difeso dall’avvocato Franco Merlino, e per l’architetto Fortunato Pititto, accusati di traffico di influenze illecite.
Semplificando, se il Riesame dovesse rivedere le esigenze cautelari anche per il secondo – e più grave – capo d’imputazione dei tre, si potrebbe aprire la porta alla definitiva scarcerazione di Marcello De Vito, con il conseguente ritorno in Aula Giulio Cesare da presidente, visto che la maggioranza pentastellata in Campidoglio non ha fin qui avuto la forza di revocarlo. Situazione che ha spinto il reggente dell’Aula, Enrico Stefano, a dare le dimissioni da vicepresidente vicario. Al suo posto, sullo scranno più alto dell’Assemblea, potrebbe arrivare una delle fedelissime di De Vito, Sara Seccia. Mister preferenze 2016, fra l’altro, si è detto intenzionato a chiedere i danni anche al M5S, essendo stato cacciato dal capo politico Luigi Di Maio a pochissime ore dal suo arresto “senza seguire le procedure di garanzia a tutela degli iscritti“, hanno sottolineato gli avvocati dell’ex pentastellato.