Musica

Quanta musica c’è in una canzone? Risponde Massimo Germini, fedele scudiero di Roberto Vecchioni

Quanta musica c’è in una canzone? No, non è la solita domanda che chiede se i suoni siano più importanti del testo; vuole essere qualcosa di più e di diverso. Allora riformuliamo e siamo più precisi: la musica di una canzone, nella fattispecie la canzone d’autore, ha un’anima differente rispetto alla musica in senso lato? E poi: tutti i musicisti virtuosi possono occuparsi di canzoni? E ancora: più musica ci metti, magari anche fatta bene, meglio è?

Le stesse domande, rivolte al testo, sono più comprensibili, perché risulta evidente che le parole di una canzone siano diverse rispetto a quelle colloquiali o a quelle di un libro in prosa (o di poesia). Anzitutto sono in metrica, poi devono essere significanti nel sodalizio musicale e agghindate in modo tale da sembrare usuali ma sorprendenti. Non è mica facile. E poi per ascoltare le parole ci vuole attenzione, quindi se sei troppo verboso rischi di annoiare, a meno che non ti chiami Francesco Guccini.

Questo succede con le parole, ma con la musica come funziona? È un argomento affascinante, tanto che la maggiore istituzione che si occupa di canzone di qualità in Italia, il Club Tenco, dal 2006 ha istituito il Premio Tenco “I suoni della canzone”. Il primo a vincerlo fu Ellade Bandini, storico batterista di Francesco Guccini e Fabrizio De André, non proprio due minori. Di seguito vorrei parlare di uno dei più autorevoli musicisti sull’argomento. Lui è Massimo Germini, chitarrista (ma suona anche mandolino, mandola, bouzouki, charango, laud), fedele scudiero di Roberto Vecchioni da oramai quasi 20 anni, ma nel tempo collaboratore di Grazia Di Michele, Rossana Casale, Davide Van De Sfroos, Paolo Fiorucci e molti altri raffinati artisti.

La canzone d’autore non è solo fatta di parole, come i più distratti amano credere. E ovviamente non è nemmeno solo musica. In sostanza: non basta saper suonare la chitarra. Di chitarristi bravi ce ne sono tanti, ma ci vogliono una sensibilità e una passione particolari per “vestire” una canzone e per suonarci dentro, soprattutto dal vivo. Germini sembra d’accordo: “Le caratteristiche principali a mio avviso sono diverse. Ti deve piacere quello che stai suonando in modo da contribuire attivamente all’arrangiamento. Devi creare un feeling con il cantante di turno tale da riuscire a cogliere le sfumature interpretative, creando un piacevole tutt’uno emotivo. Devi avere una particolare attenzione per le dinamiche, anticipare le intenzioni di calo e crescita di intensità”.

Molto spesso capita che Germini e Vecchioni siano soli sul palco. Per certi aspetti, i brani chitarra e voce hanno una forza particolare e inarrivabile, persino più che con un’intera orchestra. In questo senso, è interessante riportare alcune parole di Giorgio Gaber: “Con la sola chitarra viene benissimo; cioè, altrimenti è sempre una specie di tradimento di una emozione iniziale, anche se è chiaro che non è che con la chitarra riesci a fare quello che puoi fare con un’orchestra, però riesci ad avvertire, in quel momento di solitudine strumentale, già quello che poi sarà e che invece poi non sarà mai”. Insomma non basta saper suonare, il musicista deve “sentire” la canzone. Un conto è scrivere la canzone e darle una potenzialità musicale: lì un bravo cantautore sa già cosa fare da solo. Ma poi quel brano non sta nella sola scrittura; anzi l’esecuzione si fa scrittura su scrittura. La canzone per esistere deve succedere.

Nel caso di Vecchioni e Germini, l’intesa è massima. Perché Vecchioni oramai ha una capacità interpretativa mostruosa; perché Germini ne rispetta ogni respiro, ogni pausa, ogni enfasi, e anzi ogni volta l’arpeggio o la pennata dialoga con il cantautore e con il senso più intimo dei brani. Queste cose un ascoltatore attento le sente; e si presume che chi ascolti le canzoni di uno come Vecchioni non lo faccia per ballare a tempo. Magari a volte succede, ma – ecco – non credo sia la sua particolarità precipua.

Le belle canzoni dei cantautori sono perle preziose che sanno battere il tempo e le mode musicali, perché – in punta di penna e melodia – descrivono prima di tutto l’essere umano, con vizi e virtù che questi abita da sempre. Ecco: un bravo musicista che “sente” questo genere di brani sa incastonare la pietra preziosa nel giusto contorno di madreperla. Non mi pare poco.

Foto di Mauro Vigorosi