Aveva passato parte dell’estate 2017 in Siria, dove si è addestrato con l’esercito curdo per poi combattere lo Stato islamico nella Brigata internazionale di liberazione, milizia composta da combattenti volontari stranieri. Aveva fatto come tanti altri militanti anarchici o dell’estrema sinistra che hanno sposato la causa curda. Per questa ragione Pierluigi Caria, detto “Luisi”, 33enne di Nuoro, militante indipendentista sardo e antimilitarista, si è ritrovato indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Cagliari per associazione eversiva, mentre la questura nuorese ne aveva chiesto la sorveglianza speciale per tre anni. Nei giorni scorsi, però, il tribunale del capoluogo ha respinto questa richiesta come è avvenuto anche a Torino nei confronti di altri due casi simili. Adesso resta ancora in piedi l’indagine e l’avvocato di Caria, Gianfranco Sollai, ha chiesto alla procura di archiviare.

Secondo la questura di Nuoro, Caria meritava la sorveglianza speciale perché sarebbe diventato pericoloso dopo aver imparato a usare armi da fuoco in un territorio, il Rojava, nel pieno del conflitto contro lo Stato islamico. Il 33enne aveva combattuto sia contro Daesh, sia contro gli eserciti turchi e siriani, e gli investigatori non escludevano “una eventuale riproposizione in Italia di tale esperienza”, riassumono i giudici. La polizia aveva portato degli elementi più nuovi per valutare la sua pericolosità sociale. Tornato dalla Siria aveva partecipato alla raccolta di fondi per un anarchico suo concittadino arrestato per aver tentato insieme ad altri di far esplodere un ordigno alla libreria “Il Bargello” a Firenze (un artificiere della polizia perse un occhio e una mano). Caria aveva anche preso parte ad alcune iniziative antimilitariste e, infine, il 13 febbraio scorso aveva partecipato a un blocco stradale organizzato a Lula (Nu) da alcuni allevatori per protestare contro il prezzo del latte. Tutte iniziative non violente, ma ritenute dalla questura di Nuoro utili per dimostrare la sua pericolosità. Invece il collegio presieduto da Giovanni Massidda ha ritenuto “deficitaria la prova dell’accertamento”: “La richiesta e gli atti non consentono di intravedere nella persona del Caria un soggetto attualmente pericoloso per la sicurezza pubblica”. Tutte le manifestazioni anarchiche, indipendentiste e antimilitariste rientrano “nel diritto del pensiero anche in forma associata che trova garanzia della carta costituzionale”.

I suoi precedenti risalgono al 2007, quando aveva 22 anni, e non sono “particolarmente gravi”. Nel 2018 è stato denunciato per aver scritto sul muro di un porto “Sotzialismu indipendentzia”, un imbrattamento che “non caratterizza il suo autore come soggetto pericoloso per la sicurezza pubblica”. E poi c’era la manifestazione con i pastori sardi per il quale il questore ha emesso un avviso orale: l’avvocato Sollai ha consegnato ai giudici i video delle tv locali in cui si vede che  “la manifestazione ha avuto un andamento assolutamente pacifico”: c’erano centinaia di persone, anche famiglie e scolaresche. Insomma, niente di pericoloso. E così dopo la decisione del tribunale pochi giorni dopo l’avvocato Sollai ha depositato una memoria per chiedere alla procura di Cagliari di porre fine all’inchiesta penale per associazione eversiva basata sul presupposto che le truppe curde-siriane dello Ypg, affiancate dalla Brigata internazionale, siano sostenute dal Pkk, il Partito curdo dei lavoratori, ritenuto un’organizzazione terroristica dalla Turchia e dagli inquirenti, ma non più dall’Unione europea. “Avevo già detto molto chiaramente di essere convinto che tutto sarebbe presto finito in una bolla di sapone e che a mio parere non avevamo niente di cui avere paura – ha scritto su Facebook Caria -. Dopo il rigetto da parte di un giudice di Cagliari della misura di sorveglianza, questa vicenda dovrebbe essersi conclusa”.

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