Lo scopo era combattere negozietti etnici, phone center e altre attività ritenute poco decorose. Ma, per un eccesso di zelo, la delibera “anti-kebab” del comune di Genova rischia di ostacolare anche un importante gruppo tedesco della grande distribuzione, intenzionato ad aprire tre nuovi punti vendita nel capoluogo ligure. E di far scoppiare un caso interno alla giunta del sindaco Marco Bucci.
La storia ha del paradossale e porta indietro a giugno dello scorso anno, quando – su proposta dell’assessore al Commercio Paola Bordilli – la giunta approvava un’intesa tra Regione, Comune e Camera di Commercio volta a bandire dal centro storico gli esercizi commerciali che “contribuiscono al degrado del territorio”. Un provvedimento pressoché unico in Italia, con il divieto che copre non solo le strade su cui si affaccia il patrimonio Unesco dei palazzi dei Rolli ma tutta l’area della città vecchia, estesa oltre un chilometro quadrato. Proibite nuove lavanderie a gettone, distributori automatici, internet point, money transfer, sexy shop, compro oro, canapa shop, cover store e persino macellerie e pollerie, salvo che vendano carne “di origine italiana”.
Per non lasciare scappatoie, però, la lista degli indesiderabili prosegue con definizioni più generiche. Ad esempio vietando l’apertura di nuovi “esercizi di commercio al dettaglio e/o all’ingrosso del settore merceologico non alimentare che offrono una gamma indistinta e generalizzata di prodotti vari senza alcuna specializzazione”. Non è difficile immaginare che la descrizione sia stata cucita a pennello sui megastore cinesi famosi per vendere di tutto. Peccato che si adatti perfettamente anche ai negozi Dm, catena tedesca di drugstore diffusa in tutta Europa che, proprio come le antiche drogherie, offre un po’ di tutto: dai cosmetici agli alimentari bio, dai prodotti per la casa a quelli per la cura degli animali fino al servizio di stampa e fotocopie. E che vorrebbe inaugurare a Genova tre nuovi store – da aggiungere ai 27 già aperti tra Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – di cui due proprio nell’area resa off limits dalla delibera. Già nei primi due incontri preliminari tra i dirigenti Dm e l’assessore allo Sviluppo economico Giancarlo Vinacci – confermano dall’azienda – la questione si è posta causando un certo imbarazzo.
Una vera doccia fredda per Vinacci, che non è mai stato entusiasta delle norme “anti-kebab” e dall’inizio del proprio mandato si spende per portare nuovi investimenti commerciali sotto la Lanterna. L’assessore non ha preso bene l’imprevisto e si è rivolto direttamente al sindaco durante l’ultima tesa riunione di giunta. E Bucci, anche lui piuttosto affezionato agli investimenti stranieri, ha garantito che una soluzione si troverà.
“Stando al regolamento attuale potrebbero esserci dei problemi per l’apertura di Dm in centro storico”, ammette Vinacci sentito da ilfattoquotidiano.it. “Stiamo studiando come risolvere l’incidente e il sindaco ha garantito il suo impegno, ma sicuramente sarà necessaria una deroga o una clausola ad hoc per le grandi aziende. C’è stato un eccesso di prudenza – lamenta – dovuto alla volontà di evitare a tutti i costi nuove aperture di bassa qualità. E si è finito per mettere i bastoni tra le ruote ad un gruppo solido che tutti vorrebbero in città, anche perché porterebbe decine di posti di lavoro. Io, poi, per natura sono inclusivo, non esclusivo”, puntualizza.
“Non c’è che dire: hanno fatto un capolavoro”, attacca Alessandro Terrile, consigliere comunale del Pd. Il gruppo dem ha presentato un’interrogazione sulla vicenda, che però non è stata messa in discussione durante l’ultima seduta. “Hanno voluto perseguire il decoro con una delibera ideologica piena di cavilli e lacciuoli, e questi sono i risultati”, attacca Terrile. Non vogliamo dire, ovviamente, che non esista un problema di decoro del centro storico, ma si affronta facendo rispettare le norme che già esistono, non andando a sindacare sulla provenienza della carne in vendita nei negozi”.