Avrebbe potuto usare il suo cognome della Milano bien. Invece ha scelto uno pseudonimo e quando si è presentata alle case editrici, tutte a chiedersi: “Perché non sfruttare il bacino di conoscenze che le avrebbe portato il suo nome?”. Poi si è rivolta a Elisabetta Sgarbi che invece: “Lo pubblico, anche con pseudonimo”. E così l’opera prima di Anne Hamilton, Fuga da Parigi, vede la luce con La nave di Teseo. Scoppia subito la scintilla di un piccolo caso letterario alla Elena Ferrante e forse Elisabetta lo aveva intuito. Il tam tam parte dai salotti della Milano d’intelletto/chic è cominciato: “Chi è Anne?… Hai letto l’ultima recensione?”.
Io conosco l’identità della signora, bella, elegante e intelligente, ma rispetto il suo desiderio di anonimato. Come Philip Roth diceva di sé: “Ho scritto per vedere se ero capace. Ho fatto molta fatica e a volte ho pensato di buttare via tutto, non ero soddisfatta e non lo sono ancora”.
Si firma con l’alter ego Anne, ma la biografia che compare sulla quarta di copertina non è inventata del tutto: argentina, laureata in letterature straniere, umanista nel dna, appassionata di cinema e musica. Incuriosita da tre quadri scovati al mercato delle pulci a Parigi e seguendo le indicazioni dei timbri stampati sul retro, ripercorre le loro gesta che si intrecciano con la storia d’amore dei protagonisti erranti, Jean Louis e Hortensia, e con i destini dell’Europa invasa dai nazisti. Una raccolta di scatole cinesi, una storia dentro l’altra. Le lettrici/followers di Anne/Hortensia la rincorrono da Parigi a Buenos Aires, passando per New York, ansiose di mescolare i loro patimenti con quelli della protagonista, la moglie di un aristocratico russo, Daniel, scappato a Parigi dopo la caduta dello zar e che si rivelerà essere un marito inutile, arido, opportunista, oltre che dannoso e pericoloso. E sulle macerie di una guerra in corso Hortensia si lascerà travolgere dalla passione per Jean Louis, assistente di Daniel. Jean Louis è l’eroe tragico, un po’ alla Hemingway: i suoi genitori deportati, muoiono nel campo di concentramento di Drancy, terribile campo di raccolta degli “indesiderati”. Daniel avrebbe potuto, grazie alle sue frequentazioni con i capi nazisti, salvare i suoi genitori, invece non mosse un dito.
Visto chei Daniel è un’esperto gallerista il libro si fa leggere anche come un thriller d’arte. Hitler era un collezionista e nei paesi occupati saccheggiava case e musei delle loro opere d’arte. I tre quadri diventano il fil rouge intorno al quale si dipana una trama fittissima di vendette, tradimenti, accuse di collaborazionismo e colpi di scena. Ma Hortensia e Jean Louis, gli amanti in fuga che noi inseguiamo per 10 anni, rimarranno fedeli fino all’ultimo alla loro promessa di amarsi per sempre.
Prendi il libro in mano e non lo molli più, 405 pagine volano rapide. E così tira aria buona alla Milanesiana, ventesima edizione di incontri letterari, perché il libro è un ottimo accompagnatore per i giorni di vacanza.
E un invito alla scrittura, alla contemplazione e alla riconnessione viene anche da Houston, oltre che dalla rassegna milanese: alla sede Nasa è partita la campagna globale di MontBlanc per il lancio della penna “Starwalker”. Si tratta di una versione limitata in platino, altrimenti in pregiata resina nera. Un piccolo capolavoro di design è il cappuccio a cupola traslucido, che evoca la terra che sorge sopra l’orizzonte lunare. Ha presentarla è Leroy Chiao, l’ex astronauta e comandante della stazione spaziale, testimonial MontBlanc e testimone della fragilità della Terra, che ha trascorso 229 giorni nello spazio nel corso di quattro missioni. Guardando il nostro pianeta dalle stelle ha descritto la sua ipnotica aura blu: “Mentre orbiti intorno alla terra, realizzi la maestosità del nostro Pianeta Blu, la nostra casa. La terra è viva, lo capisci davvero quando la guardi per la prima volta dall’alto.”
Un’ultima chicca da fashionista: la custodia rigida con immagine della terra vista dallo spazio si può usare anche come clutch.